Biagio Accardo | Ascetica del quotidiano

      Andare in pezzi, osservare, osservarti – come se già avessi messo il piede su una terra sconosciuta, come se la cosa non ti riguardass...





 

 

 

Andare in pezzi, osservare, osservarti –

come se già avessi messo il

piede su una terra sconosciuta,

come se la cosa

non ti riguardasse più.

Oppure agitarsi, fino ad imprecare

contro chi avrebbe dovuto essere lì,

in quell’attimo, e invece non c’è,

come non c’è mai stato.

 

Terza possibilità: raccogliersi, provare

a richiamarsi; appellarsi

a tutte le lande della vita

e vedere se rispondono, se corrispondono

a essere una sola cosa con quello

che in un momento ci è chiesto di vivere.

 

Sono pochi gli attimi in cui possiamo

sapere veramente chi siamo.

 

 

Ho dimenticato il numero delle missive

che ti ho inviato, ma continuo

a scriverti come si scrive di un fratello

che si è perduto, di un fratello

che si sa che c’è e di cui nessuno

ci ha mai dato notizia.

 


La strada provvede ai nostri bisogni.

Il viaggio ci vuole poveri,

non ingombri: né del passato

né del futuro. La strada

è il dono – una mela selvatica,

un pruno da cogliere,

una mora su un ciglio petroso.

 

La strada chiede occhi limpidi,

chiede che il mondo possa visitarci.

La strada è una continua perdita

 

di ciò che non è necessario.

 

 

Mi furono di casa il cortile,

gli scalini davanti

al portone, il pioppo,

il ramo del fico.

Casa fu la voce stellata

sul lido, una movenza

scolpita nell’aria, un pianto.



Ma noi abitiamo il desiderio

e nelle sue tasche

si perdono le chiavi di tutte le case.



Assimilato alle cose, ossificato.

Di smisurata quotidianità,

divino in ogni cosa. Non gli sento

mai nominare Dio, ma

quel nome vive, spacca

il sasso più duro, risorge

nel suo sguardo più puro.



Fammi tornare alla fonte

dove abbiamo raccolto acqua

da bambini: vorrei metterla

ancora nelle brocche

e impregnarmi del suo sapore.

Fammi rifare il bagno

in quella pozza, nonostante

il fango. Fammi risentire addosso

il sapore di quel primo dio.



Non voler sapere tutto,

non occuparti del mondo.

Scegli di stare dentro i tuoi confini:

coltiva le tue rose, innaffia

il tuo orto, scruta i segni del cielo.

Ama il tempo che ti è dato,

non altro. Ci sono parole da dire

oggi, mani da stringere ora,

qualche bacio da non rimandare.

C’è abbastanza per vedere,

abbastanza per capire:

c’è abbastanza mondo per non tradirlo

con un altro da inventare.



Non intorbidirti con me, resta alta

lontana, resta tua; però ti prego

non preservarti, dividiti ma resta una;

alloggiati nei distretti della vita,

ma sappi sempre dove tornare;

accompagnati a ciascuno di noi

e resta fedele al gradino della tua casa.

È alta la tua scuola, sa di orizzonti

che si sfanno, di cieli che si stingono.

Tu passi col tuo piede leggero,

invaghita solo di ciò che non muore.

Insegnami tu il tuo sguardo, insegnami

a vedere, a guardare dove già è oltre.


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BIAGIO ACCARDO  è nato nel 1954 a Santa Ninfa, in provincia di Trapani dove esercita la professione di insegnante di scuola primaria. La poesia è stata sempre una sorta di dialogo ininterrotto con se stesso, con la sua realtà e con la memoria, ma, nonostante il tempo che le ha dedicato, ha pubblicato pochissimo, praticamente un solo libro, nel 2008 (La notte ha lunghe radici). A metà degli anni ottanta ha partecipato a varie Rassegne Internazionali d’Arte Siciliana “Valle del Belice”, del Comune di Vita, conseguendo, oltre a varie segnalazioni, un 2° posto per la raccolta inedita “Le strade dei ritorni”. Poi un lungo silenzio, interrotto nel 2008 col 2° posto per la raccolta inedita “La notte ha lunghe radici” all’VIII edizione del Premio Internazionale di Poesia “Festa della Poesia a Salaiola” di Arcidosso. Ulteriori riconoscimenti gli sono pervenuti dal Premio Nazionale Città di Partanna, per la poesia “Tra queste case”, dall’Associazione teatro-cultura Beniamino Joppolo per la poesia “15 gennaio 1968”, dal Concorso Nazionale di Poesia “Premio Re Manfredi” di Manfredonia per il libro “La notte ha lunghe radici”. Sue poesie sono comparse sulle riviste “Poeti e Poesia - Mappe e Percorsi” e “Il Monte Analogo”, e sono presenti in varie antologie: “Toscana in poesia 2010”, il “Golfo” di La Spezia-2011 e su quelle delle Edizioni Pagine (“In linea con la Poesia” e “Viaggi di Versi”). Di recente, la poesia “Costa agrigentina” ha ricevuto una Menzione da parte della Giuria del Premio “Piemonte Poesia”, mentre la lirica “Margherite” e il libro “La notte ha lunghe radici” sono stati finalisti al premio 2015 “L’Anfora di Calliope” di Erice. Una Menzione di merito ha ricevuto la sua raccolta inedita “Fratello in ombra” al 1° Premio Internazionale Salvatore Quasimodo 2015, indetto dalla rivista Orizzonti della Aletti Editore e che ora esce in veste tipografica per la stessa casa editrice.

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