Simona Vinci | Dead End

Viaggiando in macchina, succede di ritrovarsi su una strada dalla quale ti rendi conto di non poter uscire: vanno tutti troppo veloci, sorpa...



Viaggiando in macchina, succede di ritrovarsi su una strada dalla quale ti rendi conto di non poter uscire: vanno tutti troppo veloci, sorpassi continui che sfiorano la tragedia e magari, con il buio che ormai è calato o con la nebbia fitta, è impossibile orientarsi e scegliere una deviazione. La sensazione è che bisogni a tutti i costi avanzare, continuare a correre, insieme agli altri, all’infinito, fino a una qualunque fine corsa. Troppi camion, troppe automobili, impossibile deviare senza rischiare un frontale con un altro mezzo, un albero o un salto nel fosso o contro un guardrail perché il tempo di vederla, una laterale, non c’è. E allora una laterale bisogna che te la inventi. Dovresti averla immaginata già da prima di metterti in viaggio. Sapere dunque, se non con l’istinto, con la previsione, quando e come uscire dal mattatoio. Chiudi gli occhi. Fai un respiro profondo. E lo vedi, c’è un cartello che indica una strada senza uscita. Dead End.  All’inizio fa paura. Dice: Morte. Fine. Se giri da quella parte, scomparirai, scomparirà il mondo, resterai solo. Dove sei? Dove siamo? Dove sono, tutti? Ma oltre il cartello, guarda, il mondo c’è ancora. Il mondo c’è sempre, dappertutto. Hai frenato. Spento il motore. Aperto lo sportello della macchina. Finalmente hai il tempo e il modo di guardarti attorno. La strada si è trasformata. L’asfalto è finito, comincia lo sterrato, più oltre un boschetto. Sui rami degli alberi e dei cespugli si posano le zampe di piccoli uccelli curiosi. Senti il brusio delle macchine in corsa farsi sempre più distante, quasi irreale. Posi le piante dei piedi sulla terra e il tuo peso si accomoda sul pianeta. Ne fai parte. Tutto ti riguarda, niente ti è estraneo. Non sai niente, eppure sei tutto. Puoi allungare un braccio a sfiorare le foglie. Il vento fischia tra i tuoi capelli e ti accarezza le guance. Ora c’è il tempo per trovare le parole, per fare quel silenzio, dentro, che occorre per far nascere immagini, pensieri, visioni nuove, soluzioni, la calma che ti serve per ricominciare a correre, insieme agli altri. Lo farai domani. Forse anche oggi stesso. Ma non adesso.



Da:   Parole ostili 10 racconti a cura di Loredana Lipperini, Editori Laterza, 2018, pp. 167-168


SIMONA VINCI (Milano, 1970) ha debuttato nel 1997 con Dei bambini non si sa niente (Einaudi). Il suo romanzo La prima verità (Einaudi, 2016) ha vinto il Premio Campiello nel 2016. Per Einaudi ha pubblicato Parla, mia paura (Einaudi, 2017); Stanza 411 (2018) è Come prima delle madri (2019).

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