Attilio Bertolucci: Lettera da casa e altre poesie

PORTAMI CON TE Portami con te nel mattino vivace le reni rotte l'occhio sveglio appoggiato al tuo fianco di donna che c...






PORTAMI CON TE

Portami con te nel mattino vivace
le reni rotte l'occhio sveglio appoggiato
al tuo fianco di donna che cammina
come fa l'amore,
sono gli ultimi giorni dell'inverno
a bagnarci le mani e i camini
fumano più del necessario in una
stagione così tiepida,
ma lascia che vadano in malora
economia e sobrietà,
si consumino le scorte
della città e della nazione
se il cielo offuscandosi, e poi
schiarendo per un sole più forte,
ci saremo trovati
là dove vita e morte hanno una sosta,
sfavilla il mezzogiorno, lamiera
che è azzurra ormai
senza residui e sopra
calmi uccelli camminano non volano.


VENTO

Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano,
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti,
sconvolge l’acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.
Poi, stanco s’addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l’amore.


UNA CAVALLA

Una cavalla sola
pascola
in una radura
si fa notte
la luna brilla
nell’aria serena
vagamente splende
respira con il muso alto
i profumati effluvi
della notte che viene
comincia un piccolo trotto
grazioso e musicale
già è notte
e nulla più si vede
intorno.


ASSENZA



Assenza,
Più acuta presenza.
Vago pensier di te
Vaghi ricordi
Turbano l’ora calma
E il dolce sole.
Dolente il petto
Ti porta,
Come una pietra Leggera.


VENNERO I FREDDI


Vennero i freddi,
con bianchi pennacchi e azzurre spade
spopolarono le contrade.
Il riverbero dei fuochi splendé calmo nei vetri.
La luna era sugli spogli orti invernali.

SETTEMBRE

Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse

fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi

giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuor


UNA SERA DI PIOGGIA A PARMA
Ma ti ritroverò, di là del ponte aperto
alla pioggia di questa sera
smarrita in tanti occhi ignoti,
luce violetta della primavera ?
Anche la rondine è tornata e il tempo
cammina veloce, le ali
acute filano su e giù
azzurre sui fanali
che l'acqua batte ancora e ancora.

LETTERA DA CASA

Qui è l'estate,
una sera dopo l'altra si aprono
le finestre per dare aria alle stanze,
allora riflettono gli specchi una campagna
che il cucù intermittente di lontano,
chi sa dove, immalinconisce.
Un alto carro di fieno si presenta
traballante, esce portandosi un ragazzo
perso nel raggio obliquo del tramonto
fra trofei verdi che già dolcemente
si piegano avvizziti. (Addio, addio,
uscito dallo specchio dove vai?
Oh, vicino, se si ode il tuo
parlottare indistinto, ma lontano
come se le nostre spoglie ormai
giacessero presso quelle che sono
chiuse nel muro sbiadito).
Ora parla invisibile con uomini
che scaricano il carro nel fienile
e finito il lavoro lo isseranno
a quel rosone di mattoni tiepidi
che guarda verso la città distesa
in una vertigine di pianura aperta
nella sera.


PENSIERI DI CASA

Non posso più scrivere né vivere
se quest'anno la neve che si scioglie
non mi avrà testimone impaziente
di sentire nell'aria prime viole.
Come se fossi morto mi ricordo
la nostra primavera, la sua luce
esultante che dura tutto un giorno,
la meraviglia di un giorno che passa.
Forse a noi ultimi figli dell'età
impressionista non è dato altro
che copiare dal vero, mentre sgoccia
la neve su dei passeri aggruppati.

PER NOZZE

E' questo, ottobre già avanzato, un tempo
che vi consiglia ad accettare inverno
e nebbia, come beni da non perdere,
trasformandoli entro luci di stanze
la prima volta vostre in un giocondo
seguito di faccende e ozi come
si fa di legna fiamma viva e cenere
immota nel teatro domestico
del camino mentre altre scene accende
o spegne, il borgo, il lungofiume: Parma,
città cara, popolosa di vivi
e di morti che s'attardano, una pacifica
confusione creando per le vie
aperte alla campagna: alla collina
celeste nella lontananza, alla bassa
che sa di fango e rosmarino, terre
del sangue e della memoria infantile
di cui si nutre e colora ogni frutto.


VERSO LE SORGENTI DEL CINGHIO

Volevamo risalire alle sorgenti del Cinghio
il giorno era d' aprile ventoso e celeste
folate ci portavano via sbiancando i salici bassi
già dietro di noi perduti perduta la casa
dove s' erano dimenticati di noi fuggitivi
esploratori muniti di cibo e coltellini multipli
per una lunga assenza forse per un distacco
non per me che partecipavo all' impresa
da inviato senza la volontà liberatoria
degli altri senza la loro strenua fiducia
mentre attraversavamo proprietà sconosciute
seguendo l' incantagione sinuosa del Cinghio
avvicinandosi all' occhio lo scenario azzurro
delle colline rumoreggiando più e più
il Cinghio amato. Ma il tempo
era passato per me che sentivo
acuta la perdita della casa e di chi
forse si era ricordato di noi
soffrendo come soffrivo io del distacco
così che con l' astuzia persuasiva del poeta
li convinsi anime pure e schiette
volte al giusto di una fantastica impresa
a desistere a volgersi - compagnia
di soldati sconfitti - verso il quotidiano
il famigliare quanto io più desideravo
e che già si svelava intonacato di luce.





ATTILIO BERTOLUCCI
è nato il 18 Novembre 1911 a San Prospero, vicino Parma. È Il "Poeta di Parma" per antonomasia. Ha frequentato il Convitto Nazionale Maria Luigia di Parma. Cominciò a scrivere poesie sin da giovanissimo, quando aveva ancora non più di sette anni. Nel '28 collaborò alla Gazzetta di Parma. Ha pubblicato sette raccolte di poesie: Sirio (1929); Fuochi in novembre (1934); Lettera da casa (1951); In un tempo incerto (1955); Viaggio d'inverno (1971); La camera da letto (1988, secondo volume a completamento del primo tomo pubblicato nel 1984); Verso le sorgenti del Cinghio (1993); La lucertola di Casarola (1997). Il grande poeta si è spento il 14 giugno 2000.

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