Giampiero Comolli | Intervista con Grazia Marchianò: «La mia vita con Elémire Zolla»
Un'INTERVISTA con Grazia Marchianó nel 2006, a quattro anni dalla morte e a ottanta dalla nascita del celebre saggista, l’orientalista ...
Un'INTERVISTA con Grazia Marchianó nel 2006, a quattro anni dalla morte e a ottanta dalla nascita del celebre saggista, l’orientalista Grazia Marchianò, che come moglie ha condiviso gli ultimi decenni della sua vita, ci parla dell’itinerario umano e intellettuale di un autore inafferrabile
Si è rivelato come uno dei più grandi saggisti italiani del Novecento. Con una scrittura di rigorosa e luminosa eleganza ha denunciato la grettezza spirituale dell’epoca moderna per poi indagare, in un periplo meraviglioso, la sapienza liberatoria celata nelle culture del mondo antico e dell’Oriente, nelle vie mistiche e sciamaniche, nelle scuole alchemiche ed esoteriche. E così facendo si è trasformato in un maestro di illuminazione: ha dimostrato, con il suo stesso stile di vita, che è possibile attingere uno stato di beatitudine costante e consapevole, una quiete suprema e illuminata, grazie alla contemplazione della fulgida unità fra mente ed essere, che splende in segreto, nascosta dietro le multiformi parvenze del cosmo. Osteggiato e aborrito in passato dai rappresentanti di quell’industria culturale che con implacabile rigore veniva deprecata nei suoi scritti, è stato in seguito ammirato con timoroso rispetto, senza che il suo pensiero troppo sfaccettato e polimorfo fosse mai compreso a fondo. Chi è stato dunque Elémire Zolla? Come valutare l’insieme di un’opera che - con un susseguirsi di testi ineludibili: da Eclissi dell’intellettuale (1956), alla celebre antologia I mistici dell’Occidente (1963), fino agli ultimi esiti quali La filosofia perenne (1999) o Discesa all’Adee resurrezione (2002) —si è distesa lungo tutta la seconda metà del Novecento? A quattro anni dalla morte (avvenuta a Montepulciano, il 29 maggio 2002) e a ottant’anni dalla nascita (Torino, 9 luglio 1926), l’orientalista Grazia Marchianò, che come moglie di Zolla ha condiviso gli ultimi decenni della sua vita, ci offre finalmente la possibilità di comprendere nel suo insieme, e in tutte le sue sorprendenti peripezie, l’itinerario umano e intellettuale di un autore tanto più inafferrabile in quanto si era sempre sottratto alla messinscena di se stesso. Appena pubblicata da Rizzoli col titolo Elémire Zolla. Il conoscitore di segreti, Grazia Marchianò ha infatti scritto, con atteggiamento al tempo stesso partecipe, lucido e discreto, una Biografia intellettuale che per la prima volta ricostruisce, dall’adolescenza alla maturità alla vecchiaia, i multiformi aspetti del pensiero e della vita di Zolla, fornendone oltretutto un’interpretazione chiara e originale. Non solo: tale coinvolgente presentazione di un autore ancora troppo poco conosciuto, per non dire misconosciuto, è accompagnata da una nutrita antologia di preziosi testi zolliani, in gran parte inediti o dispersi, quasi un libro postumo, scritto da Zolla stesso. Il risultato è che la lettura di questo cospicuo volume (640 pagine) si trasforma in un itinerario iniziatico all’interno del mondo di Zolla. Un itinerario per avviarci al quale non vi può essere guida migliore della stessa Grazia Marchianò.
Signora Marchianò, per comporre quest’opera davvero notevole lei sembra essersi inabissata in un mare di documenti, lettere e appunti, lasciati da suo marito. Gli inediti zolliani permettono di prefigurare l’uscita di nuovi libri postumi, o ulteriori squarci di biografia?
«È dagli anni Novanta del secolo scorso che Zolla, senza darlo a vedere o farne parola nemmeno a me, iniziò le manovre di approdo alla condizione di postumo di se stesso, non solo negli scritti in programma per l’immediato futuro ma anche in certi impercettibili atti del vivere quotidiano. Nell’immenso mare di raccoglitori, quaderni, fogli dattiloscritti, fino alle minime noterelle volanti, le sue mani intervenivano ogni giorno selezionando, riordinando, dando alle carte in cui si era identificata la sua vita la forma che voleva assumessero quando altre mani le avessero scorse e una mente diversa dalla sua le avesse meditate e commentate senza di lui. Nella sezione antologica de Il conoscitore di segreti ho delineato sei aree tematiche tra quelle più riconoscibili nell’opera complessiva di Zolla, e non è mancata qualche sorpresa: infatti —accanto agli scritti polemici di critica sociale del primo periodo romano (fino alla metà degli anni Settanta), agli articoli di argomento etnologico nella stagione dei viaggi cessata nel 2000, alle meditazioni sulla mistica cristiana e orientale e sui mondi di Melville, Proust, Joyce, Pasternak, Florenskij —figura una rosa di scritti sconosciuti sui temi del destino e lo zodiaco, e un mannello di anticipazioni sugli orizzonti del nuovo millennio, tutte vibranti di ottimismo. Le vene della miniera zolliana sono così ricche da ipotizzare opere postume di un numero non inferiore a quelle pubblicate in vita da lui».
Con molta discrezione lei si è come «acquattata» in questa biografia, lasciando trapelare poco o nulla di sé. Pure avete vissuto insieme 25 anni, condividendo viaggi in Oriente, incontri con uomini illuminati, avventure intellettuali. Come descrivere l’esperienza di chi, come lei, è stata compagna di un uomo che considerava il proprio io, la propria persona, una mera parvenza, tanto da fare del vuoto interiore il centro del proprio essere?
«Pur sapendo perfettamente chi era e in che mondo stava, Zolla si sentiva nessuno nell’intimo e poneva il vuoto al centro di se stesso. Vivere accanto a un uomo simile è stata un’avventura che —seppure avevo sfiorato in precedenza, nei tormentatissimi anni Sessanta e Settanta, accostando maestri spirituali in India e altrove— mi ha messo in gioco totalmente, dandomi uno slancio ideativo, un senso di insopprimibile libertà di pensiero, un coraggio nelle circostanze avverse della vita sociale e accademica, di cui è difficile riferire. Colma di sofferenza e gaudio, tale avventura si è rivelata una sfida che mi ha spronato a un’autodisciplina ferrea e senza sconti. Nel Conoscitore di segreti simili vissuti sono stati solo sorvolati, e credo fosse giusto così».
A leggere la sua biografia, si conferma l’impressione che Zolla seppe raggiungere davvero quella serenità cosmica tante volte esaltata nei suoi testi. Quale metodo di purificazione interiore gli permise di raggiungere tale stato di gioia al tempo stesso estatica e imperturbata?
«Al termine della biografia ho allestito un succinto lessico di concetti formulati da Zolla alla sua maniera, dove cioè ogni definizione astratta è l’esito di una persuasione maturata nell’intimo. Dell’io dice ad esempio che “è la prigione nella quale il mondo appare sogno, gli oggetti sono travestiti e deformati, squallide ombre”. Mentre il puro conoscitore è colui che “non nutre illusioni, non ha ombra di fede. Si limita a sapere o a non sapere o a sapere dubitando. Non crede a niente”. Fu vivendo pensieri di questa natura che Elémire rasentò, e attinse tante volte, lo stato della serenità cosmica».
Si avvalse egli stesso di quelle pratiche mistiche o tecniche dell’estasi (quali forme di respirazione yoga o esicastica o taoista) descritte con tanta cura nei suoi libri?
«Se ne avvalse in molte occasioni prima di scriverne. Lo sprone principale venne dalle malattie che lo assediarono senza tregua: polmoniti, tubercolosi, asma, affezioni cardiache e ai reni: un tormento vissuto con distacco sprezzante, come un’occasione formidabile per saltare oltre. Lo segnalavo nella Introduzione a Minuetto all’inferno: il suo primo romanzo, ristampato da Aragno nel 2004. Esperienze mistiche di vario genere furono calcinate nel dolore, com’è la norma».
Zolla si considerava innanzitutto uno scrittore. E in effetti il suo stile pare talmente meditato e lucente, da far pensare che la scrittura stessa possa essere stata per lui una via di illuminazione. Pure, ricorre nei suoi testi l’invito a una contemplazione spinta al di là del linguaggio, come se la parola fosse invece un tramite imperfetto di conoscenza. La scrittura è dunque da considerarsi in lui una via non ultima, ma penultima, verso la sapienza?
«È difficile stabilire gerarchie nella via all’elevazione pneumatica, spirituale. I tipi di addestramento indicati in India sono quattro e del tutto equivalenti tra loro: azione indefessa (karma), pratiche pie (bhakti), studio e conoscenza (jñâna), sganciamento da piano mentale (krîya). Come intellettuale, uomo di conoscenza e scrittore, Zolla fu indubbiamente un uomo del terzo tipo: piamente si applicò infatti a lucidare il linguaggio, in modo da far affiorare l’intelletto d’amore e rendere così possibile il connubio della mente col cuore. Connubio rarissimo in un letterato, a meno che questi non sia pure un poeta e un mistico».
E che dire dei tanti viaggi da voi compiuti come itinerari verso il risveglio della mente? Riti sciamanici in Corea, sapienti di villaggio nello Sri Lanka, tempietti di Bali o di Taiwan... Come riuscivate a rinvenire questi siti appartati, sconosciuti, e tuttavia carichi di energia e sapienza?
«Lui soleva dire: non avere dubbi, non siamo noi a scovare i luoghi colmi d’aura, a procurarci gli incontri che fanno sterzare il corso della vita, sono loro che ci si renderanno presenti. Basta sedersi all’angolo, aspettare e osservare. La traiettoria impressa ai viaggi era minima, giusto sufficiente a farsì che quel prodigio avvenisse».
Signora Marchianò, lei non è stata «solo» la moglie di Zolla. Lei è una studiosa di culture asiatiche, di cui voglio qui ricordare almeno l’importante testo «Sugli orienti del pensiero» (Rubbettino, 1994). Come si sono incrociate le sue attività di ricerca con quelle di Zolla?
«Di simmetrie, nella sua vita e nella mia, ce ne sono state molte: figli di pittori ambedue, e di radici solo in parte italiane, impegnati con convinzione nella ricerca e nell’insegnamento universitario, fino a quando ci si avvide, lui e io, che nel frattempo la vita accademica era diventata un arrembaggio a concorsi in un contesto deliberatamente aziendale. E ancora: tutti e due dediti alla scrittura, nomadi e outsiders, per di più con retrospiriti asiatici chiaramente riconoscibili: Persia, India, Cina, Giappone, civiltà indigene. Una certa consapevolezza di ciò che facevo mi rendeva vivacemente contraria a che Elémire leggesse e giudicasse i miei scritti se non una volta finiti. Ho preferito costruire rapporti editoriali distanti dai suoi, con editori non in prima linea e per lo più accademici, aprendo dai primi anni Settanta linee di ricerca comparative e orientali non battute nell’estetica sino ad allora, e promuovendo una cerchia di contatti scientifici fuori d’Italia con pubblicazioni direttamente in inglese. Dal 1977 i miei lavori si incrociarono con quelli di Zolla su Conoscenza religiosa: la rivista che lui fondò e diresse, a La Nuova Italia, dal 1969 al 1983. Nelle Edizioni di Storia e Letteratura di Roma ho curato la ristampa di tutti i testi firmati da Zolla su questa rivista».
E quali viaggi, quali studi ha in programa adesso?
«Fra poco andrò in Giappone
sulle tracce di ciò che oggi sopravvive delle pratiche meditative nel buddhismo
esoterico shingon. Sto lavorando a costruire una teoria estetica dei sensi
sottili: ai livelli profondi l’emozione poetica ha molto in comune con l’esperienza
mistica, è una catarsi senza Dio, e credo sia importante metterlo in luce.
Resto comunque immersa nel lascito intellettuale di Elémire, e sono alla ricerca
dei modi più adatti per valorizzarlo, a beneficio di tanti che si confessano
suoi discepoli spirituali e aspirano giustamente a nutrirsi di ciò che ha pensato.
È un passo non facile, come i tanti compiuti nella mia vita, e spero di
incontrare qualche buon alleato».
da: Orizzonti in L'Unità, giovedì 1 giugno 2006