Lalla Romano | Giovane è il tempo

Il fiume era esile e chiaro è diventado enorme e fugge come um animale ferito Anche l’aria è morta il cielo è come una pietra Gli uccelli no...



Il fiume era esile e chiaro
è diventado enorme e fugge
come um animale ferito

Anche l’aria è morta
il cielo è come una pietra

Gli uccelli non sanno più volare
si buttano come ciechi
giù dall’orlo dei tetti

Il caro odore del corpo

Il sonno nei mattini
mi lega le ginocchia
e la mia fronte cinge
con le morbide bende

Allor non invocato
tu entri nei miei sogni
e vinta mi accarezzi
con mani violatrici

In mezzo al chiaro giorno
vertigine mi acceca
e nell’oscuro sogno
tremante mi sospinge

Se hai premuto nel sogno
la mano contro il mio petto
una orgogliosa cavalla
s’impenna
vuole libere strade
e sterminate pasture

lo sono in te
come il caro odore del corpo
come l’umore dell’occhio
e la dolce saliva

lo sono dentro di te
nel misterioso modo
che la vita è disciolta nel sangue
e mescolata al respiro

Noi andavamo leggeri
una notte d’estate
per un fresco giardino?
la tua mano
ho sfiorato o una foglia?
la tua bocca ho baciato
o un frutto umido e dolce?
non so se ho bevuto il silenzio
delle piante notturne
o il tuo amoroso silenzio

La tua mano mi salutò tra le piante
ma era falce di luna
che tramontava lontano

Poichè uno stesso nemico
ci colpisce nel buio
e tra le stesse insidie
brancoliamo smarriti
uniamo le nostre notti
come gli sparsi tronconi
di un exercito in rotta

Sarà vittoria il silenzio:
il colloquio non ha suono
se non siamo due ma uno

Un tempo amore
mi conduceva per mano
era un bambino felice
voglioso di giochi, di gridi

Ma ora come un figlio non nato
nel mio grembo lo porto
perciò senza grazia cammino
e pallida è la mia faccia

La tua voce lontana
è solitudine
più che l’assenza

Così vedono il cielo
i sepolti
cielo bianco delle prigioni
cielo vietato dei ciechi
negato alla memoria

Vorrei persuaderti
a una dolce fede
bambino bagnato dalla pioggia
tremante per l’insidioso freddo
che è simile alla paura

lo ti riscalderò
riscalderò la pietra
le pallide vene dell’erba
il freddo sangue dei pesci
l’antico silenzio
dei serpi dalle gelide squame

Come il cieco si afferra
al braccio che lo conduce
e il bambino che ha fame
cerca il seno di donna
ognuno sulla terra
chiede all’altro il suo bene

Ognuno povero in sé
è ricco per l’altro

Ognuno a un tempo è madre
e figlio:
nutre e si sfama

Simile a un fiore il cielo
dagli orli vermigli posa
lieve sulla terra oscura

Come il fiore caduto
lentamente appassisce
il suo sereno colore
a poco a poco imbruna

Pende nel cielo profondo
stame d’oro la luna

L’autunno è un re che dà l’ultima festa

Sono stinti gli arazzi e ormai consunti
i bei broccati, languido è il brillìo
degli ori
             ma che importa?
poichè già diede il re a ciascuno il suo
distribuì i frutti e le seminagioni

e di questa ricchezza ora si goda:
Nulla sarà riposto
          in solitario
raccoglimento e in povertà la morte
vuole aspettare il re

Se è vero che il gelo
soppianterà il timido calore
delle nostre mani avvinte
e noi non avremo altra sorte
nella terra bagnata dalla pioggia
delle foglie d’autunno
è vero che andranno in polvere i mondi

Le ere franeranno senza rumore
come castelli di cenere
sul focolare che nessuno smuove
nella casa disabitata
solo il vento farà gemere le porte
finchè imputridiranno sotto il cielo
quando anche il tetto si sarà scoperchiato

Questo e non altro rimarrà della casa
e l’Eterno sarà detto l’Assente



da: Giovane è il tempo (Torino, Einaudi, 1974)


GRAZIELLA ROMANO, in arte LALLA ROMANO, nata a Demonte (Cuneo) l'11 novembre 1906 e morta a Milano il 26 giugno 2001. È stata una scrittrice, poetessa, giornalista e aforista italiana. È considerata una delle figure più significative del Novecento letterario italiano. Nata da un'antica famiglia piemontese di origini ebraiche, sin dalla più tenera età si appassiona di pittura, alla quale si dedica intensamente già da piccola. Pronipote del grande matematico Giuseppe Peano, Lalla Romano è figlia di Giuseppina Peano, nata a sua volta da Michele Peano, fratello maggiore del famoso studioso. Si è trasferita a Milano nel 1947 dopo aver vissuto alcuni anni a Torino. Fin da giovane si è dedicata alla pittura; allieva di Lionello Venturi, nel 1928, dopo aver conseguito la laurea in Lettere all’Università di Torino, entra nella scuola di Felice Casorati e inizia a esporre in mostre collettive. All’inizio degli anni Trenta scrive racconti, poi pubblicati nel 1975 nella raccolta La villeggiante. Il suo esordio letterario avviene nel 1941 con la raccolta di poesie Fiore. Durante la guerra traduce, su richiesta di Cesare Pavese e per conto di Einaudi, i Trois contes di Flaubert: grazie a questa esperienza inizia a dedicarsi alla narrativa. Nel 1951 pubblica, nella collana “I Gettoni”, curata da Elio Vittorini per Einaudi, il suo primo libro di narrativa, Le metamorfosi. Tra i libri successivi, per la maggior parte pubblicati da Einaudi, si segnalano: Maria (1953), Tetto Murato (1957), Diario di Grecia (1960; 1974), L’uomo che parlava solo (1961; 1995), La penombra che abbiamo attraversato (1964), Le parole tra noi leggere (1969, Premio Strega), L’ospite (1973), Una giovinezza inventata (1979), Inseparabile (1981), Nei mari estremi (1987; 1996), Un sogno del Nord (1989), Le lune di Hvar (1991), In vacanza col buon samaritano (1997), Dall’ombra (1999). Dopo Fiore, Lalla Romano ha pubblicato altre raccolte di poesie, fra cui Giovane è il tempo (1974), fino a Poesie (2001).

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