Valerio Magrelli | Poesie Scelte
Una selezione di alcune poesie da Le cavie. Poesie 1980-2018 (Einaudi, 2018), che raccoglie tutti i suoi libri a partire dall’esordio di Or...
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Una selezione di alcune poesie da Le cavie. Poesie 1980-2018 (Einaudi, 2018), che raccoglie tutti i suoi libri a partire dall’esordio di Ora serrata retinae.
Da Ora serrata retinae (1980)
Dieci poesie scritte in un mese
non è molto anche se questa
sarebbe l’undicesima.
Neanche i temi poi sono diversi
anzi c’è un solo tema
ed ha per tema il tema, come adesso.
Questo per dire quanto
resta al di qua della pagina
e non può entrare,
e non deve. La scrittura
non è specchio, piuttosto
il vetro zigrinato delle docce,
dove il corpo si sgretola
e solo la sua ombra traspare
incerta ma reale.
E non si riconosce chi si lava
ma soltanto il suo gesto.
Perciò che importa
vedere dietro la filigrana,
se io sono il falsario
e solo la filigrana è il mio lavoro.
*
Scivola la penna
verso l’inguine della pagina,
ed in silenzio si raccoglie la scrittura.
Questo foglio ha i confini geometrici
di uno stato africano
in cui disegno
i filari paralleli delle dune.
Ormai sto disegnando
mentre racconto ciò
che raccontando si profila.
È come se una nube
arrivasse ad avere
forma di nube.
Da Nature e venature (1987)
E se questi giri di serratura
non finissero più?
E se dovessi restare tutta la vita
qui fuori, a girare la chiave?
Faccio la copia delle mie chiavi
faccio la copia delle mie copie
quello che spendo per moltiplicarle
serve a togliere a ognuna il suo valore
il mio Valerio. Nel profilo dei versi
io riproduco la sagoma
dentellata delle chiavi.
*
Rosebud
Non pretendo di dire la parola
che scoccata dal cuore traversi
le dodici scuri forate
fino a forare il cuore del pretendente.
Io traccio il mio bersaglio
intorno all’oggetto colpito,
io non colgo nel segno
ma segno ciò che colgo, baro,
scelgo il mio centro dopo il tiro
e come con un’arma difettosa
di cui conosco ormai
lo scarto, adesso
miro alla mira.
*
Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo.
Da Esercizi di tiptologia (1992)
Che la materia provochi il contagio
se toccata nelle sue fibre ultime
recisa come il vitello dalla madre
come il maiale dal proprio cuore
stridendo nel vedere le sue membra strappate;
Che tale schianto generi
la stessa energia che divampa
quando la società si lacera, sacro velo del tempio
e la testa del re cade spiccata dal corpo dello stato
affinché il taumaturgo diventi la ferita;
Che l’abbraccio del focolare sia radiazione
rogo della natura che si disgrega
inerme davanti al sorriso degli astanti
per offrire un lievissimo aumento
della temperatura ambientale;
Che la forma di ogni produzione
implichi effrazione, scissione, un addio
e la storia sia l’atto del combùrere
e la Terra una tenera catasta di legname
messa a asciugare al sole,
è incredibile, no?
*
«Che la materia»
Che la materia provochi il contagio
se toccata nelle sue fibre ultime
recisa come il vitello dalla madre
come il maiale dal proprio cuore
stridendo nel vedere le sue membra strappate;
Che tale schianto generi
la stessa energia che divampa
quando la società si lacera, sacro velo del tempio
e la testa del re cade spiccata dal corpo dello stato
affinché il taumaturgo diventi la ferita;
Che l’abbraccio del focolare sia radiazione
rogo della natura che si disgrega
inerme davanti al sorriso degli astanti
per offrire un lievissimo aumento
della temperatura ambientale;
Che la forma di ogni produzione
implichi effrazione, scissione, un addio
e la storia sia l’atto del combùrere
e la Terra una tenera catasta di legname
messa a asciugare al sole,
è incredibile, no?
*
Parlano
C’è intorno una tale quiete che quasi si può udire
il tintinnare di un cucchiaino che cade in Finlandia
I. Brodskij
Ma perché sempre dietro la mia parete?
Sempre dietro, le voci, sempre
quando scende la notte iniziano
a parlare, latrano o addirittura credono
che sussurrare sia meglio. Mentre mi sento
questo filo d’aria fredda delle loro parole
che mi gela, che mi lega
e mi tormenta nel sonno.
Sempre dietro la mia parete. Ero
ai confini del circolo polare, e anche laggiù
una coppia piangeva nella sua stanza
oltre un muro trasparente, piangeva,
luminoso, tenero come la membrana
di un timpano, e io stavo lì vibrando
facevo da cassa armonica
alla loro storia. Fino a che, a casa mia,
hanno rifatto il tetto, le tubature,
la facciata, tutto, e battevano
ovunque, sopra, sotto, e battevano sempre
chiacchierando tra loro solo quando dormivo,
solo perché dormivo,
solo perché facessi da cassa armonica
alle loro storie.
*
Sul nome di un’utilitaria della D.D.R.
che in tedesco significa satellite
Satelliti di un sistema solare che si disfa,
di un nucleo che decade, libera particelle
e perde le sue perle dai fili di orbitali, chicchi
di un ticchettìo che grandinando
brillano sugli asfalti occidentali,
TRABANT rosa, beige, verde
pastello, carrozzine due tempi, tintinnanti
trabiccoli azzurrini, trine tremule,
TRABIS, patrie portatili, gingilli
di una classe fossile e stilizzata,
scatolette di latta in cui si accalca
una trepida, dolce borghesia comunista, reperti
minerali, auto di Topolino
che fuggite dal vostro pifferaio assassino,
ben arrivati ad Hameln, B.R.D. !
*
L’abbraccio
Tu dormi accanto a me così io mi inchino
e accostato al tuo viso prendo sonno
come fa lo stoppino
da uno stoppino che gli passa il fuoco.
E i due lumini stanno
mentre la fiamma passa e il sonno fila.
Ma mentre fila vibra
la caldaia nelle cantine.
Laggiù si brucia una natura fossile,
là in fondo arde la Preistoria, morte
torbe sommerse, fermentate,
avvampano nel mio termosifone.
In una buia aureola di petrolio
la cameretta è un nido riscaldato
da depositi organici, da roghi, da liquami.
E noi, stoppini, siamo le due lingue
di quell’unica torcia paleozoica.
*
L’imballatore
Cos’è la traduzione? Su un vassoio
la testa pallida e fiammante d’un poeta
Nabokov
L’imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch’io faccio cambiare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non conosco senza capire
cosa sto spostando.
Sto spostando me stesso
traducendo il passato in un presente
che viaggia sigillato
racchiuso dentro pagine
o dentro casse con la scritta
“Fragile” di cui ignoro l’interno.
È questo il futuro, la spola, il traslato,
il tempo manovale e citeriore,
trasferimento e tropo,
la ditta di trasloco.
*
Lezione di métrica
Un pettine d’acciaio fila
le note, sfila
una musica dolce di zucchero
filato. Come un incantatore
di serpenti incantato
mi ipnotizza la lingua
del suono che si srotola
mentre i denti di ferro,
il rosario di uncini,
strappano questa carne
da scortico, e sbranato
sta il cuore di chi ascolta.
Qui suonano il mio cuore!
Vezzo e lezzo. Rotto l’involucro
con la ballerina, il carillon si arresta
perché il cattivo gusto
è il suo buon guscio armonico,
l’astuccio per la perla
matta della leziosità. Notte.
Il violino di Frankenstein mi chiama.
E io sono quel mostro musicale
condannato alla ruota musicale
della sua musicale nostalgia.
Da Didascalie per la lettura di un giornale (1999)
Codice a barre
Onoriamo l’altissimo vessillo
che sventola sul regno della cosa
l’anima crittografica del prezzo
rosa del nome e nome della rosa
mazzo di steli, fascio
di tendini e di vene
— polso
per auscultare
il battito del soldo.
*
Annunci immobiliari
Affittasi villino sopra la ferrovia
con tavernetta adiacente
il capolinea dei bus
e salotto limitrofo al metrò.
Povere case abitate dal rumore
dove famiglie piccole e isolate
si stringono — uccelletti sopra i cavi
dell’alta tensione. L’alta
tensione del censo
e delle classi, l’alta
tensione del denaro,
quella scossa invisibile
che divide le vacche
nei campi, e voi da noi.
Non toccare la corrente che ti scivola accanto,
lasciala sospirare mentre romba
via sui tralicci
nel suo cupreo fiume
intrecciato.
*
L’angolo del bambino: Associazione Sostegno Malati d’Asma
Non avere paura del respiro,
perché dà e toglie come la marea:
lascialo andare senza trattenerlo,
non chiuderlo nel pozzo dell’apnea.
Devi essere indulgente col respiro,
come se fosse uno yo-yo invisibile:
se frusciando scompare e ti abbandona,
sempre frusciando tornerà infallibile.
Da Disturbi del sistema binario (2006)
Su un’aria del “Turco in Italia”
Cara Italia, alfin ti miro.
Vi saluto, amiche sponde.
Rossini
Riposa tutta quanta la Penisola
avvolta da una trepida collana
di affogati. Ognuno di loro è una briciola
fatta cadere per ritrovar la strada.
Ma i pesci le hanno mangiate e i clandestini,
persi nel mare senza più ritorno,
vagano come tanti Pollicini
seminati nell’acqua torno torno.
*
Misery non deve moriré
Il professor Terribile fruga dentro la bara di Petrarca.
Terribile è quest’opera di necrologia,
recensione di polvere,
critica del sudario.
Ma il professor Terribile fruga anche dentro il cranio
di Petrarca,
casomai vi restasse una quartina
avanzata,
una quartina di tenebra.
Terribile è l’amore di chi legge
e non vorrebbe smettere di leggere
nemmeno fra le ossa di chi scrisse.
Nota. Nella mattinata di martedì 18 novembre 2003, all’interno dell’arca sepolcrale di Francesco Petrarca presso Arquà Petrarca, Vito Terribile Wiel Marin, professore onorario di anatomia patologica nell’Università di Padova, ha avviato una ricognizione scientifica sui resti mortali del poeta, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
*
Infanzia del lavoro
Guarda questa bambina
che sta imparando a leggere:
tende le labbra, si concentra,
tira su una parola dopo l’altra,
pesca, e la voce fa da canna,
fila, si flette, strappa
guizzanti queste lettere
ora alte nell’aria
luccicanti
al sole della pronuncia.
*
Difesa e illustrazione del licantropo
Siamo giovani, barcolliamo ancora per strade irregolari, la nostra età non ci dà la calma di pensare e agire. Non conosciamo ancora la formula dello scongiuro. Soltanto il tempo potrà placare le figure meravigliosamente diseguali che frugano nel nostro intimo e lo sconvolgono.
A. von Kleist
Mio figlio copia lettere di fuoco,
maiuscole che guizzano miniate.
Scruta per ore un libro di graffiti
riproducendo sul suo quadernetto
talismani illeggibili:
li aiuta a ardere meglio disegnando,
in un futuro criptato,
l’oroscopo della sua generazione.
E cancella, e dipinge, e corregge
affinché i fiammeggianti arabeschi
si contorcano nella vampa del colore
come le vittime di un rogo sacrificale
chiamate a ammonire i passanti
e insieme mostrare l’ustione
immedicata dell’adolescenza.
*
La famiglia del poeta
Ci amiamo tanto
ma ogni cozzo è un lampo,
qui dentro, stretti stretti,
vicini ogni momento
in un sacchetto annodato dalla sorte:
si sente forte come
per gli urti ticchettiamo!
Da noi non fa mai notte,
c’è sempre uno sprazzo che scocca
illuminandoci appena ci tocchiamo.
Noi ci vogliamo bene,
ma di un bene che abbaglia
e certe volte scotta.
Noi siamo la famiglia
delle pietre focaie.
Da Il sangue amaro (2014)
Cave cavie!
A Isabelle Stengers
O forse sono cavie, queste poesie che scrivo,
per qualche esperimento concepite,
che tuttavia non so.
Non so perché si formano,
eppure mi affeziono e le chiamo per nome,
topolini vivissimi, allarmati
da che?
*
La curva
Nella curva, la stessa, in montagna,
scendendo dalla macchina,
mia figlia, piccolina,
vomitava, per strada, tutti gli anni.
Ormai la conoscevo:
come al nostro santuario, ci fermavamo
per consolarne i pianti, pulirla e passeggiare
lungo il tornante dell’alba.
Altre vacanze, noi vecchi, lei cresciuta,
ma quella sosta mi rimane in mente,
cruna della nostra famiglia
nella fuga in Egitto.
Ogni famiglia è in fuga,
solo l’Egitto cambia.
*
«Giovani senza lavoro»
I
Giovani senza lavoro
con strani portafogli
in cui infilare denaro
che non è guadagnato.
Padri nascosti allevano
quella sostanza magica
leggera e avvelenata
per le vostre birrette.
Condannati a accettare
un regalo fatato
sprofondate nel sonno
mortale dell’età,
la vostra giovinezza,
la Bella Addormentata,
langue nel sortilegio
di una vita a metà.
II
Giovani senza lavoro
chiacchierano nei bar
in un eterno presente
che non li lascia andar.
Sono convalescenti
curano questo gran male
che li fa stare svegli
senza mai lavorare.
Di notte sono normali,
dormono come tutti gli altri
anche se i sogni sono vuoti
anche se i sogni sono falsi.
Falsa è la loro vita,
finta, una pantomima
fatta da controfigure,
interrotta da prima.
*
Invettiva sotto una tomba etrusca
Latino mortale…
Apollinaire
Adesso parleranno tutti uguale,
tutti la stessa lingua che ci ha tolto la nostra.
Hanno cacciato l’alfabeto tra i campi
braccandolo come un fuggiasco, come un ladro,
l’alfabeto dei padri.
Nessuno ci capirà, e nemmeno tra noi
impiegheremo più le vecchie parole,
corrose, diroccate mura delle nostre fortezze.
Ci hanno lasciato soltanto
le tombe, l’estremo ridosso.
Perciò parlo da qui,
voce reclusa nel buio
tra forme colorate, ma immobili per sempre
come l’ultimo alito
della nostra pronuncia.
Da Guida allo smarrimento dei perplessi (2016)
[...] nous devrions pourtant [...]
Baudelaire
Questa è la mia preghiera del mattino:
controllo il mio cc ma come password
ogni volta ritrovo la tua data
di nascita.
Passo l’intero giorno senza pensarti mai,
eppure non c’è alba in cui dolente
tu non mi vieni incontro,
mentre effettuo un bonifico,
come un Lazzaro uscito dalla tomba.
Ti levi dal sepolcro del computer
e mi saluti per rimproverarmi
con l’amarezza, con quell’astio dei morti
di cui portavi in te il seme profondo
già viva. Che vogliono i morti?
Che vogliamo dai morti, per chiamarli,
con un turpe cinismo mnemotecnico?
Io sfrutto il tuo ricordo per sistemare i conti,
mentre tu torni a me,
la tua figura dura,
per fare i conti con la mia tortura.
*
I brutti gabinetti
di certi ristoranti di paese,
che hanno di speciale?
Confinano col niente.
I cani dietro abbaiano
e io mi fermo, ascolto.
Confinano col niente.
Anonimi sacrari, mite cesso
dove arrivo al confine di me stesso.
Da Sei poesie inedite (Le cavie)
Ai giovani soli per strada
gli sono cresciute le cuffie.
L'anziano cammina svagato
o corrucciato, pensa per conto suo,
ma ai giovani soli per strada
gli sono cresciute le cuffie.
Io, quando vado a spasso,
non vedo l'ora d'arrivare
e penso per conto mio;
loro, al contrario, ascoltano,
ascoltano, ascoltano, ascoltano.
Loro non fanno altro che ascoltare.
È un popolo in ascolto, che non vuole
perdere tempo, e sfrutta ogni momento
per aspirare musica. Guardali
come sfrecciano in moto o in bicicletta
e sempre avvinti al dio delle cuffiette.
Sono nutriti dalle loro flebo di note
- dipendono dai fili che pendono
e che gli somministrano catene
di liquide molecole sonore.
Un po’ pazienti, un po’ tossici,
belli, però, quando vagano assorti,
tutti votati alla pozione magica.
Da Il commissario Magrelli (2018)
Perché tanti bei posti dell’Itaglia
fanno da mangiatoia alla gentaglia,
con venditori che insultano i turisti,
con vetturini che assetano i cavalli?
Perché è diverso all’estero,
nei parchi o nelle regge,
dove la gente sussurra, come in chiesa?
Il commissario non lo sa, ma crede
che occorra riscattare la plebaglia
trasformandola in popolo,
strappandola all’ignoranza che la soffoca
così come lei soffoca i passanti:
sottrarre la plebe allo stato di plebe
cui è stata condannata lungo i secoli,
e che condanna gli altri a sopportarla.
Guarirla, insomma (un programma scontato,
vetero-illuminista,
eppure ancora disperatamente
necessario).
*
Chi dà fuoco ad un bosco
spesso è qualcuno che vive nei boschi,
ma come un lupo, un albero o una pietra:
non coglie la bellezza inerme a cui appartiene,
e dunque la distrugge
senza neanche accorgersene.
Facciamo in modo che possa comprenderla,
vuoi con la scuola, vuoi con la sanzione:
bisogna terrorizzare ed istruire.
L’incendio è un genocidio
(il commissario schiuma)
– pensare a un gemellaggio fra alberi e bambini.
Bruciare una foresta,
investire la folla con un camion,
sono la stessa cosa,
benché quelli dell’Isis agiscano per fede,
non per soldi.
Occorre far capire l’enormità del fatto,
perché l’attentatore si ritragga atterrito
anche alla sola idea di realizzarlo.
Bandiere a mezz’asta, funerali di Stato,
silenzio nelle scuole e negli uffici pubblici.
La bellezza dovrebbe incutere sgomento.
La dolcezza dovrebbe incutere un timore
reverenziale.
VALERIO MAGRELLI, nato a Roma il 10 gennaio 1957 è un poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e accademico italiano. Dopo aver frequentato il Liceo Sperimentale della Bufalotta di Roma, si è laureato in Filosofia all’Università di Roma, per poi intraprendere la carriera universitaria: ha insegnato Lingua e letteratura francese all’Università di Pisa e all’Università di Cassino. Ha tradotto autori francesi come Stéphane Mallarmé, Paul Valéry, Paul Verlaine, Roland Barthes. Ha pubblicato le raccolte di versi: Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tiptologia (Mondadori, 1992), riunite nel volume intitolato Poesie e altre poesie (Einaudi, 1996), Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi, 1999), Disturbi del sistema binario (Einaudi, 2006), Geologia di un padre (Einaudi, 2013); Il sangue amaro (Einaudi, 2014); Le cavie: poesie, 1980-2018 (Einaudi, 2018); Il commissario Magrelli (Einaudi, 2018). Docente di letteratura francese, collabora a quotidiani e riviste. Ha diretto per le edizioni Einaudi la serie trilingue della collana «Scrittori tradotti da scrittori». In prosa, ha pubblicato: Nel condominio di carne (Einaudi, 2003), La vicevita. Treni e viaggi in treno (Laterza, 2009), Addio al calcio. Novanta racconti da un minuto (Einaudi, 2010), Geologia di un padre (Einaudi, 2013). Tra i suoi lavori critici, lo studio Profilo del Dada (Lucarini 1990), e la monografia La casa del pensiero. Introduzione all’opera di Joseph Joubert (Pacini 1995), Vedersi vedersi: modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry (Einaudi, 2002), Magica e velenosa. Roma nel racconto degli scrittori stranieri (Laterza, 2010); Lo sciamano di famiglia. Omeopatia, pornografia, regia in 77 disegni di Fellini (Laterza, 2015).