Fabrizio Bajec | Poesie 2015-2021

Da: La cura (Fermenti, 2015) PATRIMONIO Ha offerto i suoi denti a San Miguel su un cono gelato in fondo a un autobus che stava fermo e pien...





Da: La cura (Fermenti, 2015)



PATRIMONIO



Ha offerto i suoi denti a San Miguel
su un cono gelato in fondo a un autobus
che stava fermo e pieno di turisti.
Sfuggendo a gincana come un topo
col cappello da caccia, tutto solo
cercava sotto il sole un dentista
con passo lesto all’incrocio delle vie
che portavano alle bettole infernali,
regno dell’ombra e del sonno perpetuo.
Immagino a fatica uno specialista
nel  cavo di quest’imbuto folkloristico
dove proseguirò da vecchio e da morto
senza firmare assicurazioni né gemere. 
Mio suocero vola per salvarsi la bocca,
la mia masticò la prima galletta che mi
farcì di cactus, tenendola in una mano
sporca, e non osai dire nulla, per amore
quasi filiale della mia nuova famiglia.


LA TRAVERSATA


Il cavallo non avanza. Gli hanno detto di muoversi
per troppo tempo, ma la sabbia è eccessiva
tutto intorno e l'uomo non convince abbastanza.
L'animale soffia. Non c'è mai stata ragione
per questo tragitto, e il cavallo continuava come
il cuore funziona e il sole nasce ogni giorno.
L'uomo pronuncia il discorso offrendogli un dattero
e tiene in mano il suo grande orecchio aperto:
« Io so quello che provi. Lunga è la strada
e siamo soli. A me serve un testimone, cavallo,
un testimone di questo viaggio che è il nostro ».
L'animale trae un ultimo sforzo per la grazia
d’una risposta: «Non sono un testimone, sei su di me,
e non facciamo che passare da giorni
alla vita, alla morte, ma è tutto giusto».
Così dicendo ripiegò le forti zampe
e crollò come un castello in riva al mare.
L'uomo discese lentamente a terra
e il silenzio fu totale.
 


Da: La collaborazione (Marcos y Marcos, 2018)



IL REDDITO O LA MORTE


Ci squadra con occhi ormai indifferenti
alle difficoltà che le sottoponiamo
per intenderci la gestione dell’umano
passerebbe volentieri al prossimo punto
capitalizzare i saperi lo ripete
come l’ha sentito il primo giorno in riunione

Di qui esecuzione rapida e senz’appello
diventiamo tutti in qualche modo insensibili
essendo ciò previsto al fine di correre meglio
verso il risultato finale che ci arricchirà tutti
e renderà la maggior parte degli affamati
insoddisfatti
                      Esiste un fondo? Esiste un…


IL BORGO


Da bambini nelle sale giochi del mio villaggio
tesi su un bigliardo picchiavamo la palla bianca
circondati da ‘ragazzacci’ con il sesso dritto
così tanto impazienti di introdursi nella donna
colpivamo la palla bianca con tutta la forza
in modo da spingere le altre ai quattro angoli
di un tappeto bucato che puzzava di tabacco
È così che uno evitava la messa troppo lunga
per pianificare al meglio improbabili fughe
Da un momento all’altro mi misi a studiare l’ipnosi
e la stregoneria dentro i libri d’antiquariato
a leggere la mano i tarocchi e anche i volti

Passando fra i densi fumi del villaggio al mattino
per le strade strette dove le signore toglievano
dai forni le lasagne da presentare ai vicini
là tutti conoscevano l’identità di tutti
il curato fornicava con due o tre fedeli
il sindaco beveva l’assessore alla cultura
portava una vergognosa parrucca marroncina
Era prima della musica prima della scuola
musicale accadeva quando non c’era nient’altro
per distrarsi eccetto l’oratorio il catechismo
il pallone la fanfara e i miei pensieri satanici


TUTTO BENE


Il mondo è peggiore di quel che credevo a diciotto anni
quando per disgusto ci tenevo a finirla presto
malgrado ciò vivo ancora – non in una riserva
o lontano dalle ostilità sulla cima del Tibet
ma qui dove uno spesso è punito se è povero
Resta l’amore senza il quale siamo poca cosa
Una notte è precipitato in fondo a una bottiglia
che rotolava sul lastrico di una città di dolore
Un angelo del Sud lo ritrovò e mi spiegò:
« Come te avevo esaurito il mio amore in una notte
da quel tempo mi è impossibile sostenere la vista
di una creatura confusa e nutrita di conflitti »
Tanto che la protesse con le sue ali semi-aperte
fino al mio arrivo quando scorsi l’amore perduto
e fui subito ingannato dalla gioia e la collera
ugualmente presenti nel mio spirito in combutta
lieto di aver ritrovato questo amore per miracolo
sebbene di orribile aspetto allora e umiliato

Il mondo è peggiore di quel che credevo a diciotto anni
e l’amore un curioso miscuglio di addomesticamento
e ferocia che oggi benedico lo stesso


POESIA MOSTRO


La terra non ne poteva più
i suoi carburanti ribollivano
e l’allineamento era propizio
perché fossimo spazzati via
e che questa commedia finisse
La crosta del pianeta scoppiò
come una focaccia messa in forno
e ne uscì dell’olio che l’acqua marina
ricoprì Allora ci muovemmo tutti
per scalare la Torre Eiffel
e i suoi piedi furono inondati
La macchina produttiva bloccata
gli editori rovinati dalla poesia in aumento
per una volta il “New York Times” aveva ragione
trovate la causa di questo terribile tracollo
L’acqua avrebbe raggiunto le nostre centrali
Meglio vivere nell’oscurità
aspettando la fine
Grazie cara comunità estrattiva
industriali disonesti
medicina in inglese
è sinonimo di droga
Apprendisti farmacisti
ingoiate le vostre ultime pillole
In fondo ai burroni i corpi si ammassano
Che bel paesaggio! Solo baratri!
Non è certo che il sole si alzi domani
se l’amata sua sorella resta immobile
Addio amici diremo che sapevamo
L’uomo è cresciuto così tanto
che era tempo di sacrificare il suo oro
non crediate che in fondo egli sia cattivo
insieme abbiamo formato il plotone della morte


Da: Sogni e risvegli (Amos Edizioni, 2021)

 


FRONTIERA


sopra questo braccio d’acqua
screziato da un vento montano
che ogni cosa trascina e offusca
c’è un uomo intento a guardare
pietre emerse con voluttà
lingue di brecciolino ai lati
o chi abbandona la pesca
un accenno di foresta
una chiesa trionfante e sola
sovrasta i meli a schiera
al di sotto io approfitto
ancora per poco del territorio
da cui mi strappo a malincuore
sperando di dormire e non sapere più niente
di questo tutto che è anche mio


SU UNA POESIA CINESE DEL VI SECOLO


i morti attraggono i vivi
che soccombono a loro volta
raggiunti dai figli
dopo aver lasciato i loro gusci
promessi alla stessa distruzione chimica
ma anche al ritorno


PRIMA DELL’ALBA


cocci di conchiglia sotto il gomito e la mano
che recupero nel letto e proteggo
riponendoli sul bordo del lavabo
come fossero i miei denti
è buio pesto e ora come ora
difficile sapere cosa stringo
tra il pollice e l’indice
una reliquia
occhi di mosca
simulacro di moneta
scambiabile a volontà
o semplici conchiglie rotte
un tempo raccolte
su una spiaggia a Dieppe
umile tesoro promesso a mia figlia
poi perduto fra le lenzuola
il che le fa dire questo è il mare
eravamo così felici
il primo anno


LA MONTAGNA DELLE FARFALLE


1.

mi ero allontanato dal Tempio
per un sentiero bianco che risaliva
in mezzo ai rovi e tra i pini
avevo camminato nella macchia
per ascoltare gli insetti ricchi
e la dottrina di invisibili uccelli
inseguivo in linea retta un’ombra
sempre in anticipo sul mio cammino
ora più ripido e scivoloso
che si apriva infine su una pianura
con tre enormi massi da un lato
dove sedermi e cantare alle capre
ma ancora in piedi girai la testa
il cammino era sparito
chi verrà e cercarmi quassù?

 2.

ovunque alberi sdraiati
poi qualcuno arriva e taglia
risale il sentiero effimero
con la motosega si afferma

3.

al ritorno tre farfalle incollate
al terreno l’una accanto all’altra
sbattendo le ali di concerto
si nutrono dello stesso letame


IL CAIRO

 
del giardino temo i calabroni rotanti perciò stringo
una grossa girandola su una macchina gialla a pedali
dove sta anche un leone di pezza e una carabina scarica
il giardiniere mi regala le cartucce in un foglio di giornale
e faccio scoppiare i piombini mirando agli insetti
l’arabo è destinato all’autista di mio padre
uomo grinzoso e rauco che si diverte a spaventarmi
fingendo di strapparsi una falange in mezzo al traffico
come una vecchia balena col vizio del fumo
emette acuti versi per richiamare l’attenzione
è caratteristica dell’egiziano criticare con cinismo
la vita degli altri e io so che certe persone godono
ad affogare il prossimo nella miseria in cui nuota

 

COLEOTTERO

 
soprammobile amuleto o gioiello
oggetto schifoso appeso al collo
e al polso dei turisti che lo bucano
allora diventa turchese o verde-pistacchio
lo vedo uscire da sotto il letto con le antenne
zoppicare sulle dune roventi delle spiagge
e andando al mercato stretto a mia madre
continuo a pensarci è sull’insalata
i cavoli o schiacciato dal passo di un cliente
piccolo soldato gradito agli dei

 

AGLI UCCELLI


se potessi stabilirmi vicino a voialtri
gentili uccelli grigi dei nostri giardini
che beccate nell’ombra delle felci
qualche infimo alimento
non farei nulla di molto diverso
insegnatemi con abili manovre
quest’arte che non ha bisogno
di luce né delle lodi dei miei pari


ABU SIMBEL-AGAMI

 
le sfingi medie non hanno testa
su quelle più grandi non posso salire
nelle nere stanze dormono uomini essiccati
e pieni d’oro il faraone mi incute un terrore
simile a quello del girasole
contemplato dalla casa al mare
mostruoso quando sfiorisce
la sua fine fa ancora più paura della vita
lo sento sputare imprecazioni tra le smorfie
orrendo non poterci far nulla

 

BULLICAME

 
intere generazioni di bambini
si sono rovinati i denti
bevendo l’acqua dei fossi
e poi senza cambiarli né verniciarli
sorrisero da adulti all’idiozia
e fecero di quei luoghi e quell’acqua
un patrimonio poiché non c’era niente
di cui andar fieri eccetto quella
con l’etichetta rossa o verde
lo stemma del comune e la serpe
di questa si poté dire un gran bene
e berla arrampicati sulla fontana
reggendosi all’orecchio di un mostro

 

A SCUOLA

 
alle medie si portava il soprannome del padre
o del nonno per più generazioni e così
« canna vuota » era un ragazzino lercio
dalle scarpe fuori moda impiastrate di fango
i capelli polverosi giallo-paglia
aveva rapporti innaturali con dei cuccioli
e per questo lo si sfotteva mentre un altro
usciva dalla classe all’ora di sostegno
essendo un po’ indietro col programma
 
una mattina si avventò contro chi usava
« spastico » o « infelice » in sua presenza
e lo fece piangere colpendo pure l’insegnante
 
un terzo « asino » divenne irrequieto
dopo un grave incidente gli passò sul capo
un trattore indietreggiando nei campi
e i genitori glielo ripararono con la loro pelle



FABRIZIO BAJEC (Tunisi 1975), italo-francese, vive a Parigi e scrive nelle due lingue. È autore dei  seguenti libri di versi: Corpo nemico (in «Ottavo quaderno di poesia italiana contemporanea»,  Marcos y Marcos, 2004), Gli ultimi (Transeuropa, 2009), Entrare nel vuoto (Con-fine, 2011), La cura  (Fermenti, 2015), La collaborazione (Marcos y Marcos, 2018). Alcuni in doppia versione e  pubblicati in Belgio, Svizzera e Francia. Ha inoltre tradotto in italiano i versi del poeta belga William  Cliff: Il pane quotidiano e altre poesie (Edizioni Torino poesia, 2007), Poesie scelte (Fondazione Piazzolla, 2015, Premio Città di Trento Oltre le mura, 2018).

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