Jacopo Pignatiello | Otto Inediti
ASFISSIA La notte sa di ferro e di saliva stringe con la morsa un fello fiato stritola l’atra pressa punitiva la bocca spasma un nome non s...
ASFISSIA
La notte sa di ferro e di saliva
stringe con la morsa un fello fiato
stritola l’atra pressa punitiva
la bocca spasma un nome non sfiatato
la trista ombra strangola ogni promessa
la vita si contorce e poi si arresta
(così morì la sua bella voce
lasciando il silenzio boia feroce)
BOLLA DI SAPONE
Dolcemente cullata
dal vento, con splendida meraviglia
la mia cangiante bolla
di sapone irradia l’aria tersa
della sua aurea grazia.
Libra libera, limpida e leggera,
giocando un po’ con me.
Mi incanta nell’allucinata follia
di seguirmi per sempre.
Per qualche attimo vivo nel sogno
che non scoppi mai via.
ALBA ROSSA, O VENTO O GIOZZA
Galleggia nel fuoco la laguna
sui marmi i ricordi si frantumano
la pelle trova sollievo al buio
continua a bruciare al sole
cerco quegli occhi nei visi mascherati
mentre il vuoto pulsa nelle vene
e l’abisso mi sorride voluttuoso
alla stazione corre uno zaino
sembra il suo quello bordeaux
è un lampo un battito
un breve varco nel tempo
un salto in un cerchio di fumo
inseguo tra la folla la mia follia
corro il fiato si spezza
la sagoma scatta subito via
e svanisce silenziosa tra i passi
riprendo il cammino
con il suo cuore in tasca
e i pensieri che annegano nel mare
coperti dalla tenue scia di una gondola
è stata luce attesa che freme
la grazia che vizia
la magia che mai sazia
ma poi alla sera mestizia e tristizia
ora è vento che tace
ALBA
Le labbra sfiorano il bordo
della tazza rossa bollente
il suo fiato caldo mi bacia
e gioca come una bimba
appannandomi gli occhiali
è il suo buondì
osservo assonnato
il vapore danzare lento
scorrere con garbo
sfaldarsi informe
tenue tremula bruma che vagando
imita la mente intorpidita
ed evoca l’eco
di un pensiero che non torna
forse perché devo destarmi
ma sento di voler dire
qualcosa che ho perso
è come un’ombra che indugia
con passo esitante sulla porta
rossa anche quella
fisso per un po’ un punto nel vuoto
il nescafé si sta raffreddando
il velo acqueo si dirada
assaporo gli ultimi sorsi
osservo l’immagine sul fondo
e la trovo indecifrabile
la luce si affaccia
bussando piano sui vetri
prima di stendersi sul tavolo
e illuminare
le briciole di ieri sera
il tempo si piega
ma il giorno
seppur senza fretta
senza scuse
s’incammina comunque
prima di me
IMMERSIONI
Nella mia tazza rossa
si tuffa assonnato il cucchiaino:
un pesciolino argenteo
che nuota in latte e caffè.
Lo sollevo, lo osservo,
bevo, lo reimmergo
e con movimenti rotatori
lo mando all’esplorazione del fondale,
alla ricerca di pietre di zucchero
che scompaiono rapide.
Traccio spirali lente:
vortici minimi
che durano poco,
prima del ritorno della bonaccia.
Finisco così la colazione,
mentre il mattino mi mostra
la legge dei corpi:
ogni cosa muta,
ogni cosa gravita,
ogni cosa affonda.
PRIMAVERA
Colgo i fiori di marzo
percorrendo i pensieri per Zamira
su sognati sentieri.
Sto sospeso tra attese
e magie, nuove emozioni e antiche
angosce, mentre stacco
con trepidazione e speranza i petali
gialli e vaticinanti
delle margherite che accompagnano
i miei veloci passi.
Giungo a dei rosei boccioli di pesco
e i ricordi indugiano
sulla rosa rossa e il tulipano
arancione, compagni
d’amore nelle palpitanti fughe
dinnanzi alle due chiese.
Attendo nuovamente l’estendersi
della luce del giorno
e prego affinché non faccia più sera.
OTTOBRE
Fluttuano le foglie nel caldo autunno
e freme la speranza di una nuova
stagione che porti la primavera
nel periodo del ricordo dei morti.
Zamira appare scompare condotta
da luce prismatica e da un vento dolce
e come sempre riesce ad abbagliarmi
e a scandire i ritmi del mio respiro.
La sera si estende sulla durata
del giorno e il buio avvolge le strade,
ma nel raro tempo in cui lei è con me
il mattino brilla e brucia la notte.
La vendemmia esala i suoi profumi
e le fitte trame dei rami spogli
raffigurano i sentieri intricati
del labirinto di sogni che seguo.
NAVIGANDO
mare vento emozioni ricordi speranze
sprofondando in questo blu
immerso di rosso
in cui Zamira è con me senza me
sulla pagina bianca si tracciano cancellano
e riscrivono parole rivolte a lei
che scivolano sulle onde veloci
mentre il cielo precipita sulla mia testa
accarezzo la sua foto con le dita
subisco la consueta vertigine per la sua bellezza
che mi sferza più del vento
respiro senza respiro
sono asfissiato anche se i polmoni
si riempiono d’aria
sempre in bilico tra allegria e malinconia
gioia e sofferenza
tenebre e luce mi ingoiano
contendendosi la loro preda
svolazza forte il cappuccio della giacca
le palpebre si stringono
il foglio vuole come me fuggire
le mani tremano il cuore si increspa
il giorno corre vorticando
e prima della notte che sempre perdura
la notte che divora il tremolio del giorno
la notte che occorrerà attraversare
io attendo un nuovo tramonto
per ritrovarla nei suoi colori rosati
accompagnato dalla brezza
che ricorda il suono di un abbraccio.
JACOPO PIGNATIELLO si è laureato in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Letterature comparate. È attualmente insegnante di ruolo di discipline storiche e letterarie presso gli istituti scolastici superiori. Ha contribuito al volume Le attese (Ad est dell’equatore, 2015) con un articolo su L’uomo dal fiore in bocca e La camera in attesa di L. Pirandello. Ha curato la scheda riguardante l’opera Mimesis di E. Auerbach, inclusa nella raccolta di studi sul tema della borghesia inseriti nel volume Borghesia. Approssimazioni (Diogene, 2017). Ha affrontato degli studi di interesse storico sulla città di Somma Vesuviana pubblicati sul periodico «Summae Civitas» e in delle raccolte di atti di convegni. Alcuni suoi componimenti sono stati pubblicati su delle riviste online e in delle antologie poetiche.