Virginia Veludo | Qualunque Forma Esca Sarà Migliore della Prima
SUICIDIO Quando racconto di come sei morto, la forchetta sul vetro di bottiglia, il gesso nuovo sulla lavagna. Quando racconto di come sei m...
SUICIDIO
Quando racconto di come sei morto,
la forchetta
sul vetro di bottiglia,
il gesso nuovo
sulla lavagna.
Quando racconto di come sei morto,
le ruote del treno
in frenata,
la carta,
se viene addentata.
Quando racconto di come sei morto,
una porta
cigolante,
una sedia
scricchiolante.
Quando racconto di come sei morto,
qualcuno che dorme
russando forte,
le zanzare d’estate
nell’orecchio.
Quando racconto di come sei morto,
unghie affilate mi graffiano gli organi.
Quando racconto di come sei morto,
mi muori ogni volta una volta di più.
CONTATTO NOTTURNO
Tocchiamoci i piedi papà,
ti sento lontano,
sfioriamoci un po'.
Son qui, sono qui piccolina.
Guardiamo i pensieri,
suoniamo la sera.
Restiamo nel caldo respiro che spera.
QUANDO MI PARLI
Quando dici
e poi non dici,
quando ammetti
e poi rinneghi,
quando guardi
e poi distogli,
quando mi spieghi come farai,
quando mi dici che non lo sai,
quando mi dici che non vuoi pensarci,
quando mi dici che è colpa degli altri,
quindi non riesco più ad ascoltarti:
ho messo un filtro quando mi parli.
ANIMALE NOTTURNO
C’è il gufo che parla di notte di buio,
l’iguana lo sguardo dal vetro sdraiata.
Si sente che esisti dovunque cammini,
si sente che esisti nei mobili attorno.
Sei gabbia o dimora?
Sei sguardo di gufo,
sei muro con occhi,
sei iguana in vetrina.
LA BIGLIA
Metti una biglia
inclinata sul piano
liscio e senza ostacoli
un piano ghiacciato
dalle una spinta:
rotolerà.
Metti una biglia
oscillante sul piano
tra buche e avvallamenti
un piano incurvato
dalle una spinta:
si fermerà.
IL CAMPO
Il campo
dove tutto è cominciato
era così sterminato.
C'era il fieno e c’erano i cani,
c’eravamo io e te: sorridevamo.
I tuoi lupi senza guinzaglio
ti seguivano per le strade
nella notte del quartiere.
Li dominavi con uno sguardo.
Poi il campo marrone dell'autunno
ha accolto il seme.
L'abbiamo innaffiato,
l’abbiamo coltivato,
l’abbiamo nutrito.
C’eravamo io e te: sorridevamo.
Questo campo quanto ha visto.
Ogni fiore un pensiero,
ogni orma un sospiro
e oggi è giallo sta brillando.
Questo campo sterminato
ha cambiato il suo vestito
e oggi
mi riflette.
La Colombo intanto lo sfiora
con un rombo di motore.
Lo minaccia.
Ma la terra, la terra non trema.
Semplicemente siede.
RAPACE
La faccia sembrava di cera.
Era di madre, sembrava una pietra,
forse era nulla, ma sembrava vera.
Non era il viso di una che spera.
Un muro che mi fissava.
Col sopracciglio fin sopra alla fronte.
Mi giudicava, poi, forse temeva
che l'avrei sciolta
soltanto a guardarla.
Dio che paura, ho abbassato lo sguardo:
ferma ed austera era troppo severa,
stava in agguato era pronta all’attacco.
Sembrava un rapace.
Vorace voleva rapirmi,
vorace
voleva inghiottirmi.
SOGNO PREMONITORE
Una nave tonda
di sogno vestita
s’appoggia
su un mare calmo.
Una ragazza bionda
s’incipria il naso
le guance brillanti
sembrano d’alba.
Lo sguardo sereno
guarda da una finestra
che non c’è
è strano — dico io —
ci starebbe proprio bene
una finestra da cui guardare
quel mare tiepido
piatto
una tavola imbandita
di un tramonto lieve
e rispettoso.
da: Qualunque Forma Esca Sarà Migliore della Prima (Edizioni Effetto: 2024)
VIRGINIA VELUDO è nata nel 1989, laureata in filosofia, insegnante. Qualunque Forma Esca Sarà Migliore della Prima (2024) è la sua prima raccolta poetica.