Omaggio a Edoardo Sanguineti
Da Laborintus (1951) 1 composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinis riposa tenue Ellie e tu mio corpo ...
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Da Laborintus (1951)
1
composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinis
riposa tenue Ellie e tu mio corpo tu infatti tenue Ellie eri il mio corpo
immaginoso quasi conclusione di una estatica dialettica spirituale
noi che riceviamo la qualità dei tempi
tu e tu mio spazioso corpo
di flogisto che ti alzi e ti materializzi nell’idea del nuoto
sistematica costruzione in ferro filamentoso lamentoso
lacuna lievitata in compagnia di una tenace tematica
composta terra delle distensioni dialogiche insistenze intemperanti
le condizioni esterne è evidente esistono realmente queste condizioni
esistevano prima di noi ed esisteranno dopo di noi qui è il dibattimento
liberazioni frequenza e forza e agitazione potenziata e altro
aliquot lineae desiderantur
dove dormi cuore ritagliato
e incollato e illustrato con documentazioni viscerali dove soprattutto
vedete igienicamente nell’acqua antifermentativa ma fissati adesso
quelli i nani extratemporali i nani insomma o Ellie
nell’aria inquinata
in un costante cratere anatomico ellittico
perché ulteriormente diremo che non possono crescere
tu sempre la mia natura e rasserenata tu canzone metodologica
periferica introspezione dell’introversione forza centrifuga delimitata
Ellie tenue corpo di peccaminose escrescenze
che possiamo roteare
e rivolgere e odorare e adorare nel tempo
desiderantur (essi)
analizzatori e analizzatrici desiderantur (essi) personaggi anche
ed erotici e sofisticati
desiderantur desiderantur
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la nostra sapienza tollera tutte le guerre
tollera la peste mansueta delle discipline
la tua statura mescola pietre sirene pollici bruchi
oh fermo carcere
dei disegni e dell’utero tempo indicativo fontana che rode e silenzio
e propriamente et os clausit digito
distratto Laszo pietosamente
per amori per mezzo delle ossa amati
per mezzo della calce viva
per mezzo dei concerti per violino e orchestra
per mezzo delle tue lenzuola
per mezzo della Kritik der reinen Vernunft
amori da ogni cornice
e da ogni tradimento protestati
amori del tutto principali
amori ecco essenziali promossi da ogni fiore
ergo vacuas fac sedes
tuarum aurium devi assumere le pietre disperate oh tridente
delle mie fatiche chimiche ancora e sempre Ellie
mio folto estuario coltivatrice di cicatrici inchiodate
chiedere la notizia delle tue monete infiammabili dei tuoi vuoti porticati
per un regolamento
stabilirete il suo gusto
esigere il fallimento dietro la tua età
i fiammiferi con secchezza sotto i tuoi conigli sottrarre
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con le quattro tonsille in fermentazione con le trombe con i cadaveri
con le sinagoghe devo sostituirti con le stazioni termali con i logaritmi
con i circhi equestri
con dieci monosillabi che esprimano dolore
con dieci numeri brevi che esprimano perturbazioni
mettere la polvere
nei tuoi denti le pastiglie nei tuoi tappeti aprire le mie sorgenti
dentro il tuo antichissimo atlante
i tuoi fiori sospenderò finalmente
ai testicoli dei cimiteri ai divani del tuo ingegno
intestinale
devo con opportunità i tuoi almanacchi dal mio argento escludere
i tuoi tamburi dalle mie vesciche
il tuo arcipelago dai miei giornali
pitagorici
piangere la pietra e la pietra e la pietra
la pietra ininterrottamente con il ghetto delle immaginazioni
in supplicazioni sognate di pietra
ma pietra che non porta distrazione
esplorare i colori della tua lingua come morti vermi mistici
di lacrime di pietra
ma pietra irrimediabilmente morale
il tuo filamento patetico rifiuta le scodelle truccate
i corpi ulcerati così vicini al disfacimento
con la lima ispida
devo trattare i tuoi alberi del pane
devo mangiare il fuoco e la teosofia
trattare anche l’ospedale psichiatrico dei tuoi deserti rocciosi
oh più tollerante di qualche foresta
più nervale di qualsiasi nervo e pertanto scopertamente fibrosa
tratto la tua recisione e quando batte le immagini il tuo sputo spasmodico
oh esultanza per gli aghi sub specie mortis
e adesso
il nonparlare il nonpensare il nonpiangere
disperatamente parlano pensano piangono durante il ventre della torpedine
in ipso nudo amore carnali
in ipso animae et corporis matrimonio
per quale causa vomitano le tuniche intima anima e bastonano l’estate
e con la coda stimolano il sale e la pioggia?
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s.d. ma 1951 (unruhig) καὶ κρίνουσιν e socchiudo gli occhi
οί πολλοί e mi domanda (L): fai il giuoco delle luci?
καί τά τῆς μουσικῆς ἔργα quale continuità! andante K. 467
qui è bella la regione (lago di Sompunt) e tu sei l’inverno Laszo veramente
et j’y mis du raisonnement e non basta et du pathétique e non basta
ancora καὶτά τῶν ποιητῶν and CAPITAL LETTERS
et ce mélange de comique ah sono avvilito adesso et de pathétique
una tristezza ah in me contengo qui devoit plaire
sono dimesso et devoit même sono dimesso, non umile
surprendre! ma distratto da futilità ma immerso in qualche cosa
and CREATURES gli amori OF THE MIND di spiacevole realmente
très-intéressant mi è accaduto dans le pathétique un incidente
che dans le comique mi autorizza très-agréable
a soffrire!
e qui convien ricordarsi che Aristotile
sì c’è la tristezza mi dice c’è anche questo ma non questo
soltanto, io ho capito and REPRESENTATIONS non si vale mai
OF THE THINGS delle parole passioni o patetico per significar
le perturbazioni and SEMINAL PRINCIPLES dell’animo; et πάθη
tragicam scaenam fecit πάθημα e L ma leggi lambda: in quel momento
[παθητικόν
ho capito κ αὶ κρίνουσιν ἄμεινον egli intende
sempre di significar le fisiche and ALPHABETICAL NOTIONS affezioni
del corpo: come sono i colpi
i tormenti è come se io mi spogliassi le ferite le morti
di fronte a te
et de ea commentarium reliquit
(de λ) ecc. de morte ho capito
che non avevo (coloro che non sono trascurati!) mai
RADICAL IRRADIATIONS ecco: avuto niente
e ho trovato (in quel momento); che cosa può trovare
chi non ha mai avuto niente?
TUTTO; and ARCHETYPAL IDEAS!
this immensely varied subject-matter is expressed!
17et j’avois satisfait le goût baroque de mes compatriotes!
Da: Erotopaegnia (1956)
1.
post tantum necking, post tantum petting (obscurum) putid’uh!
caput; compiut’ah! (iterato, amore, turgore!) placenta; (delle parti del corpo!)
(distensibili! distensibile!); la pallida vedi; et nascitur! la celestiale
sala del parto; (anim’eh! distillatio); una rovina è (oh τέκνον) il giorno!
sortitur; is (carnis); et sexum! emerge la nera (oh! defaecatio) testa!;
rossa la testa! grida!; ex uno homine; respira! oh! τέχνη! tota haec
(la violacea!) animarum; (la testa!) redundantia; redundans!
(...)
gli abbracciamenti, ricordi? quel ventun giugno (in erezione!) in piazza
Chanoux, la sera; il Sandeman SC; (i nostri capelli!); semen illud!
[(G 5 numero 1)
numero 769173 A, corporale!; quell’obscoenasque quasque; la saliva!;
quel partes quasque! la saliva, il sudore; quel suis nominibus
pronuntiantes! i nostri crampi ai piedi.
3
afferra questo mercurio, questa fredda gengiva, questo miele, questa sfera
di vetro arido; misura attentamente la testa del nostro
bambino e non torcere adesso il suo piede
impercettibile:
nel tuo capezzolo devi ormai convertire
un prolungato continente di lampade, il fiato ossessivo dei giardini
critici, le pigre balene del ventre, le ortiche
e il vino, e la nausea e la ruggine;
perché ogni strada subito
vorrà corrergli incontro, un'ernia ombelicale incidere
il suo profilo di fumo, qualche ippopotamo donargli
i suoi denti di forfora e di fosforo nero:
evita il vento,
i luoghi affollati, i giocolieri, gli insetti;
e a sei mesi egli potrà raddoppiare il suo peso, vedere l'oca,
stringere la vestaglia, assistere alla caduta dei gravi;
strappalo dunque alla sua vita di alghe e di globuli, di piccoli nodi,
di indecisi lobi:
il suo gemito conquisterà le tue liquide ferite
e i suoi occhi di obliquo burro correggeranno questi secoli senza nome!
4
in te dormiva come un fibroma asciutto, come una magra tenia, un sogno;
ora pesta la ghiaia, ora scuote la propria ombra; ora stride,
deglutisce, orina, avendo atteso da sempre il gusto
della camomilla, la temperatura della lepre, il rumore della grandine,
la forma del tetto, il colore della paglia:
senza rimedio il tempo
si è rivolto verso i suoi giorni; la terra offre immagini confuse;
saprà riconoscere la capra, il contadino, il cannone?
non queste forbici veramente sperava, non questa pera,
quando tremava in quel tuo sacco di membrane opache.
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ora consuma nel suo pollice il reggicalze e l’armadio:
il suo naso è il piccione;
la sua pupilla è il dado;
morde già nel tuo piede la carrozza e il sedano:
non resiste il vetro, non il nastro;
il cielo è la sua pelle tenera;
ma nella durezza delle sue ossa lo sorprendiamo esistere,
e vediamo nelle sue unghie crescere la nostra morte.
da: Triperuno (1964)
piangi piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero
Bosch in miniatura, un salvadanaio di terra cotta, un quaderno
con tredici righe, un’azione della Montecatini:
piangi, piangi, che ti compero
una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente,
un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica
con bandierine vittoriose:
piangi, piangi, che ti compero un grosso capidoglio
di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba
di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggia di una bella
bomba a mano:
piangi, piangi, che ti compero tanti francobolli
dell’Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno,
tante teste di moro, tante teste di morto:
oh ridi ridi, che ti compero
un fratellino: che così tu lo chiami per nome: che così tu lo chiami
Michele:
Da: Reisebilder (1971)
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al funzionario doganale in minigonna, che mi ha prescelto, con i suoi occhi di sibilla
e di colomba, dentro una fila interminabile di viaggiatori in transito, ho detto
tutta la verità, confinato in un separé-confessionale di legno
compensato:
ho detto che ho un figlio che studia il russo e il tedesco:
che Bonjour les amis, corso di lingua francese in 4 volumi, era
per mia moglie:
ero pronto a concedere di più: sapevo che fu Rosa Luxemburg
a lanciare la parola d’ordine «socialismo o barbarie»: e potevo
ricavarne un madrigale strepitoso:
ma sudavo, frugandomi le tasche,
cercando invano il conto dell’Operncafé: e poi, hai fatto irruzione
tu, trascinandoti dietro anche i bambini, meravigliosi e meravigliati:
(ti scacciavamo con gli stessi gesti duri, io e quella mia beatrice
democratica in divisa):
ma l’irreparabile era già consumato, lì
alla frontiera tra le due Berlino, per me: quarantenne sedotto da un poliziotto:
Da: Postkarten (1978)
1
tutto è incominciato con una stupida storia di soprabiti scambiati
al ristorante, da Rosetta: (e con quel tuo correre cieco, oltre gli uffici
dell’Alitalia, distratta, astratta):
eh, c’è poco da ridere, cara mia,
mi sembra, allora, lì al bar d’Amore, se perdiamo con tanta facilità
la nostra identità, i nostri vestiti, i segni caratteristici, i punti
di riferimento, l’orientamento, il buon senso:
(siamo smarriti un’altra volta
nel mondo, ognuno come può: e non merita): (e se ti scrivo dall’aeroporto
di Capodichino, in partenza per Amsterdam, con i voli AZ 424 e AZ 382,
è già per pura scaramanzia, alla fine: e non per altro, proprio, per niente):
da: Stracciafoglio XLVII poesie, 1977-1979
se d’amore si muore, siamo morti noi:
siamo un romanzo d’appendice in atto: (anzi,
siamo un romanzo nazional-popolare, ma calibraticamente camuffato da romanzetto rosa): (anzi,
siamo un romanzo osè): (un rosè): (anzi, una coppia di vegeti, di vegetanti vecchietti,
torchiati nel torpido torchio delle nozze d’argento): (a un passo, a un pelo, appena,
da un romanzo nero): (siamo un romanzo rosso, quasi): e noi facciamo, parliamoci chiaro,
pena piena, e pietà:
comunico le coordinate necessarie; torno da Como, è il 26
settembre, sono le 21,37, ho chiesto il conto al ristorante, prenderò il rapido
delle 21,50, e ti ho capito: è tutto:
perché, per te, per me, non è possibile
sopportarla più oltre, questa ambivalenza insolubile, nel vino della vita che viviamo:
questa vita, anzi: (la vita): (annacquata, innacquata): e se ti dico e se ti scrivo che
non sono altro che un contemporaneo, a capirmi, a capirci, se va bene, abbiamo, in tutto
e per tutto, il 25% dei nostri eredi naturali, allo stato attuale delle cose:
così, con tanti auguri, ti aggiungo, poi, che noi:
se d’amore si vive, siamo vivi:
da: Scartabello (1980)
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Mi sono riadattato agli occhiali (che la patente, a me, rende obbligati, ormai,
in un paio solo di giorni: vedo tutto più netto: (ma niente mi è, per questo,
diventato migliore, in verità: un semaforo è sempre un semaforo, un marciapiede
è un marciapiede: e io sono sempre io, così)
(quanto al doloroso senso di capogiro,
vaticinato, con l’emicrania, da un Istituto Ottico di corso Buenos Aires, al quale
mi sono rivolto, questa volta, l’ho sperimentato e l’ho superato): (l’oculista
affermava che, con il tempo, io mi ero costruito una mia rappresentazione arbitraria
della realtà, adesso destinata, con le lenti, a sfasciarsi di colpo):
e ho potuto
sperare, per un attimo, di potermi rifare, a poco prezzo, una vita e una vista)
da: Ballate (1982-1989)
BALLATA DELLA GUERRA
per Gian Carlo Binelli
dove stanno i vichinghi
e gli aztechi, e gli uomini e le donne di Cro-Magnon?
dove stanno le vecchie e nuove Atlantidi,
la Grande Porta e la Invincibile Armata,
la Legge Salica e i Libri Sibillini,
Pipino il Breve e Ivan il Terribile?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro le molli mascelle del tempo:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
dove stanno le Triplici e Quadruplici,
la Belle Epoque e le Guardie di Ferro?
dove stanno Tom Mix e Tom Pouce,
il Celeste Impero, gli Zeppelin, il New Deal,
l’Orient Express, l’elettroshock, il situazionismo,
il twist, l’O.A.S., i capelli all’umberta?
tutto è finito, lì a pezzi e a bocconi,
dentro la pancia piena della storia:
qui, se a una cosa non ci pensa una guerra,
un’altra guerra ci ha lì pronto il rimedio:
oh, dove siete, guerre di porci e di rose,
guerre di secessione e successione?
oh, dove siete, guerre sante e fredde,
guerre di trenta, guerre di cento anni,
di sei giorni e di sette settimane,
voi, grandi guerre lampo senza fine?
finite siete, lì a pezzi e a bocconi,
dentro il niente del niente di ogni niente:
qui, se a una guerra non ci pensa una pace,
un’altra pace ci ha lì pronta la guerra:
principi, presidenti, eminenti militesenti potenti,
erigenti esigenti monumenti indecenti,
guerra alle guerre è una guerra da andare,
lotta di classe è la guerra da fare:
BALLATA DELLE DONNE
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
Da: Glosse (1986-1991)
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Siamo tutti politici (e animali):
premesso questo, posso dirti che
odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo
esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare
nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso)
ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che,
per me (come dico e ridico) è politica tutto,
a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce,
sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché:
amo, così, quella grande politica
che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane
(come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi,
spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva):
(e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali)
Poesie tratte da Mikrokosmos Poesie 1951-2004 (2004) A cura di Erminio Risso, Milano: Feltrinelli e Il Gatto Lupesco Poesie (1982-2001); (2002: 2010), Milano: Feltrinelli.
EDOARDO SANGUINETI è nato a Genova nel 1930 ed è morto il 18 maggio 2010. È cresciuto a Torino, dove si è laureato con Giovanni Getto con una tesi su Dante, più tardi pubblicata con il titolo Interpretazione di Malebolge (Olschki, 1961). Ha insegnato letteratura italiana nell'università di Torino, Salerno (1968-1974) e Genova (1974-2000). È stato consigliere comunale della sua città (1976) e deputato al Parlamento (1979-1983). È sposato dal 1954 e ha 4 figli. La sua produzione saggistica comprende: Tra liberty e crepuscolarismo (Mursia, 1961), Tre studi danteschi (Le Monnier, 1961), Alberto Moravia (Mursia, 1962), Ideologia e linguaggio (Feltrinelli, 1965; nuova edizione ampliata, 2001), Guido Gozzano. Indagini e letture (Einaudi, 1966), Il realismo di Dante (Sansoni, 1976), Giornalino 1973-1975 (Einaudi, 1976) e Giornalino secondo 1976 1977 (Einaudi, 1979), Scribilli (Feltrinelli, 1985), Ghirigori (Marietti,1980), La missione del critico (Marietti, 1987), Dante reazionario (Editori Riuniti, 1992), Gazzettini (Editori Riuniti, 1993), Il chierico organico (Feltrinelli, 2000). Ha inoltre curato l'antologia Poesia del Novecento (Einaudi, 1969). Il suo primo libro di poesie, Laborintus, è del 1956 (Magenta). I volumi successivi sono: Erotopaegnia (Rusconi, 1960), Opus metricum (Il Verri, 1960), Triperuno (Feltrinelli, 1964), Wirrwarr (Feltrinelli,1972), Catamerone (Feltrinelli, 1974), Postkarten (Feltrinelli, 1978), Stracciafoglio (Feltrinelli, 1980), Scartabello (Colombo, 1981), Bisbidis (Feltrinelli, 1987), Senzatitolo (Feltrinelli, 1992) e Corollario (Feltrinelli, 1997). I suoi versi sono ora raccolti in Segnalibro. Poesie 1951-1981 (Feltrinelli, 1982) e Il gatto lupesco. Poesie 1982-2001 (Feltrinelli, 2002). I suoi romanzi sono: Capriccio italiano (Feltrinelli, 1963) e Il giuoco dell'oca (Feltrinelli, 1967). Ha scritto diversi testi teatrali: Teatro (Feltrinelli, 1969), Storie naturali (Feltrinelli, 1971), Faust. Un travestimento (Costa & Nolan 1985, Einaudi 2003), L'amore delle tre melarance (Il Melangolo, 2001; regia di Ben Besson), Sei personaggi.com (Il Melangolo, 2001; regia di Andrea Liberovici), L'Orlando Furioso, un travestimento ariostesco (Bulzoni, 1970; regia di Luca Ronconi), Dialogo per una tv tedesca. Ha tradotto il Satyricon di Petronio (Einaudi, 1970) e, per la scena, testi di Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Seneca, Molière, Brecht. Ha collaborato con molti musicisti a partire da Luciano Berio (Passaggio, Laborintus II, A-ronne, Canticum novissimi testamenti) e ha raccolto i suoi testi in Per Musica (Ricordi – Mucchi). Ha lavorato con diversi pittori (da Enrico Baj a Carol Lama, Mario Persico, Lucio Del Pezzo, da Guido Biasi ad Antonio Bueno) con saggi critici, edizioni d'arte e testi poetici.