Juan Carlos Mestre | 9 Poesie

Scelte e tradotte in italiano da Marcela Filippi Plaza 1.- LA VALLE Nulla è la bellezza. Guardate il sole la sua pioggia luminosa di selce i...

Scelte e tradotte in italiano da Marcela Filippi Plaza



1.- LA VALLE


Nulla è la bellezza. Guardate il sole
la sua pioggia luminosa di selce incandescente  
quanto umile rende sulla terra
le belle e serene labbra di ciò che è giovane.

Ora saprai perché sotto la voce della notte
il mio paese imbrunisce, campo di tirsi
dove verdeggia il muschio triste di ciò che è anziano.

Non c'è consolazione, su questa pietra
imputridiscono gli occhi del conte di Luna 
lambiti dall'ombra grigia dell'abbandono.

Come la neve che cade sui cedri,
come la notte lenta in cui risiede
e si fa bianca verso di noi
la sua condizione così lieve di cenere .

Tutta la notte la notte ha chiamato i cavalli,
tutta la notte lungo un mare di stelle spente
i suoi occhi puri attraversarono il mio cuore.

Come astro senza luce sotto le pietre,
come specchi stanchi che non rifulgono,
come sabbie del mare sotto la neve.

Sono passati con il loro cuore troncando rami,
attraversarono lentamente nitrendo lungo 
le improvvise radure fitte del bosco.

Potente è la luce, il tatto della pioggia
che cade sulle valli del Seo e di Valcarce,
sui i villaggi e l'alta ossidiana dei monti
e sui boschi di querce e di rossi larici.
Piove, piove nel mio cuore e sui colli di Cela,
Piove senza misericordia sui teneri pascoli
dove placidi greggi pascono sommersi  
l'erba nuova dell'inverno.

Per la contemplazione la luce fa nascere il suo desiderio,
per l'immobile tristezza della prolungata pazienza 
che ha dettato l'aurora sui luoghi freddi.

Così la primavera, l'intagliata passione di ciò che cresce 
come un'ala di dolore sui campi si è addormentata,
fonte abbandonata che cade sui longevi pilastri di pietra.   

Ammetti con me, siamo nati qui, non moriremo
germoglierà di nuovo il cuore del limo i suoi cembali 
e l'acqua di mite bontà nella serena sorgente.

Oh fiore della rosa selvatica, profumata aria di rosmarino
che al passaggio dei caprioli aromatizzi il sentiero.

Ti disconosco, castagno dove oggi stregano i ghiacci 
e dove il calido alito della vita non è esistito.

Il mio paese, il padre di mio padre,
il triste, il paese,
come una dolce bestia è entrato nell'autunno.


EL VALLE


Nada es la belleza. Mirad el sol,
su lluvia luminosa de pedernal caliente
que humildes hace ser sobre la tierra
los serenos labios y bellos de lo joven.

Ahora sabrás por qué bajo la voz de la noche
mi país se oscurece, campo de tirsos
donde verdea el musgo triste de lo anciano.

No hay consolación, sobre esta piedra
se pudren los ojos del conde Luna
lamidos por la sombra gris del abandono.

Como la nieve que cae sobre los cedros,
como la noche lenta en que reside
y se hace blanca hacia nosotros
su condición tan leve de ceniza.

Toda la noche llamó la noche a los caballos,
toda la noche por un mar de estrellas apagadas
cruzaron mi corazón sus ojos puros.

Como astros sin luz bajo las piedras,
como espejos cansados que no fulgen,
como arenas del mar bajo la nieve.

Pasaron con su corazón tronchando ramas
cruzaron lentos relinchando la espesura
por los calveros súbitos del bosque.

Poderosa es la luz, el tacto de la lluvia
que cae sobre los valles del Seo y de Valcarce,
sobre las aldeas y la alta obsidiana de los montes
y los bosques de encinos y de rojos alerces.

Llueve, llueve en mi corazón y en los oteros de Cela,
llueve sin misericordia sobre los pastizales tiernos
donde plácidos rebaños pacen sumergidos
la hierba nueva del invierno.

Para la contemplación ha nacido la luz su deseo,
para la inmóvil tristeza de la paciencia extendida
que ha dictado la aurora sobre los fríos parajes.

Así la primavera, la tallada pasión de lo que crece 
como un ala de dolor sobre los campos se ha dormido,
fuente abandonada que cae sobre los pilos longevos de piedra.

Admítete conmigo, hemos nacido aquí, no moriremos
rebrotará el corazón del légamo sus címbalos
y el agua de apacible bondad al manantial sereno.

Oh flor de la gavanza, oloroso aire del romero
que al paso de las corzas aromas el camino.

Yo te desconozco, castaño donde hoy brujan los hielos
y el cálido soplo de la vida no ha existido.

Mi pueblo, el padre de mi padre,
el triste, el pueblo,
como una dulce bestia ha entrado en el otoño.



2.- LA TOMBA DI KEATS 

(frammento)


Piove, piove sulle cupole brunite dal beneficio,
sugli stendardi zuppi dall'usura del commercio piove,
piove sui muri del Pontificato e sugli altari dell'Assoluto,
tutto il giorno piove bronzo sulle campane, sangue sugli speroni,
piovono monete d'oro sull'albero degli astinenti,
piove saliva di ossido  sulla teogonia dei metalli,
sulle statue fuse con la brevità degli uomini,
piove sulle piaghe barocche della fede e sulla corona di spine,
su San Sebastiano secondo un modello di Bernini trafitto dall'acciaio,
piove il tarlo della psicoanalisi sulle tonache nere,
piove nei dintorni dell'uomo e nelle adiacenze dell'altro uomo che c'è in lui,
piove su una donna, la pioggia cessa di essere pioggia, la donna cessa di essere donna,
piove su luoghi umidi e sull'acqua degli stagni favorevoli alla peste,
piove sui ponti e sul giardino nella casa delle prostitute,
piove sui ragazzi minacciati dal bagliore della velocità
e sull'inginocchiatoio di coloro che moriranno all'età dei principi.

Qui c'è un'altra scrittura, qui amore e uccelli gotici contro la solennità dell'eco,
qui i vecchi semi, il legno di croce piantato dalla mano del romano,
il borgo eretto duemila anni fa sotto le stelle inventate da Copernico,
il mausoleo nella cui avidità vive predestinata Roma, indifesa e schiava,
il despota che fugge verso un'altra città che non esiste, su un cavallo di ferro.
Questo è il luogo dove lo scettico stringe la mano all'immorale
e definisco immorale colui che manca della virtù di riconoscersi nell'altro,
l'inaffondabile nella sua miniera di talco, colui che esercita la gerarchia come diritto innato
e costruisce il suo tormento sulle scorie di altri,
l'ossessivo nella negazione degli atti altrui,
l'impostore che muta, l'inno con cui si loda ciò che si disprezza,
la cautela dinanzi al piacere.

Parlate voci della decrepitezza, parlate sotto i paragrafi incerti
di chi patisce memoria,
ciò che sotto le costole del ponte dedicato alla memoria di Umberto Primo
è scrittura della grande cloaca romana,
là dove la deformazione della bellezza conduce il pensiero
dell'uomo all'ubriachezza,
dove la persistenza della bellezza apre il suo occhio da ciclope e travia gli adulteri
lungo un paesaggio con nebbia.

Tutta la vita somiglia alla mia vita.
la testa di Minerva e quella di San Giovanni Battista.
il tributo con cui il figlio paga la cripta di suo padre.
l'acqua del Nilo con cui il fabbro fa il suo pane,
la pasta di polvere con cui il muratore imita le pietre,
la distillazione della musica nei corridoi, la lingua del Tevere aprendo
i battenti della notte,
tutta la vita somiglia alla mia vita.
l'occhio dell'insubordinato somiglia al mio occhio,
la bocca dell'inesistente somiglia alla mia bocca,
il verme pascola il midollo del giaguaro, la metafisica fa la sua apparizione nell'anestesia,
il condannato ha annullato il suo patto con la respirazione, 
il papiro ha chiuso il suo accordo con le liane segrete,
l'incenerita vocale della nausea è imminente.


LA TUMBA DE KEATS

(fragmento)


Llueve, llueve sobre las cúpulas bruñidas por el beneficio,
sobre los estandartes empapados por la usura del comercio llueve,
llueve sobre los muros del Pontificado y los altares de lo Absoluto,
todo el día llueve bronce sobre las campanas, sangre sobre las espuelas,
llueven monedas de oro sobre el árbol de los abstinentes,
llueve saliva de óxido sobre la teogonía de los metales,
sobre las estatuas fundidas con la brevedad de los hombres,
llueve sobre las llagas barrocas de la fe y sobre la corona de espinas,
sobre San Sebastián según un modelo de Bernini atravesado por el acero,
llueve la polilla del psicoanálisis sobre las negras sotanas,
llueve en las afueras del hombre y en las cercanías del otro hombre que va en él,
llueve sobre una mujer, la lluvia deja de ser lluvia, la mujer deja de ser mujer,
llueve sobre lugares húmedos y el agua de los estanques favorable a la peste,
llueve sobre los puentes y sobre el jardín en la casa de las prostitutas,
llueve sobre los muchachos amenazados por el resplandor de la velocidad
y el reclinatorio de los que van a morir a la edad de los príncipes.

Aquí hay otra escritura, aquí amor y pájaros góticos contra la solemnidad del eco,
aquí las viejas semillas, la madera de cruz plantada por la mano del romano,
el burgo erigido hace ahora dos mil bajo las estrellas que inventó Copérnico,
el mausoleo en cuya avaricia vive predestinada Roma, desvalida y esclava,
el déspota que huye hacia otra ciudad que no existe en un caballo de hierro.

Este es el lugar donde el escéptico le da la mano al inmoral
y llamo inmoral a aquél que carece de la virtud de reconocerse en el otro,
el insumergible en su mina de talco, el que ejerce la jerarquía como innato derecho
y construye su tormento sobre la escoria de otros,
el obsesivo en la negación de los actos ajenos,
el impostor que muta, el himno con el que se alaba lo que se desprecia,
la cautela ante el gozo.

Hablad voces de la decrepitud, hablad bajo los párrafos inciertos
del que padece memoria,
lo que bajo las costillas del puente dedicado a la memoria de Umberto Primero
es escritura de la gran cloaca romana,
allí donde la deformación de la belleza conduce el pensamiento
del hombre a la embriaguez,
donde la persistencia de la hermosura abre su ojo de cíclope y extravía a los adúlteros
por un paisaje con niebla.

Toda la vida se parece a mi vida.
la cabeza de Minerva y la de San Juan Bautista.
el tributo con que paga el hijo la cripta de su padre.
el agua del Nilo con que hace su pan el herrero, 
la pasta de polvo con que imita el albañil las piedras,
la destilación de la música en los pasadizos, la lengua del Tíber abriendo
las aldabas de la noche,
toda la vida se parece a mi vida.
el ojo del insubordinado se parece a mi ojo, 
la boca del inexistente se parece a mi boca,
el gusano pasta la yema del jaguar, la metafísica hace su aparición en la anestesia,
el convicto ha cancelado su pacto con la respiración, el papiro ha cerrado
su acuerdo con las lianas secretas,
la incinerada vocal de la náusea es inminente.


3.- L'ADEPTO


Ho letto durante tutta la notte il Discorso sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirándola, 
dal quale si deduce che il 14 maggio 1486 non esiste, 
che la primavera e la gioventù sono figlie di Marsilio Ficino, 
che la bellezza è per diritto mitologico sposa del tripode e del camaleonte 

Ammetto di aver letto il destino in un bicchiere d'acqua seimila anni prima della morte di Platone, 
ammetto di aver nutrito un animale dalle unghie ricurve, 
ammetto l'influenza dei maghi persiani. 

Non ho figli, ho forse commesso un crimine? 

Inoltre non ho energie per l'epica. 
Confesso di adorare scalzo il triangolo della pietà che altri chiamano il cubo di Zoroastro, 
confesso la mia fede nella teologia del numero 7 e nella gestazione dei donatori di calore, 
confesso la mia fede in Timeo di Locri astronomo del diverso.

Ho letto durante  tutta la notte l'albero della congettura, 
dai suoi frutti ho portato a casa mia la scala circolare accanto alla quale Giacobbe ebbe un sogno
e la testimonianza sulla natura celeste di tutte le pietre. 

Assumo di aver prestato attenzione a ciò che proibisce,
assumo la visita del prodigo e della musica delle sfere, 
assumo di non aver scritto nulla che non mi sia accaduto in futuro.

Ho letto durante tutta la notte il Discorso sulla dignità dell'uomo, 
dal quale si deduce l'aritmetica del mare e la Legge sotto la corteccia della quercia, 
da esso si deduce il fiume della scienza e la rondine dei caldei, 
da esso si deduce l'inesistenza della morte e la fecondità di quanto è discutibile.



EL ADEPTO


He leído durante toda la noche el Discurso sobre la dignidad del hombre de Pico de la Mirándola, 
de él se deduce que el 14 de mayo de 1486 no existe,
que la primavera y la juventud son hijas de Marsilio Ficino,
que la belleza es por derecho mitológico esposa del trípode y el camaleón.

Acepto haber leído el destino en un vaso de agua seis mil años antes de la muerte de Platón,
acepto haber alimentado a un animal de uñas curvas, 
acepto la influencia de los magos persas.

No tengo hijos, ¿acaso he cometido un crimen? 

Tampoco tengo energías para la épica.
Confieso adorar descalzo el triángulo de la piedad que otros llaman cubo de Zoroastro,
confieso mi creencia en la teología del número 7 y la gestación de los donantes de calor,
confieso mi fe en Timeo de Locros astrónomo de lo diverso.

He leído durante toda la noche el árbol de la conjetura,
de sus frutos he traído a mi casa la escalera circular junto a la que Jacob tuvo un sueño
y el testimonio sobre la naturaleza celeste de todas las piedras.

Asumo haber prestado atención a lo que impide,
asumo la visitación del pródigo y la música de las esferas,
asumo no haber dejado escrito nada que no me haya sucedido en el futuro.

He leído durante toda la noche el Discurso sobre la dignidad del hombre, 
de él se deduce la aritmética del mar y la Ley bajo la corteza de la encina, 
de él se deduce el río de la ciencia y la golondrina de los caldeos,
de él se deduce la inexistencia de la muerte y la fecundidad de lo discutible.



4.- PAESELLO


Assolutamente distrutti il destino del sogno e della torre colombaia del principe 
Gli amanti i piedi delle nuvole l'età delle stelle nel telescopio 
Quando le monete del tuono le amate incudini i magneti nativi 
Trascinano i giochi inevitabili le terre osservate dagli autunni vigili
Così semplici come gli usignoli ricamati nella cravatta giungono le sue foglie 
Le limpide nevi gli scialli notturni sulle bionde bottiglie dell'albero vuoto 
I suoni spezzati le campane calpestate dalla vendemmia 
Seduto vicino al limite dove il vento getta i suoi occhi da  bambino stanco 
Il sole sincero le nebbie che ereditano lo specchio popolare dei fiumi 
Solitario come una carta perduta la valle la dubbiosa rosa sopravvissuta 
L'enigma di tutti i mondi che elargito loro dominio 
E i genitori trasparenti le lampade della rovina sono un popolo d'amore 
Cenano sotto i lumicini di lana osservati dal sorriso dei congunti 
Si alzano come viaggiatori che hanno raggiunto il centro della notte
La grande solitudine che si leva dalle loro palpebre ed entra nelle ore 
I cieli coperti i lavori invernali su coloro che ancora continuano a vivere
E tutto come un cerchio come un sentiero di cavalli che mai sarebbe esistito 
E tutto come una casa dove pernotterebbe il midollo della divinazione.


PUEBLO


Absolutamente destruidos el destino del sueño y el palomar del príncipe
Los amantes los pies de las nubes la edad de las estrellas en el telescopio
Cuando las monedas del trueno los yunques amados los imanes natales
Arrastran los juegos inevitables las tierras miradas por los otoños atentos
Tan sencillas como ruiseñores bordados en la corbata llegan sus hojas
Las nieves claras los chales nocturnos sobre las rubias botellas del árbol vacío
Los sonidos quebrados las campanas pisoteadas por la vendimia
Sentado junto al límite donde el viento arroja sus ojos de niño cansado
El sincero sol las nieblas que heredan el espejo popular de los ríos 
Solitario como un naipe perdido el valle la dudosa rosa sobreviviente 
El enigma de todos los mundos que les ha otorgado dominio
Y los transparentes padres las lámparas de la ruina son un pueblo de amor 
Cenan bajo las bombillas de lana observados por la sonrisa de los suyos
Se levantan como viajeros que hubieran llegado al centro de la noche
La gran soledad que se despoja de sus párpados y entra en las horas
Los cielos serrados los trabajos invernales sobre quienes aún siguen viviendo
Y todo como un aro como un sendero de caballos que nunca hubiera existido
Y todo como una casa donde pernoctase oculta la médula de la adivinación.


5.- IL POTERE DEL VENTO


Il vento d'autunno, il vento che trascina resti di spino e lacrime nude fino a dietro
i vagoni dove i maschi palpeggiano giovani prostitute mentre le madrine
cuciono bottoni senza sapere quale astro sia caduto dal cielo e a nessuno corrisponde l'incarico
di abbellire la terra e di considerarsi simile agli uccelli in qualcosa. Il vento che soffia con
dita di bachelite  le cose che hanno cessato di essere sante che smettono di chiedersi a cosa
servono e dopo l'amputazione e la farsa e quanto della distribuzione le consegni al collezionista. È
il vento che rende isterici gli angeli e le sorelle che raccolgono sotto la
panchetta il carbone bruciato delle loro figlie. Il vento malintenzionato con il suo odore di sciroppo e
di vergogna quando colpisce i cancelli e i malviventi tornano nella proprietà con i
pugni insanguinati. E' il vento senza nome sulle coltre nere e il midollo dei 
montoni il vento d'autunno sulle agricolture della morte.


EL PODER DEL VIENTO


El viento de otoño el viento que arrastra restos de espino y lágrimas desnudas hasta detrás
de los vagones donde los machos manosean prostitutas jóvenes mientras las madrinas
cosen botones sin saber qué astro ha caído del cielo y a nadie le corresponde el encargo de
embellecer la tierra y considerarse en algo semejante a los pájaros. El viento que toca con
dedos de bakelita las cosas que dejaron de ser santas que dejan de preguntarse para qué
sirven y tras la amputación y la farsa y todo eso del reparto las entregas al coleccionista. Es
el viento el que vuelve histéricos a los ángeles y a las hermanas que recogen bajo la
banqueta el carbón quemado de sus hijas. El viento malintencionado con su olor a jarabe y
a vergüenza cuando golpea las cancelas y los malandros regresan a la propiedad con los
puños ensangrentados. Es el viento sin nombre sobre las colchas negras y la médula de los
carneros el viento de otoño sobre las agriculturas de la muerte.


6.- CAVALO MORTO


Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è una lucciola che  cerca una moneta smarrita. Ogni moneta perduta è una rondine di spalle, posata sulla luce di un  parafulmine. All'interno di un parafulmine c'è un ronzio di api preistoriche attorno a un'anguria. In Cavalo  Morto le angurie sono donne sonnolente che hanno in mezzo al cuore il suono di un mazzo di chiavi.

Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è un uomo vecchio che vive in Brasile  e appare nelle antologie con una faccia da pazzo. In Cavalo Morto i pazzi hanno ali da mosca e mettono di  nuovo nella loro scatola i cerini bruciati come se fossero parole sfiorate dal bagliore di un altro mondo. Un  altro mondo è il fondo di un bicchiere, un luogo dove il rettilineo ha la forma di un ferro di cavallo e c'è  un'unica strada rivestita di gabardine.

Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo  è un fiume che si leva presto per andare a fabbricare l'acqua delle lacrime, piccole bugie di pioggia ferite da un aculeo di acacia. In Cavalo Morto gli aerei legano con nastri di vapore il cielo come se le nuvole fossero un regalo di Natale e i felici e gli infelici salgono direttamente agli ippodromi eterni lungo la scaletta  dell'inanellatore di gabbiani.

Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è l'amante di un orologio solare che abbandona in punta di piedi gli ostelli del mattino seguente. Il mattino seguente è ciò  che si sarebbero detti quelli che non sono riusciti mai ad incontrasi, quelli che malgrado ciò si  sono amati  ed escono a braccetto con la brezza della sera per festeggiare il compleanno degli alberi e scrivono partiture per il campanello delle biciclette .

Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è una scuola gremita di fringuelli e  un timoniere che canta nel piattino di latte. Lêdo Ivo è un'infermiere che benda le onde e accende col suo  bacio le lampare delle barche. In Cavalo Morto tutte le cose perfette appartengono a qualcun altro, così  come il dado delle stelle marine appartiene al saccheggiatore delle teste sonnambule e il postino delle rose  della domenica alla coroncina di luce delle domestiche.

Cavalo Morto è un luogo che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. In Cavalo Morto, quando muore un cavallo,  Lêdo Ivo viene chiamato affinché lo resusciti, quando muore un evangelista, Lêdo Ivo viene chiamato affinché lo resusciti, quando muore Lêdo Ivo, chiamano il sarto di farfalle affinché lo resusciti. Prestatemi  ascolto, i bei ricordi sono fugaci come gli scoiattoli, ogni amore che finisce è un cimitero di abbracci e  Cavalo Morto è un luogo che non esiste.


CAVALO MORTO


Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un poema de Lêdo Ivo es una luciérnaga que  busca una moneda perdida. Cada moneda perdida es una golondrina de espaldas, posada sobre la luz de un  pararrayos. Dentro de un pararrayos hay un bullicio de abejas prehistóricas alrededor de una sandía. En  Cavalo Morto las sandías son mujeres semidormidas que tienen en medio del corazón el ruido de un  manojo de llaves.

Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Lêdo Ivo es un hombre viejo que viveen Brasil y sale en las antologías con cara de loco. En Cavalo Morto los locos tienen alas de mosca y vuelven a  guardar en su caja las cerillas quemadas como si fuesen palabras rozadas por el resplandor de otro mundo.  Otro mundo es el fondo de un vaso, un lugar donde lo recto tiene forma de herradura y hay una sola calle  forrada con tela de gabardina.

Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un lugar que existe en un poema deLêdo Ivo  es un río que madruga para ir a fabricar el agua de las lágrimas, pequeñas mentiras de lluviaheridas por una  púa de acacia. En Cavalo Morto los aviones atan con cintas de vapor el cielo como silas   nubes   fuesen   un    regalo   de   Navidad   y   los   felices   y   los   infelices   suben   directamente   a   loshipódromos eternos por  la escalerilla del anillador de gaviotas.

Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Un poema de Lêdo Ivo es el amante deun reloj de sol que abandona de puntillas los hostales de la mañana siguiente. La mañana siguiente eslo que  iban a decirse aquellos que nunca llegaron a encontrarse, los que aun así se amaron y salen delbrazo con la  brisa del anochecer a celebrar el cumpleaños de los árboles y escriben partituras para eltimbre de las bicicletas.

Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. Lêdo Ivo es una escuela llena depinzones y un timonel que canta en el platillo de leche. Lêdo Ivo es un enfermero que venda las olas yenciende   con   su  beso   las   bombillas   de   los  barcos.   En   Cavalo  Morto   todas   las   cosas   perfectaspertenecen a  otro, como pertenece la tuerca de las estrellas marinas al saqueador de las cabezassonámbulas y el cartero de las rosas del domingo a la coronita de luz de las empleadas domésticas.

Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lêdo Ivo. En Cavalo Morto cuando muere un caballo se llama a Lêdo Ivo para que lo resucite, cuando muere un evangelista se llama a Lêdo Ivopara que lo resucite, cuando muere Lêdo Ivo llaman al sastre de las mariposas para que lo resucite.Háganme caso, los recuerdos hermosos son fugaces como las ardillas, cada amor que termina es uncementerio de abrazos y Cavalo Morto es un lugar que no existe.


7.- BALTHUS


È impossibile rinchiudersi col Marito della Notte
quando la musica dei passatempi abbandona il racconto di Balthus
e l'infermiere alza le spalle.

Difficilmente proverò vergogna:
ho messo le mie mani sul consiglio
e la minaccia della sua giustizia è diventata la mia compagna.

Un uomo vulnerabile è una punizione che non dovrebbe ripetersi.
Secondo i sacerdoti, eredi del giaciglio e della medicina del sale,
i rudimenti del cinghiale evolvono liberamente
seguendo un piano tracciato dall'infortunio del ferraio
e dall'appannato cervello della rondine di mare.

La felicità sarà il giorno seguente:
l'auto con un domatore attende alla porta.

E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

Sa di specchio ciò in cui inizia ad addormentarsi:
un pubescente, sinonimo di adolescente,
possono anche scegliere tra nubile, giovane o fanciullo,
che malato di malaria urina zaffiro su un dipinto di Balthus,
quel luogo dove i fanfaroni mettono avanti i piedi al di sotto dell'infanzia
per ingraziarsi i professionisti del contrattempo.

E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

Supponendo che ciò che vediamo in Balthus non sia il paesaggio di Balthus,
ma un ginocchio a forma di montagna a cui si avvicina l'animaletto borghese,
qualsiasi delle scuse di un gatto che abbandona il piattino del latte
per leccare le ciliegie della contessa Klossowska de Rola,
nota come Setsuko tra gli alpinisti che si aggirano per lo chalet,
deve essere considerato uno stratagemma del macellaio di ermellini
diretto al ballo dei popolari soprabiti surrealisti.

Sebbene da quanto detto si possano dedurre due ipotesi,
una relazionata con le gardenie giapponesi,
un'altra con il silenzio annullato dalla musica di Mozart,
nessuna delle due va al di là di un granchio con gli occhi azzurri.
E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

L'ambiguità degli esausti rischia in ogni visione 
una vita destinata alle carnevalate dei musei,
gente come Sharon Stone o il barone Philippe de Rothschild
giocando sui tappeti di genziana con il cane dal collare rosso.

Un uomo impeccabilmente vestito entra nella casa di Giacometti,
porta una tavola bianca e le donnine che hanno familiarità col sudario,
gli occhi aperti come kimoni medicinali,
incroceranno le gambe diciamo per pregare.

E il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.

Nulla si sa ed è conveniente non saperlo su quanto durerà la vita,
i cuori biondi salgono i gradini due alla volta,
le baronesse caricano i fucili con maionese per difendersi dalla ghigliottina
e il mio nobile amore parla con ciò che inizia ad addormentarsi.


BALTHUS


Es imposible encerrarse con el Marido de la Noche
cuando la música de los pasatiempos abandona el cuento de Balthus 
y el enfermero se encoge de hombros.

Difícilmente sentiré vergüenza:
He puesto mis manos sobre el consejo
y la amenaza de su justicia se ha convertido en mi compañera.

Un hombre venerable es un escarmiento que no se debería repetir. 

Según los sacerdotes, herederos del somier y la medicina de la sal, 
los rudimentos del jabalí evolucionan libremente
siguiendo un plan trazado por el infortunio del herrero 
y el empañado cerebro de la golondrina marina.

La felicidad será el día siguiente:
El coche con un domador espera a la puerta.
Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

Huele a espejo en lo que empieza a dormirse: 
Un púber, sinónimo de adolescente,
también pueden elegir entre núbil, joven o mozo,
que enfermo de malaria orina zafiro sobre un cuadro de Balthus, 
ese lugar donde los fanfarrones sacan sus pies por debajo de la infancia
para congraciarse con los profesionales del contratiempo. 
Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

Suponiendo que lo que vemos en Balthus no sea el propio paisaje de Balthus,
sino una rodilla con forma de montaña a la que se acerca el animalito burgués,
cualquiera de las excusas de un gato que abandona el platillo de leche
para lamer las cerezas de la condesa Klossowska de Rola,
conocida como Setsuko entre los alpinistas que merodean el chalet, 
ha de ser considerada una estratagema del carnicero de armiños 
con destino al baile de los populares abrigos surrealistas.

Aunque de lo dicho se podrían deducir dos hipótesis, 
una relacionada con las gardenias japonesas,
otra con el silencio anulado por la música de Mozart,
ninguna de las dos va más allá que un cangrejo con ojos azules. 

Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

La ambigüedad de los exhaustos arriesga en cada visión 
una vida destinada a las carnestolendas de los museos,
gente como Sharon Stone o el barón Philippe de Rothschild 
jugando sobre las alfombras de genciana con el perro del collar rojo.

Un hombre impecablemente vestido entra en la casa de Giacometti,
lleva un tablón blanco y las mujercitas familiarizadas con la mortaja,
los ojos abiertos como medicinales kimonos, 
cruzarán las piernas digamos que para rezar.

Y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.

Nada se sabe y conviene no saberlo de cuánto ha de durar la vida, 
los corazones rubios suben los peldaños de dos en dos,
las baronesas cargan los fusiles con mayonesa para defenderse de la guillotina
y mi noble amor habla con lo que empieza a dormirse.


8.- ECLISSE CON RIMBAUD



Ho passato metà della mia vita nell'oscurità.
Ho scaricato camion di oscurità.
Ho bevuto tutta l'oscurità.
Ho dormito con l'oscurità.

Ho amato l'oscurità e ho dormito con lei.
Ho toccato le pietre dell'oscurità fino a ferirmi le mani.
Ho ripetuto il tuo nome nell'oscurità.

I pescatori cantano nella nebbia dell'oscurità.
I giovani senza vita sono svegli nell'oscurità.
I musicisti e le prostitute custodiscono i loro cuori nell'oscurità.

Ho sognato l'oscurità per metà della mia vita.
Ho ospitato la mia giovinezza nella canapa dell'oscurità. 
Ho denudato l'oscurità e con lei ho goduto.
Ho accarezzato  con dita da pastore il sesso dell'oscurità.

L'oscurità è la preghiera delle fisarmoniche nuvolose.
L'oscurità vive nelle parole che decifrano la morte. 
L'oscurità abita i sobborghi della bellezza.

Date da abbaiare al cane dell'oscurità. 
Udite la sacra lebbra dell'oscurità.



ECLIPSE CON RIMBAUD

A Guadalupe Grande


He pasado la mitad de mi vida en la oscuridad. 
He descargado camiones de oscuridad.
He bebido toda la oscuridad. 
He dormido con la oscuridad.
He amado la oscuridad y me he acostado con ella.
He tocado las piedras de la oscuridad hasta herirme las manos. 
He repetido tu nombre en la oscuridad.

Los pescadores cantan en la niebla de la oscuridad. 
Los jóvenes sin vida están despiertos en la oscuridad.
Los músicos y las rameras guardan su corazón en la oscuridad.

He soñado con la oscuridad la mitad de mi vida.
He hospedado mi juventud en el cáñamo de la oscuridad. 
He desnudado a la oscuridad y gozado con ella.
He acariciado con dedos de pastor el sexo de la oscuridad.

La oscuridad es la oración de los acordeones nublados.
La oscuridad vive en las palabras que descifran la muerte. 
La oscuridad habita los suburbios de la belleza.

Dad de ladrar al perro de la oscuridad. 
Oíd la lepra sagrada de la oscuridad.


9.- L'ARCA DEI DONI


La mia anima è quella casa di legno trascinata dalla burrasca.
A volte di notte sento un ospite invisibile avvicinarsi  e sento la sua chiave girare e sento i suoi passi 
avanzare.
Quindi la poesia, ogni piuma strappata alle ali di un angelo, è la somiglianza di una casa nell'aria, il portale  luminoso, le finestre aperte, colui che spinge la porta e colui che entra sicuro e si avvicina all'arca e  distribuisce i doni.
Do all'alba, quando il sangue dei delfini si sparge lentamente sulla segatura delle birrerie, un coltello 
bianco.
A chi ha camminato con me sotto il gelo nero della notte e ha sofferto insieme a me la docile alleanza del fallimento, lascio la ferita.
Alla colonna di silenzio di quella ragazza che, sfiorata dal tocco dell'obbedienza, conserva nel suo pensiero  la perfezione della morte, un calice di vento e radici.
Al fiume della mia infanzia dove Democrito di Siracusa bevve la nebbia dello spirito, la luminosità che i miei  occhi non avranno più.
Alla città che circondata dall'ellisse dell'invecchiamento seppellì la sua memoria accanto alle norie degli  smarrimenti, una tomba vuota.
Al ragazzo ebreo che davanti a uno specchio appannato contempla il rubino della sua anima trafitto dalla spina della crocifissione, una scatola musicale.
All'ombra di mio padre che contempla la luna, una capanna nel bosco.
A colui che negli atri della conformità ha sofferto la povertà ma non sarà citato nelle tavole della giustizia, la  bilancia con gli alimenti.
In riva al mare, un cavallo con la testa di tartaruga romana.
Alla donna che mi ha amato con la fedeltà dell'astronomo, lascio lo splendore, l'aura di una stella il cui astro  non esiste.
All'ibis, l'analogia degli aghi.
A chi, strettamente sorvegliato dalla follia, ha fatto vibrare l'angolo retto delle costellazioni, la fisarmonica e  le colombe verdi della piazza.
Per te, amore mio, il fiume eterno degli dei e dei loro gatti sacri.
All'incorruttibile nemico la cui vittima fu felice come una calamita vertiginosa davanti ai filamenti della  malinconia, una sedia di tifa.
Alla morte, una porta aperta.
Al giustiziato nell'abisso della sua stessa scrittura che ha avuto orecchie solo per l'angelo e ha amato la 
somiglianza e l'inutilità delle cose, una gabbia con pesci di legno.
All'autunno, la lontana memoria delle balene del capo.
Alla saggezza dei profeti, un lume del silenzio.
Alla lapide di Leonardo Mestre, i sogni che non ha avuto e che mai conoscerà.
A colui che con la sua torcia al fosforo ha aiutato a resistere e ha guidato la navigazione dei torturati, il faro  dell'utopia.
Alla dolce donna che si è avvicinata come madre alla mia ombra, l'azzurro di maggio e il ronzio delle api in  primavera.
Al giardino dei monasteri, l'allodola dell'alba e la rosa recisa del rabbino.
Al tetrarca e a chi sta dietro la lingua come un tafano, l'urna rotta del centauro davanti alla quale un 
servitore lancia grida.
Alla tristezza che stava attraversando il ponte quella sera d'inverno, una rivoltella bloccata da un nodo.
Per il taglialegna che ha abbattuto il grande cipresso degli ermeneuti, la meteora silvestre delle agili cerve.
Alla statua di Francesco Orsini Duca di Bomarzo, la vertigine trasparente della materia in fuga.
Ai versi che non ho scritto, una collana di frutti e di semi.
Alla fessura dell'eremita, la pantera del calar della notte.
Alla memoria, la pioggia, il giglio delle stazioni abbandonate dove passa il treno senza fermarsi.
Agli amanti che nel buio decifrano la loro nudità, un filo di saliva.
Alla piramide della conoscenza, l'ametista bagnata dello scarabeo e le elitre celesti del geroglifico.
All'Avana dei miei antenati intorno al 1920, la neve.
Per Rousseau il Doganiere, le svelte antilopi che attraversano l'acqua rubra dei sogni.
Date questo libro agli animali, al gufo e all'alce, all'armadillo e al riccio selvatico.
Strappate le sue pagine una ad una e datele agli animali. Date alla donnola l'oscurità della parola bufalo e al  bufalo l'immacolata prateria del biliardo dei bar.
E tra tutti i doni e tra tutti i sogni, date al mio cuore una casa nell'aria.


EL ARCA DE LOS DONES

 
Mi alma es esa casa de madera que arrastra el vendaval.
A veces en la noche yo siento acercarse a un huésped invisible y oigo girar su llave y escucho avanzar sus  pasos.
Entonces la poesía, cada pluma arrancada a las alas de un ángel, es la semejanza de una casa en el aire,el  portal luminoso, las ventanas abiertas, el que empuja la puerta y el que entra seguro y se acerca hasta el  arca y reparte los dones.
Doy al amanecer, cuando la sangre de los delfines se derrama lentamente sobre el serrín de las cervecerías,  un cuchillo blanco.
Al que bajo el hielo negro de la noche caminó conmigo y sufrió conmigo la dócil alianza del fracaso, dejo la  herida.
A la columna de silencio de esa muchacha que rozada por el tacto de la obediencia guarda en su 
pensamiento la perfección de la muerte, una copa de viento y de raíces.
Al río de mi infancia donde bebió Demócrito de Siracusa la niebla del espíritu, la claridad que ya no tendrán  mis ojos.
A la ciudad que cercada por la elipse del envejecimiento enterró su memoria junto a las norias de la 
desposesión, una tumba vacía.
Al muchacho judío que ante un espejo empañado contempla el rubí de su alma atravesado por la espina de  la crucifixión, una caja de música.
A la sombra de mi padre contemplando la Luna, una cabaña en el bosque.
Al que en los atrios de la conformidad padeció la pobreza mas no será nombrado en las tablas de la justicia, la balanza con los alimentos.
A la orilla del mar, un caballo con cabeza de tortuga romana. 
A la mujer que me amó con la fidelidad del astrónomo, dejo el resplandor, el halo de una estrella cuyo astro  no existe.
Al ibis, la analogía de las agujas.
Para el que estrechamente vigilado por la locura hizo vibrar el ángulo recto de las constelaciones, el 
acordeón y las palomas verdes de la plaza.
Para ti, amor mío, el río eterno de los dioses y sus gatos sagrados.
Al insobornable enemigo cuya víctima fue feliz como un imán vertiginoso ante los filamentos de la 
melancolía, una silla de enea.
A la muerte, una puerta abierta.
Al ajusticiado en el abismo  de  su   propia escritura que  solo  tuvo oídos para el ángel y amó la semejanza y  la inutilidad de las cosas, una jaula con peces de madera.
Al otoño, la lejana memoria de las ballenas del cabo. 
A la sabiduría de los profetas, un candil de silencio.
A la lápida de Leonardo Mestre, los sueños que no tuvo y que ya nunca sabrá.
Al que con su linterna de fósforo ayudó a resistir y guió la navegación de los torturados, el faro de la utopía.
A la dulce mujer que se acercó a mi sombra como madre, el azul de mayo y el zumbido de las abejas en la  primavera.
Al jardín de los monasterios, la alondra del alba y la rosa cortada del rabino.
Al tetrarca y al que está detrás de su lengua como un tábano, la urna rota del centauro ante la que un 
lacayo da voces.
A la tristeza que iba cruzando el puente aquella tarde de invierno, un revólver cerrado por un nudo.
Para el leñador que derribó el gran ciprés de los hermeneutas, el meteoro silvestre de las ciervas 
ingrávidas.
A la estatua de Francesco Orsini duque de Bomarzo, el vértigo transparente de la materia que huye.
A los versos que no escribí, un collar de frutos y semillas.
A la grieta del eremita, la pantera del anochecer.
A la memoria, la lluvia, el lirio de las estaciones abandonadas por las que pasa el ferrocarril sin detenerse.
A los amantes que descifran su desnudez en la oscuridad, un hilo de saliva.
A la pirámide del conocimiento, la amatista mojada del escarabajo y los élitros celestes del jeroglífico.
A La Habana de mis antepasados allá por mil novecientos veinte, la nieve.
Para Rousseau el Aduanero, los ágiles antílopes que cruzan el agua encarnada de los sueños.
Dad este libro a los animales, al búho y al alce, al armadillo y al erizo silvestre.
Arrancadle una a una sus páginas y dádselas a los animales. Dadle al hurón la oscuridad de la palabra búfalo 
y al búfalo la inmaculada pradera del billar de los bares.
Y de entre todos los dones y de entre todos los sueños, dadle a mi corazón una casa en el aire.



JUAN CARLOS MESTRE (Villafranca del Bierzo, León, Spagna, 15 aprile 1957), poeta, artista visivo saggista e  musicista. Premio Castilla y León per la Letteratura nel 2018 per la sua opera complessiva, ha anche  importanti riconoscimenti come il Premio Nazionale di Poesia (2009) per il suo libro La casa roja. Vincitore del Premio Adonáis (1982) per Antífona del otoño en el valle del Bierzo , premio Gil de Biezma (1992).  Questi sono solo alcuni di importanti riconoscimenti. Sulla poesia ha dichiarato in un'intervista a El País: «la  poesia, che è parola nel tempo, è la particella elementare della lingua dei popoli. Parla alla folla che non  esiste».  Restituire il significato alle parole. Questa è la missione della poesia per il poeta Juan Carlos  Mestre, è necessario che le parole riacquistino il loro significato.

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