Maria Luisa Spaziani | Poesie scelte

LE PAROLE OGGI NON BASTANO Non chiedermi parole oggi non bastano. Stanno nei dizionari: sia pure imprevedibili ...






LE PAROLE OGGI NON BASTANO

Non chiedermi parole oggi non bastano.
Stanno nei dizionari: sia pure imprevedibili
nei loro incastri, sono consunte voci.
È sempre un prevedibile dejà vu.
Vorrei parlare con te – è lo stesso con Dio –
tramite segni umbratili di nervi,
elettrici messaggi che la psiche
trae dal cuore dell’universo.

Un fremere d’antenne, un disegno di danza,
un infinitesimo battere di ciglia,
la musica-ultrasuono che nemmeno
immaginava Bach.

  
PARIGI DORME

Parigi dorme. Un enorme silenzio
è sceso ad occupare ogni interstizio
di tegole e di muri. Gatti e uccelli
tacciono. Sono io di sentinella.

Agosto senza clacson. Sopravvivo
unica, forse. Tengo fra le braccia
come Sainte Geneviève la mia città
che spunta dal mantello, in fondo al quadro.


VOLO SOPRA LE ALPI


Volo sopra le Alpi, il tuo ricordo copre
la pianura del Po fino alle nevi dell’Etna.
Sei il mio paesaggio, la mia patria,
il mio emblema, il respiro profondo.

Sei l’albero di cui sono la chioma,
fiorisco alta sui tuoi folti rami.
Le tue radici mandano la linfa
che sale e canta e nutre le mie cellule.

Chi le nutriva in quegli anni incredibili
quando di te ignoravo gli occhi e il nome?
Quella voce segreta che sussurra
nei giorni giovani le sillabe: “Aspetta!”.


SONO VENUTA A PARIGI PER DIMENTICARTI 

Sono venuta a Parigi per dimenticarti
ma tu ostinato me ne intridi ogni spazio.
Sei la chimera orrida delle gronde di Notre-Dame,
sei l’angelo che invincibile sorride.

Veniamo a patti (il contadino e il diavolo):
lasciami il giorno per guardare, leggere,
sprecare il tempo, divertirmi, escluderti.
Notti e sogni, d’accordo, sono tuoi.


LA MORSA DEL SALTO 

Il desiderio è scivolare in sé,
è un ombelico interno che concentra
ogni energia, la rapida che preme
sul pettine ruggente della diga.

È scrimolo infernale, il punto-crisi
dell’acqua che sprofonda verso i quieti
allegretti del fiume. Ma mi si stringe
crudelmente la morsa del salto.


A SIPARIO ABBASSATO 

Quando ti amavo sognavo i tuoi sogni.
ti guardavo le palpebre dormire,
le ciglia in lieve tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato che si snoda
con inauditi attori e luminarie
la meraviglia.


UNA ROSA CHE SBOCCIA

Ibernati, incoscienti, inesistenti,
proveniamo da infiniti deserti.
Fra poco altri infiniti ci apriranno
ali voraci per l’eternità.

Ma qui ora c’è l’oasi, catena
di delizie e tormenti. Le stagioni
colorate ci avvolgono, le mani
amate ci accarezzano.

Un punto infinitesimo nel vortice
che cieco ci avviluppa. C’è la musica
(altrove sconosciuta), c’è il miracolo
della rosa che sboccia, e c’è il mio cuore.


LUNA D’INVERNO 

Luna d’inverno che dal melograno
per i vetri di casa filtri lenta
sui miei sonni veloci di ladro
sempre inseguito e sempre per partire.
Come un velo di lacrime t’appanna
e presto l’ora suonerà...
Lontano
oltre le nostre sponde, oltre le magre
stagioni che con moto di marea
mortalmente stancandoci ci esaltano
e ci umiliano, poi splenderai lieta
tu, insegna d’oro all’ultima locanda
lampada sopra il desco incorruttibile
al cui chiarore ad uno ad uno
i visi in cerchio rivedrò che un turbine
vuoto e crudele mi cancella.


LE TUE BRACCIA 

Lo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d’infinito.
Parlo con l’angelo, e le tue braccia d’uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.

Dove comincia l’ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?
Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.


L’INDIFFERENZA

L’indifferenza è inferno senza fiamme,
ricordalo scegliendo fra mille tinte
il tuo fatale grigio.

Se il mondo è senza senso
tua solo è la colpa:
aspetta la tua impronta
questa palla di cera.


NESSUNO DICE MAI 

Nei miei vent’anni non ero felice
e non vorrei che il tempo s’invertisse.

Un salice d’argento mi consolava a volte,
a volte ci riusciva con presagi e promesse.

Nessuno dice mai quant’è difficile
la giovinezza. Giunti in cima al cammino
teneramente la guardiamo. In due,
forse la prima volta.

  
E LUI MI ASPETTERÀ NELL’IPERTEMPO 


E lui mi aspetterà nell’ipertempo,
sorridente e puntuale, con saluti
e storie che alle poverette orecchie
dell’arrivata parranno incredibili.
Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico?
In poche note o versi qui raccolgo
i messaggi essenziali. Un altro raggio,
aria diversa glieli tradurrà.


NULLA DI NULLA

Strappami dal sospetto
di essere nulla, più nulla di nulla.
Non esiste nemmeno la memoria.
Non esistono cieli.

Davanti agli occhi un pianoro di neve,
giorni non numerabili, cristalli
di una neve che sfuma all’orizzonte
–e non c’è l’orizzonte-.


POESIE

Un fresco castagneto
Sarebbe, il mondo, un fresco castagneto
se tutto mi guardasse coi tuoi occhi.
Marroni, intensi, laghetti dorati
ai raggi dolcemente declinanti.

Così gli occhi degli angeli, castagne
che hanno perso il riccio. Il Paradiso
è quella svestizione, ogni segreto
è arrivare al cuore


NON SA, LA BARCA, RISALIRE IL FIUME

Non sa, la barca, risalire il fiume.
Nessun vento contrasta la rapida.
Felicità, gonfiavi le mie vele.
Ora smorte ricadono in lamenti.

Ma sarebbero ancora le parole
l’essenziale energia. Quel silenzio
che sempre è il limo fertile del verso,
ora è puro veleno.


REALTÀ E METAFORA

Tu, realtà e metafora, luminoso
corpo dal doppio segno. Tu moneta
d’inscindibile faccia, bianco cigno
che ingloba il suo riflesso.

Penso all’abbraccio, e all’improvviso scende
in acque buie il mio vascello ebbro.
Confluiscono oceani. L’energia,
duraturo arabesco di fulmine.


COME IN UNA CATTEDRALE

Entro in questo amore come in una cattedrale,
come in un ventre oscuro di balena.
Mi risucchia un’eco di mare, e dalle grandi volte
scende un corale antico che è fuso alla mia voce.

Tu, scelto a caso dalla sorte, ora sei l’unico,
il padre, il figlio, l’angelo e il demonio.
Mi immergo a fondo in te, il più essenziale abbraccio,
e le tue labbra restano evanescenti sogni.

Prima di entrare nella grande navata,
vivevo lieta, ero contenta di poco.
Ma il tuo fascio di luce, come un’immensa spada,
relega nel nulla tutto quanto non sei.


IL CROCEVIA

Quell’unghia che raspava contro i vetri
- cane o persona amata, mio padre o il giardiniere –
più non chiama né indugia né si ostina.
Ma esiste, più irrequieta d’ogni mare.
E’ un rumore schiacciato, una pastiglia di silenzio
che porta ancora un nome, un barlume di vita.
Capita a volte di trovare in un libro
un fiore memorabile, filigrana e fantasma.

Tutto ciò che ora è denso, un crocevia di linfe,
dovrà passare per quella cruna d’ago.
Ride e piange il presente, e si prepara al rito.
Le maschere bifronti lo guardano passare.


LA COMETA

Quel mio amore per lui aveva ali di cera
lunghe le ali sembravano eterne
battevano il cielo sicure, sfioravano picchi,
puntavano al sole con nervature nervine.

Fuse le ali ormai mi ricrescono dentro,
soltanto ora perdute mi diventano vere,
e ai cuori incauti grido: la passione è un fantasma
troppo importante, uomini, per potersi incarnare.

Chiomate vaganti comete di Halley, presagi
disastri prodigi che infiammano e gelano il sangue,
nessuno osi fissarvi, si arrischi a sfiorare
coaguli di pura lontananza –  morgane.


TESTAMENTO 

Lasciatemi sola con la mia morte.
Deve dirmi parole in re minore
che non conoscono i vostri dizionari.
Parole d'amore ignote anche a Petrarca,
dove l'amore è un oro sopraffino
inadatto a bracciali per polsi umani.

Io e la mia morte parliamo da vecchie amiche
perchè dalla nascita l'ho avuta vicina.
Siamo state compagne di giochi e di letture
e abbiamo accarezzato gli stessi uomini.
Come un'aquila ebbra dall'alto dei cieli,
solo lei mi svelava misure umane.

Ora m'insegnerà altre misure
che stretta nella gabbia dei sei sensi
invano interrogavo sbattendo la testa alle sbarre.
E' triste lasciare mia figlia e il libro da finire,
ma lei mi consola e ridendo mi giura
che quanto è da salvare si salverà.  


IL CAVALLO 

Viene la primavera, presto, scrivere!
In che cosa è diverso questo marzo?
Non ha le stesse tinte nè profumi
selvaggi del passato.

Ma non voglio un giardino coltivato
all'inglese o francese con zampilli
d'acque educate, statue, allegorie
e recinti di fragole e lamponi.

Vorrei quel marzo là....che anno era?
quando a cavallo saltavo le siepi.
Dov'è andato il cavallo? Sì, le siepi
fedelmente rimangono lì.


SE GLI SCALMI TRADISCONO 

Se gli scalmi tradiscono, e si allentano
i cerchioni di ferro dei remi,
e i remi laschi perdono fiducia
e si affloscia la presa della mano, 
se sei lontano, se pallidi suoni
dalla terra promessa mi raggiungono,
ah, si gonfi la vela, prenda slancio
lei, la parola, l’unico mio Dio. 


MI CULLA LA COROLLA DEL PAPAVERO 

Mi culla la corolla del papavero,
il mio sonno è lunghissimo. La strada
si agita laggiù da quattro ore.
Solo un tuo squillo potrebbe svegliarmi. 
Non mi somiglia quest’inerzia, sono
da quando amo, tutt’altra persona.
Mi culli a lungo, mi culli il papavero,
se sarà lungo il mio sogno di te.



MARIA LUISA SPAZIANI nasce a Torino il 7 dicembre 1922 è stata una poetessa, traduttrice e aforista italiana. A diciannove anni, studentessa universitaria, ancora non laureata in Lingue, dirige una piccola rivista – Il Girasole – che le consente di entrare in contatto con Umberto Saba, Sandro Penna, Leonardo Sinisgalli, dei quali pubblica alcune poesie. Discute la tesi di letteratura francese con Ferdinando Neri, argomento Marcel Proust. Nel 1949 conosce Eugenio Montale, con il quale inizia un sodalizio intellettuale e una strettissima amicizia. Nel frattempo prende corpo la sua vocazione poetica ed escono le raccolte dei suoi versi. Si comincia con Primavera a Parigi (All'insegna del pesce d'oro, 1954), seguito a ruota da Le acque del sabato, (Mondadori, 1954) e quindi da Luna lombarda (Neri Pozza, 1959), Il gong (Mondadori, 1962), Utilità della memoria (Mondadori, 1966), L'occhio del ciclone (Mondadori, 1970). Contemporaneamente prosegue un'attività di insegnamento, anche universitario (prima letteratura tedesca, poi francese). Escono suoi saggi su Proust, sul teatro francese del Seicento, e poi del Settecento, fino al Novecento. Entra nelle giurie di molti premi e nel 1978 fonda il Centro internazionale Eugenio Montale. Maria Luisa Spaziani è stata al centro di una rete di relazioni intellettuali che ha scavalcato anche i confini nazionali e che è andata da Ezra Pound a Ingeborg Bachmann, da Jorge Luis Borges a Pablo Picasso. Maria Luisa Spaziani morì a Roma il 30 giugno 2014, all'età di 91 anni. OPERE PRINCIPALI: POESIA: Primavera a Parigi, All'insegna del pesce d'oro, 1954;  Le acque del sabato, 1954; Luna lombarda, 1959; Il gong, 1962; Utilità della memoria, 1966; L'occhio del ciclone, 1970; Ultrasuoni, 1976; Transito con catene 1977; Poesie, 1979 ; Geometria del disordine 1981 - Premio Viareggio;  La stella del libero arbitrio, 1986; Giovanna D'Arco, romanzo popolare in sei canti in ottave e un epilogo, 1990; Torri di vedetta, 1992; I fasti dell'ortica, 1996 Premio Dessì per la poesía, Premio Brancati;   La radice del mare, Napoli, 1999, Premio Nazionale Rhegium Julii; La traversata dell'oasi, poesie d'amore 1998-2001, 2002; La luna è già alta, Milano,  2006; L'incrocio delle mediane, 2008;  Tutte le poesie, a cura di Paolo Lagazzi e Giancarlo Pontiggia, Milano, Mondadori, 2012; Pallottoliere celeste, 2019 [raccolta di poesie postuma]; NARRATIVA:  Donne in poesia, interviste immaginarie a celebri poetesse dell'Ottocento e del Novecento, 1992;  La freccia, raccolta di racconti, 2000;  Montale e la Volpe, scritti autobiografici, 2011;  Saggistica:  Marcel Proust e altri saggi di letteratura francese, 1959; Il teatro francese del Seicento, 1960; Ronsard fra gli astri della Pleiade, 1972; Racine e il "Bajazet", 1973; Il teatro francese del Settecento, 1974; Il teatro francese dell'Ottocento, 1975; Il teatro francese del Novecento, 1976; TEATRO: Teatro comico e no, 1992;  La vedova Goldoni, 2000;  La ninfa e il suo re. 

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