Juan Gelman | Cinque Poesie
SUCCEDERÀ Quando anima e spirito e corpo sapranno, e la luna sarà bella perché io la amai ed il mondo sarà appeso al filo della memoria e sa...
Quando anima e spirito
e corpo sapranno,
e la luna sarà bella perché io la amai
ed il mondo sarà appeso al filo
della memoria e sanguinerà la luce dietro
il bagno della sua grazia,
obbligheremo il futuro
a ritornare ancora. Allora
tutti gli occhi saranno uno
e la parola tornerà a parolare
contro le sue creature.
Avrà termine l’eternità e questa poesia
cercherà ancora il suo
equipaggio e ciò
che non seppe nominare, tanto lontano.
Da: Mondessere
SUCEDERÁ
Cuando alma y espíritu
y cuerpo sepan,
y la luna sea bella porque la amé
y el mundo esté parado al filo
de la memoria y
sangre la luz detrás
del baño de su gracia,
obligaremos al futuro
a volver otra vez.
Allí todos los ojos serán uno
y la palabra volverá a palabrear
contra sus criaturas.
Se acabará la eternidad y el poema
buscará todavía su tripulación y lo
que no pudo nombrar, tan lejos.
Da: Mundar (Ediciones Era, 2013)
I BAMBINI
Vi ringrazio di esserci, di sorgere.
Puri, azzurri, puliti, affacciati da dietro la camicia, con il
sorriso addosso, l’uccellino al suo posto, lo stupore anche.
Sotto i vostri grembiuli la tenerezza schiamazza e ancora
credete all’aria, al fiore, al cielo, agli angoli.
Vivete! Che vivano i bambini e la loro grande campana,
che rintocca a morto, a uomo, quando crescono!
Lasciate allora, oh ciechi, che io vada ai bambini.
LOS NIÑOS
Les agradezco estar, amanecer.
Puros, azules, limpios, asomándose detrás de la camisa,
con la sonrisa puesta, el pájaro en su sitio, el asombro en
su lugar.
Bajo sus delantales la ternura hace ruido, y todavía creen
en el aire, en la flor, en el cielo, en los rincones.
¡Vivan! ¡Vivan los niños y su gran campana, tocando a
muerto, a hombre, cuando crecen!
Dejad entonces, ciegos, que yo vaya a los niños.
Da: El juego en que andamos (1959), in Poesía reunida 1956-2010 (Barcelona, Ed. Seix Barral, 2012)
REFERENZE, DATI PERSONALI
Io sono stato fatto dagli uomini che vanno sotto il cielo del mondo
cercano il bagliore dell’aurora
curano la vita come un fuoco.
Mi hanno insegnato a difendere la luce che canta commossa
mi hanno portato una speranza che non basta sognare
e da tale speranza io conosco i miei fratelli.
Allora rido contemplando il mio cognome, la mia faccia nello specchio,
so che non mi appartengono
in essi voi sventolate un fazzoletto
allungate una mano e grazie a lei non sono solo.
In voi la mia morte cessa di morire.
Anni futuri che avremo preparato
conserveranno la mia dolce fede nella tenerezza,
l’assemblea del mondo sarà un bambino riunito.
Da: Il gioco in cui stiamo
REFERENCIAS, DATOS PERSONALES
A mí me han hecho los hombres que andan bajo el cielo del mundo
buscan el brillo de la madrugada
cuidan la vida como un fuego.
Me han enseñado a defender la luz que canta conmovida
me han traído una esperanza que no basta soñar
y por esa esperanza conozco a mis hermanos.
Entonces río contemplando mi apellido, mi rostro en elespejo
yo sé que no me pertenecen
en ellos ustedes agitan un pañuelo
alargan una mano por la que no estoy solo.
En ustedes mi muerte termina de morir.
Años futuros que habremos preparado
conservarán mi dulce creencia en la ternura,
la asamblea del mundo será un niño reunido.
MESTIERE
Quando iniziando il verso io mi spiazzo
o non entra un avverbio e mi si spezza
tutta la musica, la forma guarda
col suo mostruoso volto di abortita,
l’aria mi fa male, soffro il sostantivo,
penso che bello andare sotto gli alberi
o far lo spaccapietre o essere passerotto
e preoccuparsi del nido e della
passerotta e i piccoli, sì, che bello,
chi me lo dice di mettermi, endecasillabo,
a cantare, chi me lo dice
di afferrarmi il cervello con le mani,
il cuore con i verbi, la camicia
per le punte ed esprimermi,
chi me lo dice, ti domando, essendo juan,
un juan così semplice coi suoi pantaloni,
i suoi amiconi, il suo lavoro e la sua
condannata abitudine di esser vivo,
chi me lo dice di andare gravido di frasi,
di calzare un cappello immaginario, di andare
ad aspettare una rima lì all’angolo di strada
come un fidanzato puntuale e disgraziato,
chi me lo dice di litigare con la grammatica,
maledirmi la notte, digrignare
fieramente, negarmi, rinnegare,
gemere, piangere, che bello è il passerotto
con la sua passerotta, i suoi piccoli e
il suo nido, il suo capriccio di esser grigio,
o far lo spaccapietre, dammi retta amico,
io scambio sogni e musica e anche i versi
per un piccone, pala e una carriola.
Ad una condizione:
lasciami un poco
di questo maledetto piacere di cantare.
da: Violino e altre questioni
OFICIO
Cuando al entrar al verso me disloco
o no cabe un adverbio y se me quiebra
toda la música, la forma mira
con su monstruoso rostro de abortado,
me duele el aire, sufro el sustantivo,
pienso qué bueno andar bajo los árboles
o ser picapedrero o ser gorrión
y preocuparse por el nido y la
gorriona y los pichones, sí, qué bueno,
quién me manda meterme, endecasílabo,
a cantar, quién me manda
agarrame el cerebro con las manos,
el corazón con verbos, la camisa
a dos puntas y exprimirme,
quién me manda, te digo, siendo juan,
un juan tan simple con sus pantalones,
sus amigotes, su trabajo y su
condenada costumbre de estar vivo,
quién me manda andar grávido de frases,
calzar sombrero imaginario, ir
a esperar una rima en esa esquina
como un novio puntual y desdichado,
quién me manda pelear con la gramática,
maldecirme de noche, rechinar
fieramente, negarme, renegar,
gemir, llorar, qué bueno está el gorrión
con su gorriona, sus pichones y
su nido, su capricho de ser gris,
o ser picapedrero, óigame amigo,
cambio sueños y músicas y versos
por una pica, pala y carretilla.
Con una condición:
déjeme un poco
de este maldito gozo de cantar.
Da: Violín y otras cuestiones (Gleizer, Buenos Aires, 1956)
STO SEDUTO COME UN INVALIDO NEL DESERTO DEL MIO DESIDERIO DI TE
Mi sono abituato a bere la notte lentamente, perché so
che la abiti, non importa dove, popolandola di sogni.
Il vento della notte abbatte stelle tremanti fra le mie mani,
che ancora non si adattano, vedove inconsolabili della tua chioma.
Nel mio cuore si agitano gli uccellini che in lui hai seminato
e a volte gli darei la libertà che esigono per ritornare a te
con il gelido filo del coltello.
Ma non può essere. Perché sei tanto in me, tanto viva
in me, che se morissi io, ti morirei.
da: Violino e altre questioni
ESTOY SENTADO COMO UN INVÁLIDO EN EL DESIERTO DE MI DESEO DE TI
Me he acostumbrado a beber la noche lentamente,
porque sé que la habitas, no importa dónde, poblándola de sueños.
El viento de la noche abate estrellas temblorosas en mis manos,
que aún no se conforman, viudas inconsolables de tu pelo.
En mi corazón se agitan los pájaros que en él sembraste
y a veces les daría la libertad que exigen para volver a ti,
con el helado filo del cuchillo.
Pero no puede ser. Porque estás tan en mí,
tan viva en mí, que si me muero a ti también te moriría.
Da: Violín y otras cuestiones (Gleizer, Buenos Aires, 1956)
Traduzione di Laura Branchini
dalla rivista Poesia, Anno XXVII, Luglio/Agosto 2014, Nº 295, Crocetti Editore
JUAN GELMAN BURICHSON è nato a Buenos Aires, nel quartiere di Villa Crespo, il 3 maggio 1930, terzo figlio di una coppia di immigrati ebrei ucraini. Poeta, traduttore e giornalista argentino, è considerato il più importante poeta della sua generazione. Ha esercitato vari mestieri prima di dedicarsi al giornalismo. A causa della sua attività giornalistica e politica, ha vissuto in esilio tra il 1975 e il 1988, risiedendo alternativamente a Roma, Madrid, Managua, Parigi, New York e Messico. Ha pubblicato: Violín y otras cuestiones, El juego en que andamos, Velorio del solo, Gotán, Sefiní, Cólera Buey, Los poemas de Sidney West, Traducciones, Fábulas, Relaciones, Hechos y relaciones, Si tan dulcemente, Citas y comentarios, Hacia el sur, Composiciones, Carta a mi madre; País que fue será. Ha scritto Exilio in collaborazione con il giornalista argentino Osvaldo Bayer. L'antologia Pesar todo ha ricevuto il premio di poesia José Lezama Lima dalla Casa de las Américas di Cuba. Nel 2005 ha pubblicato una nuova antologia, Oficio ardiente, che raccoglie poesie pubblicate in quasi cinquant'anni e alcune poesie inedite. In campo musicale ha scritto due opere: La trampera general e La bicicleta de la muerte, due cantate, El gallo cantor e Suertes, e ha registrato diversi LP. Nel corso della sua vita ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Premio Nacional de Poesía nel 1997 e il Premio Reina Sofía de Poesía Iberoamericana nel 2005; possiede anche il titolo di cittadino illustre della città di Buenos Aires. Nel 2007 ha vinto il Premio Cervantes, considerato il più importante riconoscimento della letteratura ispanica, e due anni dopo l'Associazione dei poeti cinesi gli ha assegnato il Premio Antelope Tibetana. Il 14 gennaio 2014 è morto nella capitale messicana, dove viveva dal 1988.