Domenico Cara | Effrazioni | Inediti
Le silenziose file Sulla polvere dei marciapiedi le formiche portano il terrore e loro fren...
Le silenziose file
Sulla polvere dei marciapiedi
le formiche portano il terrore
e loro frenetiche energie;
sempre più in là, tra la pula
di un granaio e ghiaie grigie,
inevitabili, di un mare sospiroso;
alimentano tra sole e ombra
- nel crepuscolo- l’invasione leggera
sull’anonimia delle loro fatiche
in silenziose file; per più spole
il nero segno della passione
trucca intense felicità, su una
vicenda ancora mai sbiadita,
una solerte continuità d’insieme
Quiete zen
In quell’Oriente gaudioso ,
il disperso mio Occidente
spezza in due il suo Atlante,
il passato miope, i baratri
non allegorici, le lotte strette
alla storia che travolge…
Là trova una gialla irrealtà
sull’istintivo ritrarsi in una
quiete zen: magica estasi
per sognare con monologhi
ed occhi, più miti gestazioni
Un volo nel futuro
E intanto è stata vetro e onda
la migliore intenzione, un modo
d’inventare una prospettiva,
anzi un volo nel futuro, una luna
che i profeti hanno chiamato
eternità, dopo una festa con ali
di cenere, un entusiasmo clonato
di lingue incantevoli o soft
E, infatti, dopo i corrugamenti,
la chiarezza ha scelto i medi toni
di una musica audace, racconti,
sorprese e armonie prima inattese,
o colte in forme non percepibili,
quando l’eco risuona in più luoghi
e tra gli umidi resti del viadotto
Aperto mistero
Dal cielo delle parole: piogge
stanche, azzurrità trafitte,
angeli come uccelli arditi fra
i riverberi del sole, come l’amore
nel movimento sofferto di ciò
che esplode, aperto mistero
quando li accoglie, paradiso
vago tra inessenziali stelle
senza alfabeti né amene reliquie
Fischi del maestrale
In più vincoli e lanci rissosi,
le faville ascoltano incaute
i fischi congelati del maestrale,
nel niente che le sfreccia,
prima di scomparire oltre
il Tempo: outsider dell’aria
e, dal braciere antico, nasce
una convergenza con il destino
amico degli adagi d’infanzia
Così io stesso ritrovo il paese,
la sua anima abbandonata, vuote
suppellettili al bordo di muri
d’acqua, sfregi territoriali
difesi dai sintomi d’un ricordo
angoscioso: prima amore, poi ira…
Il volto bianco
Il silenzio tuttavia ha tra noi
il volto bianco, una consunta
ironia per la provocazione
dei rumori, i cartelli piegati
contro la velocità nel largo
monito di divieti, la luce madre
inesorabile nel gelo di rugiade:
favole elette tra inquietudini
e pietre, grevi e ignote dimore
Indubbiamente i contrasti ancora
seguono un rigore di rapporti,
eliminano la serenità a cui la rosa
non rinuncia, protetta da brevità
naturale, se non proprio dall’odore
e da un sorriso a labbra ardenti
Dai vari aspetti del sonno
Talvolta le esperte rimozioni
evitano un’enfasi sinuosa
che si svolge notturna, tesa
nella fretta lenta dei ladri,
perché cercano nel disordine
cose da rubare ai vari aspetti
del sonno, e guadagnare le scale
in una fuga e, in una fase quieta
della città che ascolta il suo
nulla in un riposo provvisorio,
privo di fascino o esangue
Nel crollo variopinto
A proposito di colori, la cupità
ormai non lascia solchi là dove
evita fuochi di qualsiasi vita
pubblica, in sibili o equidistanze,
funzioni ed esiti sonori e calmi
Ma in più trapassi l’attesa, credo
si faccia trama di effetti mentali,
non evasioni, né tonali differenze
in casi di eventi forti, nere croci
di afasia in espressioni, vortici
labili e casuali, agglutinamenti
di dubbio, a cui si sorride – quasi
per ipotesi- nel crollo variopinto
Incandescenza
Un viaggio esalta l’intelligenza, scrive
a più inchiostri un implicito diario
del visto o intravisto, e segna intanto
definizioni, asseconda le foto con un
titolo che s’increspa nella memoria
lusingata; i souvenir sono ordigni esigui
d’osso comprati davanti alla cattedrale pop
e, senza dimenticare il volto arso del Kenia,
o quel cospicuo memento folcloristico
che dettava al cielo graffi di traccia
insondabile, fantasticamente come senno
Un viaggio riaccosta al mito e dispone
di una continua apologia dello stupore,
del tremito di un possibile ritorno
prima che l’anno muoia, e in ogni altrove
l’esotico ritrova la sua incandescenza
Orma di Asti
So che la sera, la fragile compagna, scopre
supplizi sul suo corpo, similmente a quelli
dell’anno zero che, negli ascolti TV
riattivano oscurità e vizi di forma sadica,
accuse; precipitano in quegli atroci,
obliqui sarcasmi e polemici fragori;
regnano nella sua infida orma di asti
taglienti, irsute arpionerìe spocchiose
Il tallone della democrazia si serve
di un incontro audace per farsi ragione,
mentre i partecipanti al fasto abituale
(o comune sconforto?) subiscono un assalto
Nel supposto rien va
Nel disprezzo scompare ogni tenace
malinconia, si fa beffardo il cuore
su tutto il supposto rien va, quasi
calpesti la pietà dei fiori brevi
di età e di cromia, pronti alla fine,
già strappati al vento generoso
per i profumi ammanniti, svelti, puri,
tra le scoscese valli del mattino:
avarie, forza d’amore, ultimo pretesto,
maschera abituale della bellezza
nelle cui inezie vive, grazie alle seduzioni
Levità di sogni
La tenerezza estrema o soave,(così
scrivo) non teme contrasti, visti ancora
la naturalità, i selvaggi poteri
del privilegio di avvicinarsi tuttavia
ai bambini che sognano un fato-
giochi, corrispondente ai loro anni
freschi: cerimoniale continuo, deciso
e giocondo: festa iridata, morbida forma
Per l’assidua levità dei diversi sogni,
le parole promuovono tutte le voci
in un canto diseguale, immisurabile;
poi si stringono liete al girotondo
del tempo, scortate da nuvole divertite
nel libero desiderio di dormire…
Varchi dell’alba
D’impeto, scarno evento, lichene
quello dell’alba; spingono
la brezza dolce alla pigra
carezza degli oleandri malati
tra i fatti che l’annunciano,
e spogliano l’intera notte
della sua misura, e velluti
di piccoli varchi, delle altre
morti e incontri rapidi, gusci
di sensazione, penombre
senza storia né conflitti vividi,
mentre il bacio conta per noi
tutti i suoi arcipelaghi feraci,
gli adagi delineati in musiche
e nebbie, delitti misteriosi,
treni con radure, cieli disorientati,
discese di rischio, confusi arenili,
insoddisfatte insonnie, sghembi
clamori della dispersione per guizzi
(non poi tanto segreti o velati,
e ultimi, dolorosi testimoni)
L’altra fides
Ancora bussa alla porta
il laico religioso che invita
tutti i condomini di nome
e sconosciuti alla sua fede:
pena gli abissi, le ustioni
che circonderanno il peccato
in caso di tardiva immediatezza,
quindi loro intimissima morte…
I pensieri feriti
Ci tormenta quella rabbia
dentro cui –l’irrisolto che soffre-
ha riattivato le tante nude
speranze, nell’aria ferita
dei pensieri, o si ostina
proprio come eresia di evi
traumatici, sembianze curve
nell’oppio denso di una forse
allucinata perpetuità, a filtri
d’intuizione ambigua o tenue
finale di partita, ma non a scopo
informativo, anzi all’orlo di
un aldilà che sfoglia l’alba
Ma il giorno dopo si riavvia
per definire le sue volontà e
le relazioni con vene caduche,
dinanzi all’immortalità del mare
H
Di là c’è un’acca che aspetta chissà chi:
è muta, quasi un’ombra, scrive versi…
ed è odiata da tutte le kappa (K) a cui
somiglia: sorelle come triglie, vischiose
seppie. Un tempo ha provato ad essere
voce di un gallo che all’alba esaltava
un nuovo giorno, poi lasciata a se stessa:
teso ascolto…valenze senza ritorno.