POESIA RUSSA | Osip Ėmil’evič Mandel’štam | Poesie Scelte

Nuova versione a cura di Donata De Bartolomeo A STALIN Viviamo senza fiutare il paese sotto di noi, i nostri discorsi n...


Nuova versione a cura di Donata De Bartolomeo




A STALIN

Viviamo senza fiutare il paese sotto di noi,
i nostri discorsi non si sentono a dieci passi
e dove c’è spazio per un mezzo discorso
là ricordano il montanaro caucasico.
Le sue dita tozze sono grasse come vermi
e le parole , del peso di un pud, sono veritiere,
ridono i baffetti da scarafaggio
e brillano i suoi gambali.

E intorno a lui una marmaglia di capetti dal collo sottile,
si diletta dei servigi di mezzi uomini,
chi fischia, chi miagola, chi frigna
appena apre bocca e alza un dito.
Come ferri di cavallo forgia decreti su decreti –
a chi da’ nell’inguine, a chi sulla fronte, a chi nelle sopracciglia, a chi negli occhi
ogni morte è per lui una cuccagna
e l’ampio petto di osseiano.

(novembre 1933)



PIETRA

Leggere soltanto libri per bambini,
nutrire soltanto pensieri infantili.
Disperdere lontano tutto ciò che è grande,
ribellarsi al dolore profondo.

Io sono mortalmente stanco della vita,
non ne ho accettato nulla
ma amo la mia sciagurata terra
perché altra non ne ho vista.

Mi dondolavo in un lontano giardino
su una semplice altalena di legno
e gli alti, oscuri abeti
ricordo in un nebbioso delirio.

Più tenero della tenerezza
il tuo volto,
più bianca del bianco
la tua mano,
dal mondo intero
tu sei lontana
e tutto ciò che è tuo –
dall’inellutabile.

Dall’inellutabile
la tua tristezza
e le dita delle mani
che non diventano fredde
e il sommesso suono
di allegri discorsi
e la lontananza
dei tuoi occhi.

Mi è stato concesso un corpo – cosa devo farne di lui
così unico e così mio?

Per la gioia sommessa di respirare e vivere
ditemi, chi devo ringraziare?

Sono un giardiniere ed anche un fiore,
nella prigione del mondo non sono solo.

Sui vetri dell’eternità già si è posato
il mio respiro, il mio calore.

Vi si stamperà un fregio,
da poco tempo irriconoscibile.

Lascia che coli via il limo dell’attimo –
non si cancella il caro fregio.

  
TRISTIA

Ho imparato l’arte degli addii
nei lamenti notturni a testa nuda.
Ruminano i buoi e si prolunga l’attesa –
ultima ora di veglie cittadine,
rispetto il rito di questa notte di gallo
quando, sollevato il fardello del dolore del viaggio,
guardavano lontano gli occhi rossi di pianto
e il lamento delle donne si confondeva col canto delle muse.

Chi può sapere di fronte alla parola “addio”
quale congedo ci attende,
cosa ci predice il clamore dei galli,
quando arde il fuoco nell’acropoli
e all’alba di una qualche nuova vita,
quando nei ricoveri rumina pigramente il bue,
perché il gallo, araldo di una nuova vita,
sulle mura della città batte le ali?

Ed io amo la consuetudine della tessitura:
ordisce la spola, il fuso ronza.
Guarda, come piuma di cigno,
già ci vola incontro scalza Delia!
Oh, meschino ordito della nostra vita,
quando è povera la lingua della felicità!
Tutto è già stato, tutto di nuovo si ripete,
ci è dolce soltanto l’attimo del riconoscimento.

Che così sia: una diafana figurina
giace su un semplice piatto d’argilla,
come pelle appiattita di scoiattolo,
china sopra la cera, guarda una fanciulla.
Non sta a noi divinare sul greco Erebo,
per le donne la cera è come il rame per gli uomini.
Noi affrontiamo il destino solo in battaglia,
a loro è dato di morire. 

Dal gorgo malvagio e paludoso
sono cresciuto frusciando come stelo di canna
dolorosamente, oscuramente e dolcemente
respirando la vita proibita.
E mi piego, senza essere da alcuno osservato,
nel freddo e fangoso rifugio,
accolto dallo stormire augurale
dei brevi minuti autunnali.
Mi felicito della crudele offesa
e nella vita più simile ad un sogno
invidio tutti
e di nascosto mi innamoro di tutti.

La tua immagine, dolorosa e incerta,
non posso tastare nella nebbia.
“Signore!” Dissi per sbaglio
senza pensare io stesso di dirlo.

Il nome di Dio, come un grande uccello,
spiccò il volo dal mio petto.
Dinanzi turbina una fitta nebbia
e indietro una gabbia vuota.

*

Un indicibile dolore
ha aperto due enormi occhi,
il vaso di fiori si è destato
ed ha sparso il suo cristallo.
Tutta la stanza si è impregnata
di languore – dolce medicina!
Questo piccolo regno
ha inghiottito così tanti sogni
un po’ di vino rosso,
un po’ di maggio assolato –
e, frantumando un biscotto sottile,
il biancore delle dita sottilissime.

 *

 Mio secolo, mia bestia, chi ce la fa
a gettare uno sguardo nelle tue pupille
ed incollare col proprio sangue
le vertebre di due secoli?
Il sangue-costruttore sgorga
nella gola dalle cose terrene,
un parassita trema appena
sulla soglia dei nuovi giorni.

*

Che via è questa?
Via Mandel’štam.
Che diavolo di cognome –
Girala come ti pare,
suona di traverso non per dritto.

C’era poco di lineare in lui,
non aveva un carattere tenero
ed ecco perché questa strada
o, più veritieramente, questa fossa
si chiama così col nome
di questo Mandel’štam.


Ho brividi di freddo,
ho voglia di ammutolire!
Ma nel cielo danza l’oro,
mi ordina di cantare.

Soffri, inquieto musicante,
ama, ricorda e piangi
e raccogli la palla leggera,
gettata via dall’oscuro pianeta!

Ed eccolo, l’autentico
legame col mondo misterioso!
Quale opprimente nostalgia,
quale disgrazia è sopraggiunta!

Che succederà se, trasalendo ingiustamente,
baluginando sempre,
con la sua spilla arrugginita
mi toccherà la stella?
Aiutami, Signore, a sopravvivere a questa notte:

ho paura per la vita – per la tua schiava –
vivere a Pietroburgo è come dormire in una bara!


Dirò questo in brutta copia, in un sussurro
perché ancora non è ora:
si capisce col sudore e l’esperienza
il gioco incontrollato del cielo.

E sotto il cielo provvisorio del purgatorio
spesso dimentichiamo il fatto
che il felice magazzino del cielo
è una casa allungabile mentre sei ancora in vita.


da L’Ombra delle Parole – Rivista Letteraria Internazionale


OSIP ĖMIL'EVIČ MANDEL'ŠTAM (in russo: Осип Эмильевич Мандельштам), è stato un poeta, prosatore e saggista russo, nato a Varsavia il 3 gennaio 1881 e morto a Vladivostok (pare in campo di concentramento) il 27 dicembre 1936, dopo che per alcuni anni non si era saputo più nulla di lui.  Esponente di spicco dell'acmeismo e vittima delle Grandi purghe staliniane «è stato uno dei grandi poeti del XX secolo». Dopo la rivoluzione era rimasto in Russia, pur non aderendo ad essa: sembrò anzi ignorarla tanto che di essa non si avverte alcun riflesso nei versi da lui solo sporadicamente pubblicati nelle riviste Novyj mir e Zvezda. i affermò presto, fin dai primi volumi di versi (Kamen′, "La pietra", Pietroburgo (1913; Tristia, Berlino 1922 e Mosca 1923; ristampate poi nel volume Stichotvorenija, Leningrado 1928, comprendente anche le poesie scritte tra il 1921 e il 1925). Come prosatore ha scritto alcuni saggi che sono considerati una delle migliori caratterizzazioni che esistano dell'arte e della poesia russa modema, e il volume Šum vremeni ("Il fragore del tempo", Leningrado 1925), ampliato in seguito in Egipetskaja marka ("Il francobollo egiziano", 1928), in cui rivive, in una suggestiva e inimitabile prosa evocativa, la sua infanzia e con essa la Russia della fine del secolo scorso, con il fasto di Pietroburgo zarista e l'atmosfera piccolo-borghese della casa ebraica in cui egli crebbe. Opere complete (Sobranie sočinenij), in versi e prosa, a cura e con saggi di B. A. Filippov-Filistinskij e G. P. Struve, New York 1955 (con bibliografia, varianti e indici). Edizioni italiane delle opere: Strofe pietroburghesi, trad. e introduzione di Cesare G. De Michelis, Milano: Ceschina, 1964; La quarta prosa. Sulla poesia. Discorso su Dante. Viaggio in Armenia, trad. di Maria Olsoufieva, presentazione di Angelo Maria Ripellino, Bari: De Donato, 1967; Poesie, a cura di Serena Vitale, Milano: Garzanti, 1972; Nadežda Mandel'štam, Le mie memorie con poesie e altri scritti di Osip Mandel'štam, trad. di Serena Vitale, Milano: Garzanti, 1972; Poesie 1921-1925, trad. di Serena Vitale, Parma: Guanda, 1976; Il rumore del tempo. Feodosia. Il francobollo egiziano, trad. di Giuliana Raspi, Torino: Einaudi, 1980; Firenze: Passigli, 2010; La quarta prosa, trad. di Maria Olsoufieva, con due scritti di Angelo Maria Ripellino, Roma: Editori Riuniti, 1982, 2012; Poesie, trad. di Annelisa Alleva, "Nuovi Argomenti", n. 26, 1988, pp. 67-69; Lettere al padre, trad. di Annelisa Alleva, "Nuovi Argomenti", n. 26, 1988, pp. 94-105; Viaggio in Armenia, a cura di Serena Vitale, Milano: Adelphi, 1988, 1996, 2002; Articoli sulla letteratura e sull'arte, a cura di Giorgio Pasini, Milano: Celuc, 1989; Viaggio in Armenia, Firenze: Pontecorboli, 1990, 2012; Conversazione su Dante, a cura di Remo Faccani, Genova: Il melangolo, 1994, 2003, 2015; Quaderni di Voronež, trad. e note di Maurizia Calusio, presentazione di Ermanno Krumm, Milano: Mondadori, 1995; Cinquanta poesie, a cura di Remo Faccani, Torino: Einaudi, 1998; Sulla poesia, trad. di Maria Olsoufieva, con due scritti di Angelo Maria Ripellino, nota di Fausto Malcovati, Milano: Bompiani, 2003; Il programma del pane, a cura di Lia Tosi, Troina: Città aperta, 2004; La conchiglia e altre poesie, a cura di Stefania Sini, Pistoia: Via del vento, 2005; Saggi e poesie per bambini, trad. di Donata De Bartolomeo, a cura di Giorgio Linguaglossa, Roma: Scettro del Re, 2005; Ottanta poesie, a cura di Remo Faccani, Torino: Einaudi, 2009; Libertà al crepuscolo, a cura di Remo Faccani, Milano: Corriere della Sera, 2012; Il rumore del tempo e altri scritti, a cura di Daniela Rizzi, Milano: Adelphi, 2012; I lupi e il rumore del tempo. Poesie, trad. e introduzione di Paolo Ruffilli, Castelfranco Veneto: Biblioteca dei leoni, 2013; Trenta poesie, trad. di Paolo Statuti, introduzione di Claudia Scandura, Piateda: Cfr, 2014; Osip Ėmil’evič Mandel’štam, Poesie Scelte – Nuova versione a cura di Donata De Bartolomeo, L’Ombra delle Parole – Rivista Letteraria Internazionale,  2 luglio 2014; La pietra, a cura di Gianfranco Lauretano, Milano: Il Saggiatore, 2014, 2018; Quaderni di Voronež: primo quaderno, a cura di Maurizia Calusio, Macerata: Giometti & Antonello, 2017; Quasi leggera morte. Ottave, a cura di Serena Vitale, Milano: Adelphi, 2017; L'opera in versi, a cura di Gario Zappi, Macerata: Giometti & Antonello, 2018


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