Yahya Hassan | Quattro poesie
INFANZIA Cinque figli in fila e un padre con la mazza Polipianto e una pozza di piscio Si tira fuori la mano a turno È questione di prevedi...
INFANZIA
Cinque figli in fila e un padre con la mazza
Polipianto e una pozza di piscio
Si tira fuori la mano a turno
È questione di prevedibilità
Quel rumore quando arrivano i colpi
La sorella che salta veloce
Su un piede poi sull’altro
Il piscio è una cascata sulla gamba
Prima fuori una mano poi l’altra
Se passa troppo tempo i colpi vanno a caso
Un colpo un grido un numero 30 o 40 a volte 50
E un ultimo colpo sul culo uscendo dalla porta
Prende il fratello per le spalle lo raddrizza
Continua a colpire e contare
Abbasso lo sguardo e aspetto il mio turno
Mamma rompe piatti per le scale
E intanto al jazeera trasmette
Bulldozer ipercinetici e membra arrabbiate
La striscia di gaza sotto il sole
Le bandiere che vengono bruciate
Se un sionista non riconosce la nostra esistenza
Se poi davvero esistiamo
Quando singhiozziamo angoscia e dolore
Quando boccheggiamo in cerca d’aria o di senso
A scuola non si può parlare arabo
A casa non si può parlare danese
Un colpo un grido un numero
FUORI DALLA PORTA
Stavo vicino agli appendini con una frittella in mano
E imparavo a fare fiocchi in silenzio
Arance con chiodi di garofano e nastro rosso
Appese al soffitto come bambole voodoo infilzate
È così che ricordo l’asilo
Gli altri aspettavano contenti babbo natale
Ma io avevo paura di lui
Come avevo paura di mio padre
IL RENE
Risparmiavamo un rene per uno zio a dubai
E un intervento al cuore per il nonno in libano
Risparmiavamo per le malattie degli altri
Nascondevamo i soldi sotto un tappeto
Cambiavamo in dollari e pregavamo allah
FIORE DI PLASTICA
Nella casa che ho bruciato
Mangiavamo sempre sul pavimento
Papà dormiva su un materasso in soggiorno
I miei fratelli già nati
Erano sparsi per l’appartamento
Uno al computer
Uno strisciava a terra e uno con mamma in cucina
Se continui a infastidire i tuoi fratelli
Ti brucio
Diceva mamma con in mano l’accendino di papà
Ma quando lo ha posato
Io l’ho anticipata
L’ho messo in tasca ho fatto i miei passi colpevoli
Seduto nell’angolo tra il termosifone e il divano
Ho fatto divorare alla fiamma lo stelo di plastica
Sono rimasto lì finché non potevo più starci
Mi sono allontanato e ho guardato le fiamme
Poi ho guardato papà
E ho pensato che era meglio lasciarlo dormire
Ma poi mamma è entrata strillando
E papà si è svegliato molto prima della preghiera
E le fiamme hanno preso vita
E papà ha salito le scale in mutande
Peloso come un gorilla
Ha avvertito tutti i tamil del palazzo
Siamo scesi in cantina ad aspettare i pompieri
L’unica cosa che ci siamo portati nella nuova casa
La tivu nera l’abbiamo tenuta ancora un paio d’anni
Dietro era sciolta
E i ricordi della prima infanzia erano bruciati
Spargevo un mucchio di giornali
Finché gran parte del pavimento era coperto
Osservavo tutte quelle parole e quelle foto
Finché non portavano da mangiare
Se papà vedeva parole come sesso o cazzo
O la foto di una scandinava svestita
Per attirare l’attenzione di un infedele
La strappava o girava il giornale
Ma a capodanno si è mangiato intorno a un tavolo
C’erano ketchup e cola e coltelli e forchette
Lui dava due sberle se l’atmosfera era troppo allegra
Per il resto si è mangiato in modo civile
Traduzione italiana, a cura di Bruno Berni.
YAHIA HASSAN (19 maggio 1995 – 29 aprile 2020), ventiquattrenne poeta danese-palestinese, è stato trovato morto dalla polizia ad Arahus, nel suo appartamento, in circostanze ancora da chiarire.