Edgar Borges | L’uomo non mediatico che leggeva Peter Handke | Lavieri Edizioni

Ultime Novità Editoriali L’uomo non mediatico che leggeva Peter Handke , è descritta dal suo autore come «una indagine rom...

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L’uomo non mediatico che leggeva Peter Handke, è descritta dal suo autore come «una indagine romanzata in chiave di diario». Il protagonista è, consapevolmente, come ossessionato dall’opera di Peter Handke ma ciò non gli impedisce di vedere il graduale deterioramento dei suoi rapporti con la famiglia e il lavoro. I suoi interessi e le sue sensazioni sembrano veicolate solo dalla letteratura, le sue comunicazioni con il mondo intrappolate nella velocità dei media elettronici. Una possibilità di riscatto da questa sorta di «autismo mediatico» arriverà, alla fine, dalla sua stessa ricerca.



Porta 1
La cartellina dei documenti importanti *
(Ovvero: tutto accadde un dicembre)


Gijón, Mercoledì 1. Vivere in un appartamento ha il suo paradosso: sei convinto di far parte di una comunità. Ciò che non è chiaro è se si tratta di una comunità di liberi residenti o internati a libera uscita. (Anche andare avanti e indietro per la città ha il suo paradosso). Stamattina ho inviato la prima Lettera contro l’oblio del mese al mio amico Marcelo Colussi. (A dire il vero si tratta di posta elettronica, ma visto che è in Guatemala, io e “l’argentino giramondo” ci siamo abituati a definire mail queste lettere settimanali. Posta, mail, lettera. Guatemala, Spagna, Venezuela e Argentina in testa. Sì, continuerò a chiamarla lettera.

Entro in camera, le ante dell’armadio sono aperte, per terra fogli sparsi. Guardo l’orologio appeso al muro: le sette di sera. Nell’armadio le cartelle si confondono ai quaderni. Una delle mie figlie ha aperto l’armadio senza il mio permesso. I fogli sparsi appartengono alla cartella degli articoli su Peter Handke. Nell’armadio manca il libro Tutto Mafalda. È stata Camila, da quando ho messo la copertina al suo libro, preferisce che glielo custodisca io. Le ho detto mille volte che per prendere qualcosa dall’armadio deve chiedermi il permesso. (Mi avvicino alla scrivania di fianco al letto, prendo gli appunti e una matita).

– Camila!

Vediamo se mi dice il solito “non sono stata io” o dà la colpa a Miranda. Non mi sorprenderebbe nemmeno se Nathalie venisse qui in qualità di avvocato difensore. Lei crede di far bene a nascondere i guai delle bambine. Tra tutte le mie cartelline, quella contenente gli articoli su Peter Handke la ritengo tra le più importanti. Nel 2007, ero appena arrivato in Spagna, una delle mie prime manie è stata conservare tutto ciò che veniva pubblicato su Peter Handke. Anche se, a dire il vero, la maggior parte sono articoli scaricati e stampati. El País, Le Monde, Le Figaro, giornali che un tempo hanno mitizzato la voce letteraria di Peter Handke. “Il più grande scrittore austriaco con Thomas Bernhard”, “L’uomo che ha rinnovato la letteratura in lingua tedesca della seconda metà del ventesimo secolo”, “Scrittore, poeta, drammaturgo, talvolta regista, ma sempre e comunque geniale, signor Peter Handke”. Ho trovato titoli del genere negli archivi dei più importanti quotidiani d’Europa. Si è trattato, senza dubbio, del “momento di gloria” di Peter Handke, secondo la “grande stampa” europea.

È bastato che negli anni novanta Handke prendesse posizione sulla guerra nei Balcani per far svanire la magia. Lo scrittore che diverte il mondo con i propri sogni irrealizzabili non faccia scendere le proprie idee sulla terra, questo è stato il (vecchio) motto che gli è stato incollato. Nei primi dieci anni del ventunesimo secolo, lo scrittore è diventato un obiettivo mediatico. Prima gli hanno scaricato addosso un arsenale di notizie, poi è arrivata la fase del silenzio. Si uccide l’idolo letterario per far tacere l’uomo. Gran parte della battaglia se la sono spartita il Frankfurter Allgemeine e il settimanale Nouvel Observateur.

– Non fa niente, Camila. Va’ da mamma e Miranda

Lascio andare Camila (con il suo sorriso da “non ho fatto niente”) accompagnata dall’avvocato e del procuratore capo. Il caso vuole (o non so cosa) che tra i fogli sparsi scopro l’articolo Handke e la Serbia, poeti e lacchè di Hermann Tertsch. L’articolo, pubblicato nel 2006, è una delle ossessioni giornalistiche più estreme che io ricordi. El País non avrebbe mai dovuto permettere una tale assurdità. Il testo inizia come se fosse la descrizione dell’anticristo:

È già da molti anni che si dedica a insultare dio e il demonio, l’Europa e gli yankees ed altri. Il quotidiano Frankforter Allgemeine temeva – già da un lustro, Fondazione Carlos de Amberes a Madrid – che quell’eterno bambino, ormai non più bambino, il sessantenne infantile della letteratura austriaca, il buon poeta e il più arrabbiato, Peter Handke, si scagliasse contro i suoi interlocutori con qualcosa di più della violenza verbale.

E dopo l’autore si lancia la crocifissione dello scrittore:

... Fu durante un dibattito sui Balcani che Handke ribadì che la politica di terra bruciata del regime serbo di Milošević rappresentava la sua scelta morale per la crisi e che, per quanto assomigliasse alle soluzioni genocide naziste in Europa dell’Est agli inizi della II Guerra Mondiale, l’avrebbe comunque sostenuta. Erano passati molti anni, forse dagli inni di Neruda a Stalin, che un apprezzato scrittore non si schierava con i dittatori criminali e genocidi in un modo così diretto e assoluto.

È possibile che Handke sia un personaggio più tragico dello stesso Slobodan Milošević (scrive così perché Handke aveva definito Milošević un personaggio tragico), disgraziato figlio di suicidi, amante sottomesso, camerata codardo e docile con i suoi capi implacabile gradasso con tutti i sottoposti, che fosse la Neogradska Banka o la cupola dello Stato jugoslavo.

Ricordo la prima volta che lessi l’articolo di Hemann Terstsch. Ho sottolineato la frase: “... disgraziato figlio di suicidi”. Lo feci come se il regolamento di conti fosse con me stesso. Pensai allora che da uomo che si trovava (e si trova) coinvolto in un processo contemplativo (che vincola il mio Io con gli altri) non avrei dovuto esprimere (nemmeno pensare) molte cose difficili indotte dalla parola avvelenata. Eppure, da figlio, ancora oggi, quante verità vorrei gridare a quell’uomo.

Qualche tempo fa Peter Handke ha dichiarato che “la Nostra venerabile Europa ha perso la ragione”. Continuo a credere che ciò che ha perso l’Europa sia la bellezza.


* Ringraziamo l’autore e l’editore per averci permesso di pubblicare un brano del romanzo L’uomo non mediatico che leggeva Peter Handke, Lavieri Edizioni,  Sant'Angelo in Formis (Caserta), 2016. 




EDGAR BORGES(1966) è nato a Caracas, Venezuela, e risiede in Spagna dal 2007. Nella sua opera è sempre presente l’idea che l’essere umano è un costruttore e un distruttore di realtà. I suoi personaggi si trovano sempre in situazioni in cui devono decidere se sono pedine di un destino già determinato o compositori di una nuova trama. La sua è un’idea di letteratura come opportunità di confronto e di cambiamento; le sue parole cercano sempre di tessere un filo invisibile che mette in luce nuove storie e nuovi spazi. Tra i suoi libri ricordiamo ¿Quién mató a mi madre?, La ciclista de las soluciones imaginarias e El olvido de Bruno. Per Lavieri è apparso La contemplazione (2013); altre sue opere sono state tradotte in inglese, francese e portoghese.

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