Vittorio Sereni | Concerto in Giardino e Altre Poesie

INVERNO . . . . . . . . . . . . ma se ti volgi e guardi nubi nel grigio esprimono le fonti dietro te, le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano...


INVERNO
. . . . . . . . . . . .

ma se ti volgi e guardi
nubi nel grigio
esprimono le fonti dietro te,
le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano.
Opaca un’onda mormorò
chiamandoti: ma ferma—ora
nel ghiaccio s’increspò
poi che ti volgi
e guardi
la svelata bellezza dell’inverno.
Armoniosi aspetti sorgono
in fissità, nel gelo: ed hai
un gesto vago
come di fronte a chi ti sorridesse
di sotto un lago di calma,
mentre ulula il tuo battello lontano
laggiù, dove s’addensano le nebbie.


CONCERTO IN GIARDINO

A quest’ora
innaffiano i giardini in tutta Europa.
Tromba di spruzzi roca
raduna bambini guerrieri,
echeggia in suono d’acque
sino a quest’ombra di panca.
Ai bambini in guerra sulle aiole
sventaglia, si fa vortice;
suono sospeso in gocce
istante
ti specchi in verde ombrato;
siluri bianchi e rossi
battono gli asfalti dell’Avus,
filano treni a sud-est
tra campi di rose.

Da quest’ombra di panca
ascolto i ringhi della tromba d’acqua:
a ritmi di gocce
il mio tempo s’accorda.

Ma fischiano treni d’arrivi.

S’è strozzato nel caldo
il concerto della vita che svaria
in estreme girandole d’acqua.


DOMENICA SPORTIVA

Il verde è sommerso in neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano riscosse a un hallalì
squillato dietro barriere di folla.
Ne fanno un reame bianconero.
La passione fiorisce fazzoletti
di colore sui petti delle donne.
Giro di meriggio canoro,
ti spezza un trillo estremo.
A porte chiuse sei silenzio d’echi
nella pioggia che tutto cancella


MEMORIA D’AMERICA

Starmene solo nel ranch.

Ieri a uno schiantarsi di vetri
si disperavano le bestie;
adesso antelucani colombi
vibrano il capo
a un tremito d’ore minute.
La luna sta nella finestra—ferma
su quel paese di venti notturni.

Abbandonato nel ranch.

Ma palpita arancio colore
dalla barriera di nuvole
che fanno nevaio sul lago.
Quattro zoccoli;
e sento nitrire
di ritorno
la cavalla che ieri ho perduto
in quell’ultimo temporale d’estate.


CANZONE LOMBARDA

Sui tavoli le bevande si fanno più chiare
l’inverno sta per andare di qua.
Nell’ampio respiro dell’acqua
ch’è sgorgata col verde delle piazze
vanno ragazze in lucenti vestiti.
Noi dietro vetri in agguato.
Ma quelle su uno svolto strette a sciami
un canto fanno d’angeli
e trascorrono:
                     —Digradante a cerchi
                     in libertà di prati, città,
                     a primavera


E noi ci si sente lombardi
e noi si pensa
a migrazioni per campi
nell’ombra dei sottopassaggi.


COMPLEANNO

Un altro ponte
sotto il passo m’incurvi
ove a bandiere e culmini di case
è sospeso il tuo fiato,
città grave.
Ancora al sonno
canti di uccelli sento
lontanissimi unirsi
e del pallido verde
mi rinnovi il tempo,
d’una donna agli sguardi serena
mi ritorni memoria,
amara estate.

Ma dove t’apri
e tra l’erba orme di carri
e piazze e strade in polvere spaési
senso d’acque mi spiri
e di ridenti vetri una calma.
Maturità di foglie, arco di lago
altro evo mi spieghi lucente,
in una strada senza vento inoltri
la giovinezza che non trova scampo.


NEBBIA

Qui il traffico oscilla
sospeso alla luce
dei semafori quieti.
Io vengo in parte
ove s’infolta la città
e un fiato d’alti forni la trafuga.
Chiedo al cuore una voce, mi sovrasta
un assiduo rumore
di fabbriche fonde, di magli.

E il tempo piega all’inverno.
Io batto le strade
che ai giorni delle volpi gentili
autunno di feltri verdi fioriva,
i viali celesti al dopopioggia.
Al segno di luce si libera il passo
e indugia l’anno, su queste contrade.

S’illumina a uno svolto un effimero sole,
un cespo di mimose
nella bianchissima nebbia.



VITTORIO SERENI Poeta (Luino 1913 - Milano 1983). Visse dal 1932 a Milano, laureandosi in Estetica con Banfi (1936); dopo aver insegnato nei licei (1937-1940), collaborò a "Corrente". Chiamato alle armi nel 1939, viene congedato nel settembre 1940 e richiamato nel 1941; fatto prigioniero nel 1943 in Sicilia, viene trasportato in Nord Africa (Algeria e Marocco), ove rimane prigioniero sino al luglio 1945. Riprende l'insegnamento (1948-52) a Milano; viene poi assunto in Pirelli, all'Ufficio stampa e propaganda, ove rimane sino al 1958, quando passa alla direzione editoriale della casa editrice Mondadori. La sua poesia prende le mosse dall'ermetismo, distinguendosi fin dall'esordio (Frontiera, 1941; ed. accr. Poesie, 1942; ed. defin. Frontiera, 1966) per un dettato sobrio e disincantato. Indicato da L. Anceschi (nell'antologia da lui curata La linea lombarda, 1952) come capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, S. approfondì il suo stile per "arte del levare": "Ogni eccedenza andata altrove. O spenta" (Fissità), in un esercizio vigile di coscienza ["Con dolcezza (Vittorio, / Vittorio) mi disarma, arma / contro me stesso me" (Paura seconda)]. Le sue essenziali raccolte (Diario d'Algeria, 1947, ed. accr. 1966; Gli strumenti umani, 1965; Stella variabile, 1979, ed. defin. 1981) si legano ai momenti salienti della propria vicenda umana, dalle esperienze di guerra e di prigionia agli anni dello sviluppo economico, vissuti con severo distacco critico (esemplare la polemica in versi con Fortini in Un posto di vacanza). Critico (Letture preliminari, 1973) e traduttore (Il musicante di Saint-Merry, 1981), S. scrisse anche prose che sono in stretto rapporto con la sua poesia (Gli immediati dintorni, 1962, ed. accr. Gli immediati dintorni primi e secondi, post., 1983; L'opzione e allegati, 1964, poi in Il sabato tedesco, 1980; Senza l'onore delle armi, post., 1987). Postumi sono inoltre usciti la raccolta Tutte le poesie (1986), l'ed. crit. delle Poesie (a cura di D. Isella, 1995) e volumi di lettere, tra cui il carteggio con A. Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-1982, 1994). La sua poesia è la più alta del secondo Novecento, si affaccia impassibile di fronte al nulla: "non lo sospetti ancora / che di tutti i colori il più forte / il più indelebile / è il colore del vuoto?" (Autostrada della Cisa).



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