Marina Pizzi | La stangata di nascita (2024)

  1. Piango il rimorchio perduto dietro la stangata di nascere o di vivere, è lo stesso. Vetusta carnagione il gioco fatuo questo disprezzo ...

 






1.


Piango il rimorchio perduto

dietro la stangata di nascere

o di vivere, è lo stesso.

Vetusta carnagione il gioco fatuo

questo disprezzo che chiama uccidersi

sotto la nebbia della bava neonatale.

Sconforto pallido salare gli occhi

dietro la sconfitta sterminata fitta

estro di ieri i regali d'oltre.

Inverni di letarghi e ghiri

riposano l'attesa perfino del sasso

utile alla lapide. Demolito l'anfiteatro

la poesia vaneggia aciduli doli.


2.


Idioletto il cantico neonatale


3.


Genia del sale gli occhi morenti

blasfemia di corsia sillaba buia

utili inutili concimi alla terra.

Foschia di chiodi le lampade votive

nomee di stracci le bambole stipate

sotto il letto di rigetto e fame.

Né veglia funebre né pasquale gioia

l'elemosina del vino sacro

dove chiunque è morso leggio solo.

Gioventù tu che mi fosti fosforo

nenia di amore boia da sùbito

parola mozza tronca nel calice.


4. 


Zelo lestofante voglio sparire

chirurgo d'alta classe altro sembiante

in bilico sulla rupe solo per ridere.

Piango l'ennesimo caso di calvizie

il vizio assurdo della vertigo

gotico il diavolo dell'amarezza.

Tra poco il fondo non avrà alcun tic -alcuno-

la fionda niente sassi per l'arrivo

il ripostiglio nessun ricordo di maestria.

Festività d'artista la Pietà

quando l'alone si fa aureola

contro la spugna del tempo pessimo.

Il lutto capitombola in fossa

strazio il tetro alunno nodo al dieci

zero spaccato non essere che sfascio.


5.


Vecchio è uno scempio per eroi

dolosa casa, letto di vendetta

pipistrello losco di sconfitta.

Le sabbie mobili le paludi i serpenti

d'acqua qualificano i fili spinati

amanti di tutti i dittatori.

Tra poco finiscono pozzi e grattacieli

i timbri connessi al potere del lutto

libri per topi qualunque biblioteca.

Morirò con l'estasi in gola

con i trenini che corrono magici

lungo la stanza profonda di fiordi.


6.


Scolaro raro oltre logica

piacevole ladruncolo di segreti

attore gremito di poemi.

Giumella e gomiti perdita di tutti

i calici che simulano angeli

i lividi violastri di dolori.

Balbuzie senza cresima crepare

randagio il cielo senza risposta

né tantomeno nemmeno la merenda

di allora quando l'altalena alta.

Vento stordente scapito il senno

marchiato dalla genesi mortale

dove qualora forse si rigenera

beltà di primavera la nuova rendita.


7.


Uccisa da una penna 

con il pennino d'oro

spillò il sangue logoro

sullo spartito.

Sparente lo sguardo

nulla incespicò

l'assassino se ne andò

con calma passeggiata.

Scempio d'inedia il lutto

fu frutto il salice piangente.


8.


Badante di soppiatto la rondine

accudì il ragazzo abbandonato.


9.


Senza afa né sudario

andarsene fa bene 

senza l'attesa serva.

Vile trambusto serrare la bara

quanto scorbutica la morte

tesa a squartare l'anima o forse

barare col chissà.

Più non venne nessuno a raccontare

le scorribande di correre amanti

o risse per i vicoli avariati.

Terminarono i giorni e le notti

in sguardo d'ennesimo film.

Dolere senza gioie almanacca cristalli

leggendario lo spettro del credo.


10.


Piango i soprusi che avvennero

nefande egemonie età fandonia

le faide del demonio sotto al letto.

Così candide le ninnenanne sulle culle

dove è brevetto vivere al sorriso

il cosiddetto latte nella pelle.

Finì il tempo l'arringa alla speranza

gli affetti frivoli di essere amati

sotto i ponti i barboni e i topi.

Venne da me la nenia terroristica

la fila di vandali alieni

dove i latitanti flettono i petti.

Sperduta la cresima di credere

fu vanesia la duratura rabbia

dentro il collo impiccato ad ora ad ora.

Ti credetti principe di ogni mio bacio.


11.


Scarafaggio schiacciato il tempo

ha perso la ragione di starmi accanto.


12.


Fu credula voce rovistare il tempo

sabotare botaniche carnivore

voraci le botole del secolo.


13.


Dammi un canestro per fissare

l'alba eterna.

La cornucopia per la perpetua

baita con tutte le bestiole

salvate. Rendimi le iridi

di tutti i colori. Genera da me

la betulla del fascino,

lo scivolo grandioso delle montagne

russe. Volo nel galà della morte

quando tutti sfregano rancori

a colpi di machete il vento.

L'aria trista che fa nascere pargoli

sfuria l'elemosina per sempre

la falsa monarchia della sintassi.


14.


Asperrima la giostra che si credette

priva di schiaffi contro le nuche.

Ogni buco le lettere di libri

sparlottano comete andate in corto.


15.


Ho sommerso il petto

con la Siberia 

la bici rotta

con la condanna ciclica.

Non ci sarà avvento o salvezza

in nessun codice segreto.

L'alunno più bravo

è declassato a zero.


16.


La mia vita è stata uccisa

da una viltà sicaria

da una scarica di no

da un gemellaggio morto.

Non ho più pazienza

né lacrime né crimine contro.

Patemi né noncuranza

verso la mina in gola

la vendemmia avvelenata

sotto il tiro della mummia.

Ridacchia di me l'egemonia della fine

la finestra sgraziata del lancio

la petulanza dell'idea fissa.

Volo di acrobata il tulle d'infanzia

la bugia di altare senza miracolo.


17.


Sorgivo fosse l'ultimo respiro

sorte di cometa fatale incontro

l'amante massimo 

smisurato il tempo

regalia del sorso la libertà.


18.


Si narra che la paglia

elettrizzò l'amore.

Attendere la morte non combacia

coi merletti fraterni della storia.


19.


Gli amari sforzi di chiamarsi

ottusi frequentano abachi chiusi

simboli lapidei bocche marce.

Tu non fosti che botole e libri

brivido nudo di fingerti amore

dolo nei cassetti di rantoli

rantoli e furti di lanciarci giù.

Poi la manna acerba fu rivelazione

sussurro ossuto 

resine maligne.


20.



È passata la luce per lo sgorbio

d'estero. 

Esteso scempio il cielo rotto

quando le rondini non tornano.

Posto di guardia la squadra guasta

del sangue.

Ruggine egemone il sicario asperrimo

stramaledetti i dittatori delle stragi.

Salva con me lucciola la poesia

silvana utopia le pupille pargole.

Le animule vane del petto

uccisero vanesie le primavere primule.

Musicanti muti chi giocò di azzardi.


21.


Veleni arsenici starsene ciechi

legati alla sedia d'inedia

dove la grazia fu solo l'elemosina.

Manichino diabolico il chino dilemma

del malmesso maestro senza ingegno

né genesi alla nuca il primo bacio.

Mediocri le renne natalizie

i cimiteri serrati da dio

con le risate fatue tutte tramandate.

Dispacci atomici i numeri civici.


22.


Ogni dì la forca s'insinua

nell'addio del sangue sinistro

spettro il letto che ci perseguita.

Scrivere è la nausea della noia

il vero scatto di uccidersi a vita

nessun sorriso alla mensa dei poveri.

La deportazione di massa non è mai finita

neanche negli spogliatoi dei campioni del mondo.

Sopravvissuto ai nazisti scivolò su una buccia di banana.


23.


Le rondini con le giacche festive

venerano le dita dei bambini

le rade foglie di chi lascia.

Soldati giovani giovani

appena innamorati

sparati al petto immolati.


24.


Giocattoli feriti 

irradiano la fine.


25.


Ha la memoria persa dio randagio

lutto perpetuo la moria

le scale che ruzzolano demoniache.

Dentro e fuori le mura scontente

dismettono borghi svenuti

da fragole nere avvelenate.

Ospedale per i malati poveri

tutte sperperate le spoglie.


26.


Quando la casa fa da obitorio

senza funerale solo il crematorio


27.


Enigma acrobatico fossa del senso

sevizie le ore canute

frasi brutali i no del nodo.

Si forgia di addio la sintesi

il dispaccio del marcio natale

quando ovunque stanno le tagliole.


28.


I gatti ipnotici ci perfezionano

nelle malie del sonno.

Magari se giovane tornassi

l'ispezione del cielo sarebbe la gioia.

Glicine d'amore fulmine d'incontro

le mura castellane così votive.



29.


Sono morta un po' di tempo fa

nell'elemosina fasulla della sfinge

dove trabocca il deserto in bocca.

Ridacchia di me la gioia

che non ebbi e non fui

lungo i binari fratellastri del sole.

I corredi funerari di millenni fa

fanno nascere le anime concordi

colme le spoglie di deliziosi sposi.


30.


Sia l'estate la lunga afasia

la statua stanziale dell'abbandono

il cipresso volato nell'oltre.

Impressi al viso gli zigomi d'amore

i vincoli di vicoli innamorati

dove quasi si colmano le storie.


31.


Carnefice d'occaso 

dover sparire

giammai d'amore il sorriso

soppresso dal caos vigliacco.

Solo cantò il suicida

la ronda fossile 

di uccidere chiunque.

Ferocia di addio 

i vecchi amanti guasti.

Anche la rondine si fa nefasta

quando la guerra rapina.



32.


Le strade si sono fraintese

non regalando orizzonte.

Domineddio la polvere onnipresente

miracolò il corpo giovinetto

in un costato mai crocifisso.


33.


Ormai abituro morente

per quanto fosse fosco

sembrava essere lieto.


34.


Consunto il tempo

corona funebre.

Balbettio di pettirosso

andarsene alla deriva.

Vanesio nascere la stiva

materna con la terra

uccide.

Tramortita ormai

vaneggia la stanza

la dirompente eresia

del fu innamoramento.


35.


Offesa la lirica del pozzo

sa di languire insana

sotto la frana di guerriglie e muffe.

Le case sono il fulcro del declino

le corolle di fiori secchi

crisantemi in arrivo.

Al quaderno di aste lì rimasi

addio per sempre la stellata riva

logica mentale vincere.

Il porticato con l'altalena crollò

spina nel fianco il costato enigma.


36.


Resta da compiere poco

la zattera è marcia

cinta da virgulti bruciati.

Ho guadagnato il salario

a discapito della vita

tara immensa mi ha rinchiusa.

Meringa di ieri la merenda

le dacie russe di poeti uccisi

dalle inedie d'icone avariate.

Con un verso letale andarsene

dai seni velenosi degli amori,

funamboli immortali l'oltre.


37.


Giovinezze tradite il sanatorio

quando con nere voluttà

ragazzacci uccidono.

Oggi la meno gloriosa delle origini

sbava le fontane secche

le leccornie vanesie del chissà.

Coliche di spine, dolori

rimestano crepe di discrediti

pastrani immondi essere nati.

Nulla è domani nei decubiti

delle ninfee che furono feste

frottole sterminanti gli abbracci.

Di sicuro gli scheletri gemelli

inghiottono le ginestre stremate

sotto ghigliottine di fronzoli nuziali.

Gironzola con me altri decenni

nitidi di mondi vergini

allegroni cipressi dismettere.


38.


Si scoscese la straducola del paesotto,

le lentiggini della bambina si spensero

per un severo litigio di elfi.

Frattanto la vita se ne andava

sotto la tana del basto

infima sorella l'elemosina.

Marea d'inganno la luna piena

quando qualora l'alamaro della fede

chiuda il recinto di ogni labirinto.


39.


I liquami della bara

fruttino a ritroso la nascita.

Inferi degli inferi non aver mai

accostata la felicità dei granchi

nella fatica di addio indietro al sogno.

Nella feccia di perdere

la resina calunnia contro il petto

la stasi della pergamena bianca.

Alunna della stessa classe perpetua

tua la dritta non ebbi per amore

né malconcia la guancia della morte.

Fallì cruciale qualsiasi dilemma

né tornò a casa la madre né più mai

bruciano nel sole le lucertole.



40.


Nelle oasi del passo quando avviene

elemosina grandiosa non essere

che pali spenti della luce.



MARINA PIZZI (Roma, 5 maggio 1955) è una poeta italiana. Ha pubblicato i libri Il giornale dell'esule (Crocetti, 1986), Gli angioli patrioti (Crocetti, 1988), Acquerugiole (Crocetti, 1990), Darsene il respiro (Fondazione Corrente, 1993: pubblicazione del Premio), La devozione di stare (Anterem, 1994: Premio Lorenzo Montano), Le arsure (LietoColle, 2004), L'acciuga della sera i fuochi della tara (Luca Pensa, 2006), Dallo stesso altrove (La Camera Verde, 2008, selezione), L’inchino del predone (Blu di Prussia, 2009), Il solicello del basto (Fermenti, 2010), Ricette del sottopiatto (Besa, 2011) Un gerundio di venia (Oèdipus, 2012), La giostra della lingua il suolo d’algebra (Edizioni Smasher, 2012); Cantico di stasi (Cantarena, 2013: edizione parziale), Segnacoli di mendicità (CFR, 2014); Plettro di compieta (LietoColle, 2015); Cantico di stasi (Oèdipus, 2016: edizione definitiva), Declini (Macabor, 2017), Miserere asfalto (Afasie dell’attitudine, 2007-2017 ) (La linea dell’Equatore, 2017, selezione). Miserere asfalto (Afasie dell’attitudine, 2007-2018) (Terre d’Ulivi, 2018), La cena del verbo (Raffaelli, 2018), Feritoie ogivali (Bertoni, 2018), L’andarsene del baro, (La camera verde, 2019), Afa epifanica dello steccato (Terra d’ulivi Edizioni, 2019), Finita locazione (Bertoni, 2020), Feritoie ogivali (Bertoni, 2018), Infernetti per una apolide (edita@, 2022), Caccia alla stracca (ItalicPequod, 2024). È presente in Dimmi un verso anima mia: antologia della poesia universale a cura di Nicola Crocetti e Davide Brullo (Crocetti Editore, 2023). La plaquette L’impresario reo (Tam Tam, 1985). Si sono interessati alla sua poesia, tra gli altri, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Canali, Giuliano Gramigna, Marco Giovenale, Giacomo Cerrai, Alessandro Baldacci, John Wall Barger, Alessio Zanelli, Massimo Sannelli, Ennio Abate, Antonio Devicienti. In formato digitale, on line, ha pubblicato - interamente o parzialmente - le raccolte La passione della fine, Intimità delle lontananze, Dissesti per il tramonto, Una camera di conforto, Sconforti di consorte, Brindisi e cipressi, Sorprese del pane nero, Staffetta irenica, Il solicello del basto, Sotto le ghiande delle querce, Pecca di espianto, Arsenici, Rughe d'inserviente, Ricette del sottopiatto, Dallo stesso altrove, Miserere asfalto (afasie dell'attitudine), Declini, Esecuzioni, Davanzali di pietà, L’eremo del foglio, L’inchino del predone, Il sonno della ruggine, L’invadenza del relitto, Vigilia di sorpasso, Il cantiere delle parvenze, Soqquadri del pane vieto, Cantico di stasi, La cena del verbo, Estinzione di chiarìa, Il vestitino bizantino, L'alba del penitenziario. Il penitenziario dell'alba. Diario di balbuzie. Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia on line “Vico Acitillo 124-Poetry Wave. Electronic Center of Arts”, coordinata da Emilio Piccolo (1951-2012), ha nominato Marina Pizzi poeta dell’anno. Fa parte - insieme a Massimo Bacigalupo, Milo De Angelis, Franco Loi, Tomas Tranströmer, Derek Walcott e altri autori - del Comitato di redazione della rivista internazionale Poesia, prima serie fino ad Aprile 2020. È redattrice del litblog collettivo "La poesia e lo spirito" e collabora con il portale di cultura “Tellusfolio”. Ha lavorato presso la Biblioteca di Area umanistica Giorgio Petrocchi dell'Università degli studi Roma Tre. È stata tradotta in persiano, inglese e tedesco. Molto proficua nel tempo la collaborazione con Le reti di Dedalus di Marco Palladini, Direttore dal 2006-2015. La bibliografica critica si trova in parecchi angoli. Ha fatto parte della redazione della rivista Poesia durante l’edizione mensile. Ultima raccolta inedita: Lapidi di periferia, 2021-2023; La clessidra del carcere 2023; Lo studiolo di marzapane 2023; Crepacuore di atleta 2024.


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