Corrado Calabrò | Prima Attesa e altri poemi

PRIMA ATTESA Qualcosa di proteso e trattenuto allingua sottilmente il mare: l’acqua sommerge a pena un’occhieggiante lastra di cristallo. Co...





PRIMA ATTESA


Qualcosa di proteso

e trattenuto

allingua sottilmente

il mare:

l’acqua

sommerge a pena

un’occhieggiante lastra di cristallo.

Come una lente doppia

sotto l’onda incerta

la lastra in sospensione s’ispessisce

e quasi mancando

s'aggrava verso il fondo

nell’immobilità

nel silenzio nervoso,

che un’ondata

che si preannunci diversa

increspa d'impazienza.

Scompare interamente

e s'impietrisce

adesso...

... Un raggio più tiepido

un soffio più fresco:

è l'alba.

Ecco uno scoglio — scabro —

ecco una vena azzurra

nell'acqua scolorita.

Tramortito un gabbiano

— sì, voglio! —

precipita nell’onda;

è già via,

laggiù una pallida piuma

sfiora in un guizzo

una cresta di spuma

e scompare.

Fitti fitti

febbricitanti

foglietti d'acqua

accorrono a impaginarsi d’azzurro.

Di nuovo il gabbiano

s'avventa sulle lamine vibratili

e riappare,

sfocato,

e si dilegua

in uno sciabolare di riflessi.

Lo seguo

finché possibile

e lo attendo,

dopo avere distolto lo sguardo

senza peso.


(1960)


DISTACCO


Conca incolore placcata di cirri

che si distinguono appena lassù!

A veleggiare la fuggente estate

sopra il silenzio di zinco dei monti

scorrono a soffi lunghi e ripetuti

le ombre e i vapori portati dal vento,

perdutamente spinti e poi lasciati

per approdare distanziati a oriente.


Rallentata mi penetra nel petto

nella bocca e negli occhi, sostenendo

e sorpassando il suo precorrimento,

a tratti l’aria che infine si tende

stringendo gli occhi in una pena lenta,

che pure cede e come inutilmente

si svia e s'affloscia, attratta in un distacco

che aumenta al brusco cadere del vento.


Solo ora sento che mio padre è morto!

Prima dell'alba, per andare a caccia,

con lui salivo su per le colline,

tanti tanti anni addietro, incontro al vento.

Andavo, armato della sua fiducia,

e lui seguiva col passo un po’ stanco

la spalla noncurante e l'occhio altero.


Immoto, è trasalito l'orizzonte

sbloccando nella volta ingigantita

spazi latenti dietro la calotta

che arretrano in fondali opalescenti.

... Fondo di raso spianato in segreto

dalla carezza soffusa dell’alba

e in un immenso afflusso ora colmato

d'una colata liquida di vetro

che appena si distende non si fissa

ma impallidisce rivelando il vuoto!


Frange il vento la siepe di noccioli

scorre un brivido argenteo nella chioma

degli ulivi giù giù per la collina.

Chiudo gli occhi: il tuo volto è un po’ smarrito

ma il tuo cuore va al trotto sul sentiero

della mia giovinezza e la precorre

coi passi svelti di quand'ero piccolo.


Inalterato ritraspare il cielo

di sotto alla pellicola di luce,

impedita e adesiva nel suo gelo

ma che, insinuata nel suo stesso incaglio,

avanza a stento in lento disinganno

come un chiarore crescente di luna...

quasi il tocco furtivo d'una mano

attesa tanto... e poi non trattenuta

che un solo istante e come inutilmente.


... E tutto il cielo sento allontanato,

per la sua sola altezza avido e intento.


Non è avanzato tuttavia il sole...

non è caduto tuttavia il vento...


(1960)



PELLE D'OCA


M'aderisce la luce rovente

del sole sul corpo di piombo

come una doratura

spalmata su una statua,

come un involucro secco

sotto il quale la pelle

rabbrividisce a fatica.

Accanto al tronco giacciono le braccia

remi stracchi buttati sulla spiaggia.


Se aprissi gli occhi rimarrei abbagliato:

il sole apre tenaglie incandescenti

su di me a perpendicolo;

lo scudiscio del vento mi sfiora

alzando e abbassando sul viso

una nera carezza piagata.


Il mare a quest'ora secerne

elaborate correnti,

più calde, più amare di sale.

A chiazze quaglia la luce

nell’arsura rifratta

del mare assopito,

spolverato di canfora

e confetti indorati

raggrumato all’intorno, gorgogliando,

in zolle farinose

brulicanti di pulci di mare.


Sbuffi alternati del mare!

Sono uno storno con le ali spezzate

un cefalo fritto insabbiato;

sono un mollusco scavato

una valva fedele

al regime incalzante dell’onda

che sbatte

rimbalza

ritorna tacita

in un buio di riverberi

e si ringuatta.

Disossato, sento

nel dormiveglia la bava del mare

avventarsi ansimante all’arena

ai miei piedi e poi sgusciare

via riversata lungo il lido:

fa ghirlanda, leggera come pomice,

all'estremo sperone

d'una linea tenace di sabbia

orlando il nuovo flutto che sormonta.


Di colpo ventate imperiose,

in soprassalto sferzante

la lunga pazienza del mare,

sventagliano attorcigliando

come imbuti di latta i capezzoli.

Di sotto la sabbia mi logora

con mille punte le spalle,

la bocca zigrinata e intorpidita

ha un sapore ferrigno

la melma è fermentata

sotto la sabbia fradicia;

di nuovo, piccola lucida pulce,

l'occhio saltella irrequieto

ildentro il solito tondo.

Di fuori vi è un distacco netto

da cui mi ritraggo un momento,

aggirandomi all'orlo,

allucinato.


Supino, mi sento sbandare

mancare di sotto l'appoggio

come in un vuoto d’aria.

Ritorna ondulante,

a sbalzi disuguali,

un'emozione vana e intermittente

come il nostro contatto.

Io non so com'è stato:

senza volerlo, inavvertitamente

abbiamo stemperato

quasi fino allo spasimo la voglia.

E ormai

è come se tra noi

fosse interposto un vetro

che disseziona il tuo dal mio respiro.

Attimi in serie,

improlungabilmente percepiti

solo in funzione di quelli a venire

e che, come i tuoi baci intrattenuti,

quanto i grani di sabbia

quanto i capelli persi m’appartengono!

Tenerezza avvilente

e squallida smania repressa

di una quieta amorosa insofferenza,

d'una assidua e sgomenta dolcezza!


Le corde sbattono

con sfilacciature schioccanti,

corrugandosi

accorrono onde

presso la chiglia

ad allibire d'un tratto:

12è una processione emergente

di pallide creste di spuma

che s’allungano a lambire,

fremendo, pupille scolorite.

Neutra vergogna

di rimescolare acremente

— cementando alla cieca

perché non frani il tutto —

l'intimo scontento

e di avvertirmi, raggricciando, io stesso

(svuotato d'amore

e qui in mezzo al mare

— sterilmente allagato

da un affiorare

da un urgere fisso di perle —

l'adolescente

solitario e sfuggente di un tempo)

così come il limone allega i denti

e lo stridio dei gabbiani la pelle

o come, dopo la calmeria, avvertono

che torna l’apprensione

— mentre sciabordando s'imbarcano

refoli e spruzzi —

le vele


e rabbrividiscono al vento.


(1976)



NATURA FREDDA


Sei apparsa sul mio sentiero

come una nuvola fredda

che in un istante è grande quanto il cielo.

(1976)



JONICA


Quando la sera un lenzuolo di bisso

s'apre nell'acqua come le meduse

e dentro le pupille si dilata

sicché la notte sia grande quanto il mare


io vorrei la tua lingua, per il mare

salata, come un’ostia in estenuante

digiuno attesa, bavaglio di seta

che quasi non mi lascia respirare.


Ah, se annegassi con occhi di ragazzo

nella marea refluente

della tua tenerezza

— 0 quanto, quanto attesa! —

così come spingendosi

troppo al largo s'annega

nel respiro del mare

(per la sua voluttà

di carezze riandanti

inquieto come il grembo

d'un’amante, materno

per il sonno profondo

d'ogni attesa e rimpianto

ch’'esso culla nel fondo)

cautamente frenato

stasera dal cedevole

paracadute serico

dell’acqua, imbavagliato

nella lenta discesa

dal risalente piacere del mare!


(1960-1999)



CORRADO CALABRÒ è nato a Reggio Calabria nel 1935 e vive a Roma. I suoi libri: Prima attesa (Guanda, 1960), Agavi in fiore (SEN, 1976), Vuoto d’aria (Guanda, 1979 e 1980), Presente anteriore (Scheiwiller, 1981), Mittente sconosciuta (Franco Maria Ricci, 1984), Deriva (Il Gabbiano, 1989), Vento d’altura (BM Italiana, 1991), Rosso d’Alicudi, (Mondadori, 1992), Ricorda di dimenticarla (romanzo,Newton Compton, 1999), Le ancore infeconde (Pagine Lo scrigno, 2000), Una vita per il suo verso, Poesie 1960-2002 (Mondadori, 2002), Poesie d’amore (Newton Compton, 2004), La stella promessa (Mondadori, 2009), T’amo di due amori (EditVallardi, 2010), Dimmelo per SMS (EditVallardi, 2011), Password (Oédipus, 2011), Mi manca il mare, (Genesi, 2013), Stanotte metti gli occhiali da luna, (Genesi, 2015), Mare di luna, (Il Convivio, 2016). Delle sue poesie sono stati fatti vari compact disk con le voci  di Achille Millo, Riccardo Cucciolla, Giancarlo Giannini, Walter Maestosi, Paola Pitagora, Alberto Rossatti, Daniela Barra. Sono 33 i suoi libri pubblicati all’estero, in 20 lingue. Ha vinto in Spagna il Premio Internacional de Literatura Gustavo Adolfo Bécquer 2015 e a Lisbona il Riconoscimento Damião de Góis dell’Università Lusófona nel 2016.  Per la sua opera letteraria gli è stata conferita la  laurea honoris causa dall’Università Mechnikov di Odessa nel 1997, dall’Università Vest Din di Timişoara nel 2000 e dall’Università statale di Mariupol nel 2015. L’Unione Astronomica Internazionale, su proposta dell’Accademia delle Scienze di Kiev, ha dato all’ultimo asteroide scoperto il nome di Corrado Calabrò per aver rigenerato la poesia, aprendola, come in sogno alla scienza.

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