Sayed Hegab | Il Tempo e altre Poesie

IL TEMPO Qohelet disse: C’è un tempo per l’amore  un tempo per la serietà  un tempo per il gioco un tempo per la menzogna... un tempo per l’...




IL TEMPO


Qohelet disse:
C’è un tempo per l’amore 
un tempo per la serietà 
un tempo per il gioco
un tempo per la menzogna... un tempo per l’amara verità 
Disse la volpe, politico e mercante:
Hai ragione!
C’è un tempo per mentire... e un tempo per la verità mendace 
e io che nella sciocca saggezza sono costretto e soffocato 
Dissi:
«Credo ad un solo Dio...» 
E singhiozzavo
La morte non ha tempo 
la morte è di ogni tempo.

1966

 

IMMAGINE SULLA PARETE


Da mille... 
duemila...
forse tremila anni...
il flautista cieco sta sempre a mostrar se stesso sulla parete... qui 
e ci sorride spesso...
col cuore guarda lontano 
e dalle dita leggere,
dalle labbra genera la melodia d’un canto. 
Mi chiedo
A noi sorride o ci deride?
E la sua melodia... è un allegro canto 
o è invece lutto e pianto?
Allora mi chiedo:
se il suonatore cieco... è come noi, cieco. 


1969

 

Nasciamo per morire...
... generiamo per il buio della terra 
costruiamo per distruggere
e la voce alziamo prima di svanire in silenzio
la vita scorre sbattuta nella più selvaggia solitudine 
e noi corriamo... assetati dietro un miraggio
e viviamo per colmare d’acqua 
brocche frantumate
Ma la verità stupefacente 
è che angeli...
e demoni...
hanno ancora per noi... 
mille attenzioni

1971



ANCORA SOLO


1-

Chi afferra l’aria... l’aria è cavallo 
che corre senza voce
schiude le porte e il fiore del silenzio 
dà respiro alle case
gli amici passano per le pareti 
di pace si riempie il petto
di fede il cuore... di lampi gli occhi


2-

Siamo vissuti insieme...
dividendo il sorriso e il soffio della brezza 
il nostro amore era al di là del tempo
una rosa madida di rugiada

Ci siamo uniti all’esplodere dell’universo 
In una rocca assediata da nemici 
Bevemmo l’inferno e il paradiso...
... nel vibrare delle corde dei violini gitani


3-

Chiudi gli occhi e manda un saluto al mondo che nasce di nuovo davanti a noi
e il ventre dell’albero è colmo
di melograni, fichi, gelsi e arance.
 

4-

Una colomba bianca vola per l’immenso spazio 
Un passero impara a volare
quasi non stende le ali 
dalle piume setose.
La brezza del mattino 
una bianca vela solitaria
sono corda di violino che vibra di vita 
piango come neonato e abbraccio il mondo. 
L’alba arriva dopo mille notti nere
Chiudo gli occhi per vedere... 
Ombre... ombre...
alle labbra affiora una preghiera 
L’universo si espande... ed io nel vortice 
di magiche melodie
nella purezza del cielo 
e nel fremito della terra
nelle tempeste del mare.




Traduzioni dall’arabo di Fulvia De Luca; trasposizioni in romanesco di Gabriella Massa



SAYED HEGAB Nato nel 1940 in un piccolo paese, al-Matariya, sulle sponde del lago Manzala. E dopo una prima fase di produzione in lingua classica, in conformità alla formazione accademica che in quegli anni acquisiva, negli anni ’60 Hegab sceglieva il dialetto, pur trasfondendovi i movimenti di rima e ritmo dell’arabo classico. Nel 1966, la sua prima importante raccolta Sayyad wa ginniya (Un pescatore e una jinni) conquistava il plauso della critica. Il suo contributo alla società della cultura egiziana, certo, non fu interrotto. Nel 1968 Hegab fondava con al- tri intellettuali la rivista Gallery 68, che vantava personalità come Ibrahim Arslan, Edwar al-Kharrat, Muhammad al-Busati: il proposito dichiarato della pubblicazione era il rinnovamento della poesia e della letteratura egiziana


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