Sohrab Sepehri | Al giardino dei compagni de viaggio e altre poesie

AL GIARDINO DEI COMPAGNI DI VIAGGIO Chiamami. Mi è cara la tua voce. La tua voce è l’essenza verde di quella rara pianta che cresce in fondo...



AL GIARDINO DEI COMPAGNI DI VIAGGIO


Chiamami.
Mi è cara la tua voce.
La tua voce è l’essenza verde di quella rara pianta che cresce in fondo a un’affabile tristezza.

Nelle profondità di questo pomeriggio quiete sono più solo del gusto di una canzone mormorata nella percezione di un vicolo.
Vieni, ti racconterò quanto è grande la mia solitudine. E la mia solitudine non aspettava
L’assalto notturno della tua forma. E questa è l’indole dell’amore.

Non c’è nessuno,
vieni, rubiamo insieme la vita, e poi la dividiamo tra due incontri.
Vieni, proviamo a capire qualcosa dalle forme di una roccia. Vieni, vediamo presto tutte le cose.
Vedi, lancette zampillanti d’acqua nel quadrante della vasca trasformano in polvere il tempo.
Vieni e sciogliti come una parola sulla riga del mio silenzio.
Vieni e fondi nel palmo delle mie mani il corpo luminoso dell’amore.

Riscalda mi.
(una volta nel deserto di Kashan arrivarono le nuvole prese a piovere forte
e sentii freddo, allora, al riparo di una roccia
il fuoco di un papavero mi riscaldò.)

In queste stradine buie
Io temo il moltiplicarsi del dubbio e dei fiammiferi. Io temo la superficie in cemento del secolo.
Vieni, e non avrò più paura delle città dove le gru pascolano per le lande oscure.

Spalanca mi come una porta verso il cadere di una pera in questo tempo di ascesa dell’acciaio.
Addormenta mi sotto un ramo lontano dal notturno attrito dei metalli.
Se arriva l’esploratore della miniera del chiarore, chiama mi.
E io, mi sveglierò, al sorgere di un gelsomino dietro le tue dita. Allora
Racconta mi delle bombe cadute, mentre io dormivo. Racconta mi delle guance bagnate, mentre io dormivo. Dimmi, quanti gabbiani volarono via dal mare.
E mentre passava il carro armato sul sogno del bambino, a quale senso di quiete, il canarino,
legava il filo giallo del suo canto.
Dimmi quanta merce innocente arrivò ai porti.
Quale scienza scoprì
il profumo e la musica dolce di polvere da sparo. Quale percezione, del gusto ignoto del pane, stillò dal palato messianico.

Allora io, come una fede riscaldata al sole “equatoriale” ti farò sedere al principio di un giardino.


NOTTE DI BUONA SOLITUDINE


Ascolta, il più lontano uccello del mondo canta. La notte è fluida, estesa, integra.
I gerani
e le fronde più chiassose di stagione, ascoltano la luna.

Le scale sono di fronte al palazzo la porta ha il lume in mano
e la brezza è in profusione,

ascolta, lontano, la strada chiama i tuoi passi. I tuoi occhi non sono l’ornamento dell’oscurità. Scuoti le palpebre, indossa le scarpe, e vieni.
Vieni fin dove le ali di luna toccano le tue dita dove il tempo si siede con te sulla roccia d’argilla
E i salmi notturni, chiamano a se, come un canto, il tuo corpo.

Lì, troverai il vecchio pio che ti dirà:
la miglior cosa è giungere a un sguardo irrorato da vicenda d’amore.


INDIRIZZO


“Dove è la casa dell’amico?” Chiese il cavaliere nel chiarore. Il cielo esitò.
Il passante offrì alle sabbie oscure il ramo di luce stretto tra le lebbra, indicò col dito un pioppo e disse:

“prima di arrivare all’albero,
trovi un sentiero più verde del sogno di Dio
dove l’amore è azzurro quanto le ali della sincerità . Prosegui fino in fondo al sentiero,
dove sbocca verso l’adolescenza, poi volti verso il fiore della solitudine, due passi prima,
ti fermi a guardare l’eterno zampillare dei miti terrestri colto da un limpido timore.
E nell’intimità mutevole dello spazio senti un fruscio:
vedi un fanciullo salire su un pino alto
a prendere un pulcino dal nido della luce e chiedi a lui
dove è la casa dell’amico”.


LUCE, IO, FIORE, ACQUA


Non c'è una nuvola. Non c'è il vento.
Mi siedo al bordo della vasca:
pesciolini, luce, io, fiore, acqua. Grappolo puro della vita.

Mia madre coglie basilico.
Pane, basilico e formaggio, cielo senza nubi, petunie fresche. La redenzione è vicina:
qui, tra i fiori del cortile.

Che carezza versa la luce nella coppa ramata!
La scala, dall'alto del muro, porta il mattino sulla terra. Tutto è nascosto dietro un sorriso.
Le mura del tempo hanno uno spiraglio, dove si intravede il mio volto. Ci sono cose che non so.
So che morirò, se colgo un filo d’erba.
Vado su, fino in cima, con le ali che mi colmano Scorgo le vie nelle tenebre, con il lume che mi riempie Sono pieno di luce, di sabbia
pieno di alberi e fronde.
Sono pieno di vie, ponti, fiumi, onde. Pieno dell’ombra di una foglia nell'acqua: Come è solo l'intimo mio!


NICCHIA


C'era il vuoto e la brezza il buio e una stella
C'era l'essere e il sussurro il labbro e la lode
C'era un "io" e un "tu" : la preghiera e la nicchia.


FINO IN FONDO ALLA PRESENZA


Questa notte
la porta di un sogno bizzarro
si aprirà verso il senso delle parole. Il vento bisbiglierà.
La mela cadrà giù,
rotolerà sulle virtù della terra,
e scenderà fino alla presenza della patria occulta della notte. Crollerà il tetto di un inganno.
L'occhio
vedrà l'intelligenza malinconica vegetale. Un'edera si avvolgerà fino a osservare Dio. Il mistero traboccherà.
Marcirà la radice ascetica del tempo.
Per le vie delle tenebre lama delle parole d'acqua brillerà,
l'intimo dello specchio comprenderà.

Questa notte
il soffio dell'amico
cullerà la pianta del senso, lo stupore si sfoglierà.
In fondo alla notte, un insetto gusterà
il lieto frammento della solitudine.
Dentro la parola mattino sorgerà il mattino.


DAL VERDE AL VERDE


In questa oscurità io
penso a un agnello luminoso
che viene a pascolare l’erba della mia stanchezza.

In questa oscurità io
guardo l’estensione bagnata delle mie braccia sotto quella pioggia
che inumidiva antiche preghiere dell’Uomo.

In questa oscurità io
aprivo le porte agli antichi prati, alle dorate immagini che vedemmo sui muri delle mitiche leggende.

In questa oscurità io vedevo le radici
e spiegavo, al giovane cespuglio della morte il senso dell’acqua.


A cura di Faezeh Mardani (Università di Bologna)


SOHRÁB SEPEHRI, è stato un poeta e pittore persiano. Fu  uno dei più importanti poeti della letteratura contemporanea persiana, nasce nel 1928 in una piccola città di nome Káshán. Talento riconosciuto a livello internazionale, espose le sue opere in tutto il mondo, vinse prestigiosi premie pubblicò numerose raccolte di versi.  Compie gli studi scolastici nella sua città natale. Nel 1948 si trasferisce a Tehran e si iscrive alla Scuola di Belle Arti. La sua prima raccolta di poesie Marg-e rang ("La morte del colore") viene pubblicata nel 1951. Nel 1957 parte per l’ Europa e si stabilisce a Parigi. Nel 1957 si recò a Parigi, per apprendere l'arte della litografia, e a Londra. L'anno seguente partecipò alla prima Biennale di Pittura di Tehran, viaggio 'tra Parigi, Roma e Venezia, dove partecipò alla Biennale. Al suo rientro in Iran, occupò il posto di direttore dell'organizzazione audio-visuale presso il Ministero dell'Agricoltura. Nel 1960 vince il primo premio di pittura della Biennale di Tehran.  Continuando la sua produzione artistica come poeta pubblica nel 1961 altri due volumi di poesia. Nel 1964 si reca in India e in Pakistan, per alcuni mesi, dove approfondisce da vicino le filosofie Buddista e Induista. Nel 1965 pubblica il celebre poema Sedáy-e páy-e áb (Il rumore dei passi dell'acqua) che segna la parte centrale e più significativa della sua attività poetica alla quale vengono aggiunti altri due volumi. Nel 1969 partecipa alla Biennale di Parigi e subito dopo espone le sue tele in una galleria a New-York dove soggiorna per un breve periodo. Nel 1977 pubblica la sua intera opera poetica in un unico volume intitolato Hasht ketáb ("Otto libri"), aggiungendo le ultime poesie inedite. Sepehri muore nell'aprile del 1980, a Tehran, per leucemia e viene sepolto in un piccolo cimitero a Kashán. Le principali raccolte pubblicate: Marg-e rang (La morte del colore), Zendeghi-e khábhá (La vita dei sogni), Avár-e áftáb (Le macerie del sole), Sharq-e anduh (L'oriente della tristezza), Mosáfer (Il viaggiatore), Hajm-e sabz (Il volume del verde), Má hic, má negáh (Noi nulla, noi sguardo). Viaggiò parecchio, dall'Asia agli Stati uniti, durante tutta la sua vita. La sua opera poetica è strettamente connessa a quella pittorica. Per quanto riguarda la poesia, inessa possiamo trovare dei temi ricorrenti; la natura e Dio, la vita e la morte, il viaggio e lasolitudine, la donna e l'amore (questi ultimi in misura molto minore rispetto agli altri soggetti). Lo stile di Sepehri risulta molto ermetico, carico di mitologia e misticismo.

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